Ricordo di Giorgio Marezzi (1919-2014)

Giorgio Marezzi, presidente delle OO.PP.RR. di Castel Bolognese, ritratto con Enrico Berlinguer durante una visita del segretario PCI alla Provincia di Ravenna

Giorgio Marezzi, presidente delle OO.PP.RR. di Castel Bolognese, ritratto con Enrico Berlinguer durante una visita del segretario PCI alla Provincia di Ravenna

(28 febbraio 1919 – 12 febbraio 2014)

di Arturo Marezzi

A quasi 95 anni si è spento Giorgio Marezzi, lucido fino in fondo e rassegnato, dopo le angosce che pervadono chi, come lui, è ancora in grado di intendere e ragionare. E’ andato con la sua compagna di una vita a cui è stato legato per quasi 67 anni. Giorgio era una persona normale con le sue gioie e i suoi dolori, come la perdita della figlia Ivana, ma di quelle normalità che raramente emergono dalla quotidianità delle azioni che si compiono. La dedizione al prossimo nella ricerca di equilibri di socialità è stata l’impegno per tutta la sua vita.
Quando l’allora sindaco di Castelbolognese Franco Gaglio lo designò alla presidenza dell’istituto delle Opere Pie, Giorgio si gettò a capofitto nell’impresa riuscendo in pochi anni a riportare l’istituto a livelli gestionali eccellenti che gli permisero poi di ampliare la struttura casa di riposo per permettere una più ampia disponibilità per i suoi concittadini. La sua opera è stata completamente gratuita. Ricordo ancora che faceva riportare indietro i regali che gli venivano offerti in occasione delle festività dai vari fornitori che gravitavano nell’ambito dell’ente.
Grande amante del meridione d’Italia dove aveva trascorso parte della sua vita prima come soldato, poi impiegato presso istituti per i controlli delle produzioni olearie (breve carriera troncata dal mancato adeguamento alle pratiche illecite a cui doveva sottomettersi). In quel periodo conobbe la sua futura moglie, Filomena, chiamata frivolmente “Meluccia”.
Anni difficili, immediato dopoguerra, idee politiche comuniste hanno caratterizzato fino agli anni 60 e più una vita di stenti. Senza lavoro, quattro figli, momenti difficili, superati anche grazie all’aiuto di molta comunità castellana, che lui non ha mai dimenticato e che non voleva che noi figli, potessimo riviverli.
Ma poi un po’ di quiete, l’impiego nella provincia, una tranquillità economica e l’impegno politico per il suo paese. Ma alla fine del mandato dall’ente OOPP, dopo ben 15 anni, non poteva stare senza spendersi per il prossimo e allora, la Misericordia. Fu uno dei fondatori della sede di Castelbolognese, uno strano connubio fra un ateo e una organizzazione religiosa. Ma anche qui seppe separare le due cose, la fede e l’impegno per il sociale.
Uno dei suoi crucci finali erano le parole crociate sempre più difficili e che non venivano risolte neanche dalle due vecchissime enciclopedie aperte sul tavolo ..”boia de vigliac…” era la sua imprecazione, e la fine dell’ente Opere Pie per cui voleva addirittura intentare una azione legale che impedisse l’accorpamento con altri enti in ottemperanza alle prime volontà del fondatore che aveva designato come beneficiari di tale ente i parrocchiani di San Petronio.
Senza clamore è stato accompagnato alla meta finale in compagnia di tante persone che lo conoscevano e che spero mantengano un buon ricordo.



Addio a Giorgio Marezzi

di Rino Villa

II padre di Giorgio era chiamato «l’avucaten», perché leggeva molto e voleva avere sempre un’idea certa delle cose del mondo. È da lui che Giorgio avrà ereditato il desiderio di documentarsi su tutto per poter fare, nelle diverse condizioni della vita, le scelte giuste. Tutti coloro che sono andati ultimamente a trovarlo nella Casa protetta avranno notato come il suo tavolo fosse pieno di libri, antologie, vocabolari e dell’immancabile Settimana Enigmistica, che poi i figli hanno voluto mettergli fra le mani nell’ultimo giaciglio, quasi a fargli continuare quell’esercizio che gli piaceva tanto. Anche se Giorgio era più anziano di me, l’ho conosciuto fin dalla fanciullezza per via delle visite fatte con il mio babbo, che di mestiere era carrettiere, nella bottega di suo padre perché provvedesse a ferrare il nostro cavallo. Poi l’amicizia si è rinsaldata quando anche Giorgio con i suoi figli è venuto ad abitare in via Carducci dove abitavo anch’io e, vicini di casa, siamo quasi diventati una sola famiglia tant’è che io e mia moglie siamo stati i padrini di due dei suoi figli in occasione della cresima. La nostra amicizia poi è continuata e si è accresciuta per i rapporti avuti dapprima quando era presidente delle Opere Pie Raggruppate e successivamente per il lavoro svolto assieme nella Confraternita di misericordia. Penso però che gli amici di Giorgio fossero tanti perché c’era molta gente il 15 febbraio, giorno del suo ultimo viaggio. C’erano autorità civili e religiose e c’era anche la banda a dare colore e freschezza ad un corteo per se stesso raccolto e mesto. La presenza della banda aveva anche un significato preciso perché durante il tragitto ha suonato tre volte: davanti al cippo con la storica campana che prima della guerra, dall’alto della torre, chiamava gli scolari all’impegno dello studio e qui, in memoria dei caduti, ha intonato l’inno di Mameli; poi davanti alla Casa comunale ha suonato l’inno di Castel Bolognese come memoria del suo amore al paese e davanti alla Biblioteca una musica classica per ricordare a tutti il valore della cultura e come essa fosse stata una delle cose più importanti della sua vita. Al cimitero abbiamo ascoltato il ricordo di don Gianni Dall’Osso, legato a Giorgio da una forte amicizia, presentato alla folla dal figlio Pasquale che ha comunicato come il padre ci tenesse che questo amico dicesse «due parole» prima della sepoltura. E don Gianni, con commosse parole, ha ricordato il defunto, sempre pronto a lavorare per il bene del prossimo, sempre alla ricerca della soluzione per tutte le situazioni di bisogno. Giorgio tutto questo lo ha fatto durante la sua lunga vita con impegno civile nell’amministrazione di enti di assistenza, poi come presidente nella Casa di Riposo lavorando con passione per ottenere ciò che era meglio per gli ospiti, continuando poi nella Misericordia della quale è stato socio fondatore. Giorgio, per una sua scelta personale, ha desiderato un funerale con rito civile ma, ha detto don Gianni, se pensiamo alla sua vita, al suo spendersi per gli altri, specialmente negli ultimi decenni, siamo certi che il Padre celeste lo avrà accolto con le semplici parole «vieni, servo buono e fedele». Nella Gaudium et Spes si legge che «il cristiano è associato al mistero pasquale e come si è assimilati alla morte di Cristo, così si andrà anche incontro alla Resurrezione – ma ciò non vale soltanto per i cristiani ma anche, continua la Gaudium et Spes – per tutti gli uomini di buona volontà nel cui cuore lavora invisibilmente la Grazia». Anch’io sono certo che Giorgio sia stato uno di questi uomini di buona volontà in cui la Grazia e lo Spirito Santo hanno invisibilmente ma efficacemente lavorato.


L’EREDITA’ DELLE OPERE PIE
Il saluto del presidente Marezzi

da Il Castello N° 4-1995

“Nel prendere la parola in questa occasione che pure è stato il motivo dominante di oltre 10 anni di attività nostra, mia, mi sento imbarazzato e commosso.
Per questo nell’intento di misurare nei giusti limiti, il mio intervento, l’ho scritto, letto, riletto e limato anche se non me ne voglia qualcuno potrò sembrare a volte polemico a volte presuntuoso. E’ il mio carattere.
Posso assicurare però, che non sono per nulla animato da cattivi sentimenti, da rivalse.
Ho governato, abbiamo governato con assoluta buona fede nello spirito del mandato offertoci, nel rispetto delle leggi e degli orientamenti.
Ogni errore direbbe la massima, è puramente casuale ed involontario, compiuto in assoluta buona fede.
Non è possibile però a chiusura di una opera tanto impegnativa quanto l’adeguamento della “Struttura Camerini” alla legislazione vigente, nonché al termine di un mandato che ci ha visti operare per tanto tempo, la mia presidenza ha segnato i 15 anni ininterrottamente, non è possibile adesso limitarci ad una descrizione cronologica di fatti ed avvenimenti senza poter capire il perché, gli aspetti, per lo meno quelli più appariscenti che ancora oggi dopo secoli dalla fondazione fanno delle Opere Pie un punto cardine di un servizio che purtroppo la società, lo Stato non è in grado di gestire, ne di erogare in modo compiuto e sufficiente.
Nate, le OPERE PIE, alcune molti secoli fa, dalla generosa solidarietà espressa con cospicui lasciti nell’intento primo di aiutare, sostenere, mantenere i poveri, i bisognosi, coloro che la sorte, meglio la mala sorte, impediva di poter essere indipendenti, sono vissute a volte in maniera non sempre adeguata vuoi ai bisogni, vuoi alle effettive possibilità espletando, parlo del nostro caso, quel servizio agli anziani ed agli orfani sancito nello statuto e nelle Tavole di Fondazione dai quali nessun amministratore, pena una precisa violazione del dettato, poteva e doveva prescindere.
In questa ottica si deve dedurre che la proprietà va amministrata e l’utile devoluto in beneficenza a favore dei bisognosi.
Nel 1981 le Opere Pie di Castel Bolognese si trovarono in condizioni precarie: fu da quella situazione che l’Amministrazione Comunale cambiò la destinazione d’uso del terreno dell’Orfanotrofio il quale venduto due anni fa ha permesso l’introito di un miliardo e mezzo col quale finanziare la spesa senza aggravio nella retta per gli ospiti. Abbiamo venduto all’asta pubblica 3 ettari e mezzo di terreno troppo pochi e troppo lontani dal nucleo operativo per essere redditizi. In seguito con la COOP. Trasporti di Imola abbiamo operata una permuta cedendo 8 ettari di terreno in cambio di 16 reintegrando ampiamente quelli ceduti.
Ma soprattutto il nostro sforzo è stato teso continuamente al miglioramento dei servizi offerti agli anziani trasformando l’edificio in “Struttura Protetta”, per non autosufficienti, “Casa di Riposo e “Centro Diurno assistenziale”.
In totale oltre 50 persone assistite.
Fa certamente piacere sentire più lodi alla nostra struttura che critiche comunque schivi nell’accettare le prime, pronti nel tentativo di rimediare alle seconde.
E non c’è alcun segno di pomposità in questa cerimonia, nessun aspetto propagandistico del prodotto, consapevoli come siamo, non vi sia miglior posto per l’anziano, che l’ambito della famiglia nella quale per tanti anni è vissuto da protagonista.
Questa cerimonia vuole però rimarcare le fatiche, gli ostacoli che sono sorti per la realizzazione, oltre 10 anni di tempo, quanto sia stata difficile e battagliata la strada percorsa nell’interesse di quella parte più debole che ci guarda salire il percorso che loro hanno già compiuto augurandosi che noi sappiamo proporglielo sempre migliore.
Noi, consapevoli che ciò era nei compiti da svolgere, ne festeggiamo il traguardo raggiunto che può valere per oggi, ma dovrà essere costantemente adeguato per l’avvenire. Anche se la mole dell’intervento operato nella vecchia casa di riposo è sostanzioso e per lungo periodo in grado di soddisfare le esigenze locali non posso nascondere ne a me, tantomeno agli altri i due punti che mi lasciano amareggiato per non averli potuti raggiungere. Almeno altri 10 posti per poter rispondere alle esigenze locali che non riusciamo più a coprire; e la realizzazione della cucina parafamigliare in grado, pur nel rispetto delle regole dietetiche, di soddisfare un legittimo desiderio che tanti, me compreso, chiamano “campalo un giorno e campalo bene”. Nessuno riuscirà mai a sopperire nella bontà, il pranzo cotto e mangiato, nessuno, (anche perché parecchi di coloro che esaltano le qualità del pasto preconfezionato, poi non lo mangiano), riuscirà a convincere l’anziano del contrario e quindi questi sono i due problemi che dovranno essere risolti.
Quella di oggi non è soltanto la cerimonia di inaugurazione per un lavoro svolto, ma è anche la consegna del testimone, detto in termini sportivi per fine corsa almeno per il sottoscritto. Dopo 15 anni di Presidenza credo di avere il diritto e il dovere non certo di dare degli ordini ma suggerire dei consigli.
Io presi la presidenza dell’Ente col portafoglio quasi vuoto, tant’è vero che nel 1981 rischiammo di non pagare gli stipendi ai dipendenti.
Quel portafoglio oggi lo lasciamo pieno e consolidato ai nostri successori ai quali però, ed ecco uno dei miei consigli, rammento che non ci si lasci trasportare da sbagliate valutazioni, perché è molto più facile ridiventare poveri che mantenere condizioni di economica sufficienza per rispondere ai molteplici bisogni di cui necessitano gli Ospiti della Struttura.
Ne pensi qualcuno sia cosa semplice, cambiare le direttive che ci vengono da coloro, che coi loro lasciti, costituirono le fondamenta economiche dell’Ente..
E’ poco serio rompere dei patti scritti tra persone viventi è certamente molto peggiore romperli o tentare di romperli con chi ormai defunto non é in grado di impedirlo.
Io, i consiglieri che in questi 15 anni sono stati parte attiva, pur nella diversità dei principi, abbiamo agito in questa ottica rispettando il principio del donatore e le leggi dello statuto che tutelano ogni operato.
Tant’è vero che la lista dei donatori si è allungata offrendoci la possibilità di cose migliori allargando la cerchia di chi collabora e si mette a disposizione della sofferenza e del bisogno.
Voglio ringraziarli tutti con un abbraccio fraterno per la fiducia dimostrata all’Ente, agli Ospiti ai suoi amministratori. Così anche per tutte quelle realtà Associative, Umanitarie, Ricreative che con noi si sono mescolate nei fatti e nelle cose segno inconfondibile e positivo di solidarietà.
Vi ringrazio tutti Autorità presenti Cittadini qui convenuti.
A voi Ospiti di questa Struttura che per l’età mi sento fratello, ogni volta che potrò sarò qui, perché qui ho operato con convinzione spontanea.
Senza alcuno scopo. Grazie”

 

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