Paolo Borghesi mastro fornaio e “e brazadel ‘d la cròs”

Paolo Borghesi Pavlô, il fornaio della Fonda, indimenticabile figura castellana, è morto nel 1995 all’età di 92 anni. Figlio d’arte, aveva imparato il mestiere da bambino nel forno sotto casa di proprietà del padre Stefano, continuandone l’attività assieme alla sorella Giuseppina Pinèna, scomparsa prematuramente più di trent’anni fa, ed alla moglie Giovanna, fino alla cessazione dell’attività nel 1970.

“Forno sistema francese” recita l’insegna dipinta sopra la bottega in una fotografia risalente ai primi anni ’10 che ritrae la famiglia Borghesi (Stefano, sua moglie Santina Gianandrea, i figli Paolo e Giuseppina) incorniciata fra i filoni di pane e le rame di brazadèll ‘d la cròs; e tale il forno è rimasto fino alla chiusura, immutato nella struttura e nel suo funzionamento a legna, l’ultimo a Castel Bolognese, che offriva un pane con una fragranza ed un profumo inimitabile.

Pavlô era lo specialista dei bracciatelli che confezionava con cura e pazienza facendoli diventare una squisitezza unica tanto da essere lodati da Orio Vergani in un elzeviro apparso anni fa sul “Corriere della Sera”. Un’altra specialità Pavlô riservava ai castellani l’8 dicembre: nella prima mattinata sfornava la Brazadèla ‘d Sant Umbô ciambella salata (e, come tutte le ciambelle che si rispettino, tonde e col buco al centro), condita con lo strutto in maniera da renderla più gustosa di un pane condito. E’ un vero peccato che nessun altro forno castellano abbia perpetuato questa tradizione.

Ripassando i miei ricordi di bambino, quando mi recavo da lui a comperare il pane, lo osservo armeggiare con la pala per cavar le pagnotte giunte alla cottura, davanti alla bocca aperta del forno sfavillante all’interno della fiamma delle fascine, con le braci roventi tirate da una parte, oppure lo vedo intento alla preparazione dell’impasto o dell’acqua occorrente alla salatura dei bracciatelli.

Quell’uomo alto, magro, diritto, si era incurvato sotto il peso del lavoro e dell’età, ma non rinunciava fino a pochi anni prima della morte alla passeggiata quotidiana in bicicletta ed alla sosta al Caffè Commercio, per intavolare interminabili discussioni di sport e di politica nelle quali si animava per difendere sin in fondo le sue idee. Una malattia invalidante lo costrinse progressivamente all’immobilità, ma la sua mente rimase viva e lucida fino agli ultimi giorni.

Paolo Grandi


E brazadel viene tuttora venduto nei forni del paese e può essere considerato l’unico “piatto tipico” di Castel Bolognese. A titolo di curiosità riportiamo la ricetta del brazadel, dettata direttamente da Paolo Borghesi ai curatori del volume “Mangiari di Romagna” uscito negli anni ’60.

“Si impasti, in acqua e sale, della buona farina bianca (doppio zero); si impasti bene, si ripete, fino ad ottenere un composto sodo come i fianchi di una giovane sposa.

Staccati dei tocchetti di 80-100 grammi, si ricavino dei bigoli della grossezza di un dito, lunghi a sufficenza per farne un bel cerchietto con una croce in mezzo. Si lascino asciugare almeno dai 10-15 minuti – meglio se più – perchè, in superficie, si crei una sottile crosta. Si immergano, poi, per non più di 3-4 minuti, in un ampio paiolo dove sobbolle (ma molto lentamente) dell’acqua dolce. I bracciatelli verranno da soli a galla a dirci subito di passare – sempre per 3-4 minuti – in un mastello di acqua fredda.

Poi li accoglierà, fino a cottura, un forno riscaldato a legna, dal quale verranno levati con la panéra, una specie di largo badile di legno, dalla pala assottigliata in cima.”

Pavlò, ultimo, grande artista del brazadèl, confidava che nell’impasto vi metteva anche un po’ di strutto, ciò che conservava croccanti i brazadèll per lunghi giorni, se riposti in luogo asciutto. Pavlò de fòren affermava che nessuno, fuori di Castelbolognese, riusciva a farli così buoni. Forse il merito era anche dell’acqua, diceva modestamente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *