Gli Organi nel tempo: due scritti inediti di padre Albino Varotti

di Paolo Grandi

Da qualche mese sto riordinando l’archivio parrocchiale per via di una nuova distribuzione degli spazi; vi dirò che la cosa non è semplice anche perché ho trovato una montagna di documenti e libri tutti mischiati insieme e quindi, per prima cosa, occorreva dare un ordine logico a tutta quella massa cartacea. Così con tanta pazienza ho diviso ed in parte riordinato i libri e accatastato tutte insieme le carte d’archivio. Non si tratta dell’archivio storico, ma quello dal dopoguerra ad oggi, comunque ricco di carte e di sorprese. Una di queste riguarda due scritti inediti di padre Albino Varotti il quale ricostruisce le vicende degli Organi presenti in San Petronio; e se le notizie su quelli succedutisi anteguerra era cosa già nota, diversamente sui due strumenti del dopoguerra padre Albino ci racconta una storia ed alcuni aneddoti che solo pochissimi “addetti ai lavori” (Marcellino compreso…) finora sapevano. Ma lasciamo la parola a padre Albino…

LA FUGA DEL GATTO (1)
Tratti di penna su argomenti di Musica
CASTEL BOLOGNESE
Chiesa Arcipretale di San Petronio – Diocesi d’Imola

Anno 1574 – La chiesa è dotata di un “organo piccolo” (2). Anno 1589 – La chiesa è dotata di un nuovo organo a spese dei fedeli e del Comune. Viene acquistato e fornito a Bologna da Petronio Gentilini di Medicina (3).
Qui padre Albino fa una dimenticanza, omettendo di parlare dell’acquisto dell’organo Traeri avvenuto nel 1691. Lasciamo quindi la parola a padre Gaddoni: “Un terzo (organo ndr) fu acquistato a Bologna dall’arciprete Guarini il 6 settembre 1691, costruito da Francesco Traeri di Brescia(4). A tal proposito esiste una memoria parrocchiale dalla quale si evince che lo strumento costò “lire quattrocento ventitré e soldi quattro” (5), a cui concorsero “La Nostra magnanima Comunità con lire cento, li RR. Sacerdoti di questo Castello concorsero parimenti con lire cento e una. Da alcuni arbori atterrati d’ordine del Ill.mo Ecc.mo (per ordine del Vescovo ndr) si restarono lire sessantasei e s’impiegarono tutte per tale effetto. Il residuo del denaro, che bisognava per compire il costo dell’organo, che fu di lire centocinquanta sei e soldi sette lo sborsò il Sig. R. Arciprete per arrivare al numero delle lire quattrocento ventitré e soldi sette, e tutto fu fatto a maggior gloria e honore di Dio e di Maria sempre vergine e del glorioso San Petronio nostro Protettore(6)
Di questo organo padre Gaddoni afferma che vi fu un primo restauro nel 1757 a cura del bolognese Petronio Giovagnoni e nel 1789 da Domenico Gentilini di Medicina (7).
Ma ritorniamo allo scritto di padre Albino Varotti:
Anno 1810 – Si effettua un totale rifacimento dell’organo. La compie il rinomato Pietro Cavalletti di Parma a spese di don Domenico Contoli, Arciprete di San Petronio in Castel Bolognese e di don Francesco Favolini. (8)
Anni 1939 – 1945 – Gli eventi bellici del conflitto mondiale fermano per sei mesi il fronte sul Senio e distruggono l’organo di San Petronio in Castel Bolognese.
Anni 1950 – 1960 – Con le riparazioni dei danni di guerra lo Stato Italiano finanzia la ricostruzione dell’organo in San Petronio di Castel Bolognese. Il progetto prevede uno strumento a trasmissione elettrica, due tastiere, pedaliera, una ventina di registri, diapason mesotonico. Con una offerta personale di £. 100.000 “La Marciana” di Padova riesce a farsi aggiudicare dal Vicario Generale della Diocesi l’appalto dei lavori del nuovo organo di San Petronio in Castel Bolognese. L’Arciprete di allora, Monsignor Sermasi, chiede al Padre Albino Varotti, docente di Educazione Musicale nelle Scuole Medie del luogo, il favore di seguire i lavori. “La Marciana” infatti si rivela sempre più inadeguata all’impegno assunto: il somiere (9) si rivela un adattamento poco felice dell’organo meccanico della chiesa abbaziale di Premilcuore (Forlì), le canne sono intonate con ripieghi di carte di giornali fissati con la colla, i lavori con lunghe pause ingiustificate procedono a rilento, la trasmissione elettrica s’inceppa costantemente. Di fronte a questi essenziali rilievi “La Marciana” minaccia la sospensione definitiva dei lavori. Finalmente, nonostante tutto, si giunge al collaudo tecnico, di cui s’ignora il responsabile statale. Per il collaudo artistico Padre Albino Varotti suggerisce il Padre Ermanno Vandelli, organista in Santa Croce a Firenze. Al termine del concerto d’inaugurazione fu eseguita la “Toccata e fuga in re minore” di Johan Sebastian Bach. Una popolana rimasta entusiasta la definì “sbragosa”.
L’organo della “Organaria Marciana” era però molto scenografico: infatti a differenza del precedente e del successivo, posti sulla cantoria di destra, questo organo non era contenuto in un mobile. Il grosso delle canne era posto sulla cantoria di sinistra mentre le canne del “principale” affacciavano sulla balconata della cantoria e per la loro diversa altezza disegnavano un motivo ad onda. Per mantenere la simmetria della chiesa, sulla balconata della cantoria opposta erano state posizionate altrettante canne del “principale”, tuttavia non funzionanti. La grande consolle si trovava al centro del coro, dietro l’altare maggiore.
Anni 1960 – 1970 – Per il continuo e progressivo degrado quell’organo si rese inservibile, Per questo Don Giovanni (10) Cenni, arciprete succeduto a Monsignor Sermasi, fu costretto a pensare ad un nuovo strumento, approfittando delle riparazioni ai danni di guerra, devolute allora dallo Stato anche per l’organo Chianei del Tempio Monumentale di San Francesco in Castel Bolognese, le cui pratiche di Legge aveva seguite Padre Albino Varotti (11). L’Arciprete Don Cenni si affidò allora a Don Carlo Marabini che, originario di Castel Bolognese, parroco di Santa Maria di Lugo, con la professoressa Filippi di Lugo, docente d’organo al Conservatorio di musica “G. B. Martini” di Bologna, l’assecondarono in qualche modo. Si appaltarono poi i lavori dell’organo nuovo alla ditta Ruffatti di Padova, che allo scopo si servì di un vecchio organo ottocentesco da essa rilevato altrove. Si spese una cifra notevole per collocare i registri del secondo manuale (12), si adottò unicamente la trasmissione meccanica, la fonica fu particolarmente curata con buone leghe metalliche ben riuscite. L’arciprete avrebbe invece desiderato l’adozione di una trasmissione elettrica, che avrebbe permesso l’installazione di una consolle al piano terra presso l’assemblea, secondo la recente normativa del Concilio Vaticano II. La trasmissione meccanica impone per il nuovo organo una costante manutenzione molto dispendiosa. Le pratiche per questo nuovo organo sono documentate nell’archivio della Parrocchia e sono state accuratamente seguite dal Geometra (Domenico ndr) Gottarelli di Castel Bolognese.
Queste ultime affermazioni sono state tuttavia smentite nel tempo e dopo oltre quarant’anni l’organo Ruffatti svolge ancora degnamente il suo servizio. Forse quando padre Albino si riferisce all’arciprete che lo voleva a trasmissione elettrica si riferisce a Monsignor Sermasi, visto che don Cenni non scelse il progetto di padre Albino (ed il risentimento lo si sente nello scritto…) ma quello di don Marabini e della Filippi. Con il senno di poi, oggi possiamo dire che quella scelta sia stata azzeccata: infatti l’alluvione del 2023, che ha invaso anche il coro di San Petronio, avrebbe reso inservibile la consolle dell’organo, che lì si sarebbe dovuta piazzare ed i relativi collegamenti elettrici, con un enorme dispendio di denaro per riattivarne la funzionalità. In realtà la manutenzione dell’organo Ruffatti non è stata così dispendiosa: se si escludono le accordature (che sarebbero occorse anche nell’altro tipo di organo) i tecnici sono dovuti intervenire poche volte per l’inceppamento di tasti o registri. L’impegno più grosso è stato quello del 2019 quando lo strumento ha subito una pulizia generale ed è stato smontato pezzo per pezzo, canna per canna per un lavoro durato ben quindici giorni che, tuttavia, anche un organo a trasmissione elettrica avrebbe dovuto subire dopo oltre trent’anni di attività.

L’ORGANO RUFFATTI DELLA CHIESA PARROCCHIALE DI SAN PETRONIO IN CASTEL BOLOGNESE

Il secondo manoscritto è tutto dedicato all’attuale strumento in dotazione alla chiesa ed in esso padre Albino vuole suggerire alcune soluzione per, diciamo così, porre rimedio a quello che, secondo lui, era stato l’errore di costruzione più grande di quell’organo, cioè quello di porne la tastiera in cantoria.
L’organo installato recentemente (13) in San Petronio di Castel Bolognese (ditta Ruffatti – Padova) è dotato di trasmissione meccanica. Ha le tastiere e la pedaliera in legno pregiato. L’estensione non è conforme al Regolamento del 1930 (Trento – Congresso Internazionale d’Organo). Non se ne conosce il progetto, il contratto, il collaudo. Fu commissionato dall’Arciprete Sermasi, dietro consiglio –sembra- di Don Carlo Marabini (14). È posto su cantoria in alto, con accesso dal campanile della chiesa, ciò ne ha condizionato sensibilmente il servizio e la resa pratica. La successione di Don Cenni al Sermasi e la riforma liturgica del Concilio Vaticano II acutizzarono le problematiche. Il nuovo Arciprete interpellò ripetutamente chi scrive queste note per conoscere modi eventuali per migliorare la situazione. Ma la scarsa sperimentazione di allora suggerì l’attesa di tempi migliori, sempre possibili con ulteriori garanzie di costi più accessibili.
Attualmente la problematica riemerge e le possibilità di soluzioni sono più agevoli. Per questo sarebbero validi tre procedimenti:
1) Elettrificazione dell’organo, abbastanza facile, meno costosa;
2) Adozione della Leva Barker (15), cui si oppone il poco spazio disponibile;
3) Applicazione di pannelli elettronici d’uso recente, ma con rare sperimentazioni e a prezzi molto aleatorii.
Optando per la prima soluzione. Si potrebbe applicare anche soltanto al primo manuale dell’organo, riducendo indesiderati rumori e spese. Non sembra opportuno manomettere la trasmissione meccanica, con la quale l’organo sembra nato.
Albino Varotti
Castel Bolognese, 12 febbraio 2011

Questi i manoscritti, al di là degli errori e delle omissioni presenti, rappresentano un bella testimonianza dell’amore che padre Albino ha per lungo tempo avuto per Castel Bolognese e le sue chiese, specialmente San Francesco che era quella del suo Ordine, e per gli organi in esse presenti.
A cornice di questo scritto voglio ricordare due personaggi castellani che avevano a che fare con l’organo: “S-ceva-l’orghén”, Cornazzani padre e figlio, i quali avevano la chiave di accesso all’organo e la conservavano mettendola a disposizione dei richiedenti, previo assenso dell’Arciprete, e l’organista di San Petronio, di cui al momento mi sfugge il nome ed anche il soprannome, il quale essendo anticlericale, repubblicano e mangiapreti era solito intonare nei momenti più intimi della liturgia l’Inno di Garibaldi (Si scoporn le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti ecc.) naturalmente mantenendone la melodia ma allungandola nei tempi, consoni ad una Celebrazione Eucaristica…

Note

(1) Si tratta del titolo di una sonata per pianoforte di Domenico Scarlatti, e per la precisione la Sonata in sol minore K30. La denominazione di questa sonata come Fuga del gatto in realtà non venne mai utilizzata da Domenico Scarlatti, ma risale a un aneddoto del XIX secolo. Si racconta infatti che il compositore avesse un gatto, il quale era solito camminare sulla tastiera del clavicembalo, sempre incuriosito dai suoni emessi dallo strumento. In una di queste occasioni Scarlatti avrebbe trascritto sul pentagramma una sequenza di note apparentemente dissonante e casuale udita durante una “sessione d’improvvisazione” del suo gatto, che evidentemente camminava sulla tastiera da sinistra verso destra, usandola come tema principale della sonata.
(2) Censimento: Visita Pastorale (cfr: GADDONI S. Le chiese della Diocesi di Imola, vol. I, Imola, 1927, pag.12)
(3) Censimento: Visita Pastorale (cfr: GADDONI S. Le chiese della Diocesi di Imola, ibidem, il quale non parla tuttavia di Petronio Gentilini di Medicina)
(4) Censimento: Visita Pastorale (cfr: GADDONI S. Le chiese della Diocesi di Imola, ibidem)
(5) Archivio Parrocchiale di San Petronio in Castel Bolognese, libro dei battezzati, vol. XII.
(6) ibidem
(7) GADDONI S. Le chiese della Diocesi di Imola, vol. I, Imola, 1927, pag.12
(8) Censimento: Visita Pastorale (cfr: GADDONI S. Le chiese della Diocesi di Imola, vol. I, Imola, 1927, pag.12)
(9) Si tratta di quella parte dell’organo, costituita da una grande cassa di legno, che riceve nella sua parte inferiore l’aria immessa dai mantici e la trasmette, mediante i pistoni, alle canne dei differenti registri posti nella sua parte superiore. Si tratta pertanto di una struttura centrale dello stesso strumento.
(10) In realtà il suo nome era Gian Carlo.
(11) In realtà il nuovo organo si poté realizzare anche grazie al lascito testamentario della somma occorrente inserita nelle ultime volontà di Mons. Sermasi.
(12) Effettivamente occorse aprire un grande varco nel muro perimetrale della chiesa ed appoggiare un sopralzo al tetto della sacrestia, il tutto rinforzato con grosse putrelle di ferro che analogamente furono piazzate per rinforzare la cantoria.
(13) L’attuale organo fu terminato ed inaugurato nel 1982.
(14) Vedi sopra. In realtà don Sermasi lasciò per testamento una somma per fare il nuovo organo, ma fu don Cenni che materialmente lo commissionò su consiglio di don Carlo Marabini e dell’organista Maria Grazia Filippi.
(15) La leva Barker è un sistema pneumatico che moltiplica la forza di un dito sul tasto di un organo a canne meccanico, praticamente un dito artificiale mosso pneumaticamente che fa suonare il tasto di un organo meccanico inserito in un più grande strumento a trasmissione elettrica. Padre Albino lo adottò, tra l’altro, nell’organo seicentesco della chiesa di San Francesco a Faenza.

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