14 febbraio 1945-16 aprile 1945: Diario Storico di Gino e Vera Sgarzi

Etichetta del Vermouth della ditta Ved. Bini (da ebay)

(Introduzione a cura di Andrea Soglia) Per gentilissima concessione del dottor Riccardo Bini (che ringraziamo sentitamente) pubblichiamo un diario inedito relativo al passaggio del fronte a Castel Bolognese. Non è ambientato in centro al paese, ma in una zona comunque di “fuoco”, attigua alla stazione ferroviaria e non lontano dalla parrocchia di Casalecchio: la cantina della Ditta Vedova Bini.
La ditta aveva la sua sede principale nello stabilimento enologico di Castelfranco Emilia, fondato nel 1924 dai
fratelli Anselmo, Giovanni, e Mario Bini sotto la ragione sociale “Ditta Angiolini Cleofe vedova Bini”. Il nome voleva essere un omaggio e un riconoscimento alla madre che, con una piccola cantina artigianale, li aveva avviati all’attività industriale.
Si trattava di un’impresa che operava su scala nazionale e che poteva contare anche su due navi cisterna per il trasporto del vino, che settimanalmente facevano la spola tra Genova e Marsala.
G
li autori nonché protagonisti del diario sono Luigi Sgarzi e la moglie Vera Skuderova. Scritto direttamente da Vera nei giorni del fronte, in un italiano non molto corretto (Vera, come vedremo, era nativa di Praga), fu poi revisionato da Luigi Sgarzi.
Ecco un profilo biografico di Luigi Sgarzi inviatoci dal nipote Riccardo Bini.
Luigi Sgarzi, più conosciuto con il diminutivo Gino, nacque a Bologna nel 1907. Dopo una brillante carriera scolastica, si iscrisse all’Università di Bologna, facoltà di Chimica Industriale, ove si laureò a pieni voti nell’anno 1929-30. Inizialmente pensò di dedicarsi alla carriera Universitaria e, negli anni 1936-37 fece un corso di specializzazione in Microbiologia presso l’Università di Praga, all’epoca una delle più rinomate ed all’avanguardia.
Rientrato in Italia dopo breve tempo cambiò lavoro ed iniziò la sua collaborazione con la ditta Ved. Bini di Castelfranco Emilia, della quale uno dei titolari era suo cognato, l’ing. Mario Bini.
Prima sua sede di lavoro fu a Trieste ove dirigeva la ditta Eugenio Muller, nei ritagli di tempo conduceva la parte tecnica della Cantina di Castel Bolognese, sempre della ditta Ved. Bini, che era stata costruita in quegli anni.
Gli anni trascorsi a Praga ebbero una lieta conseguenza, avendo colà conosciuto la sua futura moglie, Vera Skuderova.
Convolarono a nozze nel 1940, ma la scelta di tempo fu infelice. Infatti proprio il giorno prima della cerimonia nuziale arrivò allo Sgarzi la cartolina di richiamo alle armi per la guerra recentemente iniziata. Suo padre Riccardo tenne la cartolina nascosta fino a dopo la cerimonia, per non turbarne la serenità.
Durante i primi anni di guerra ebbe diverse mansioni, specialmente nel settore della produzione degli esplosivi, tutte assolte nel migliore dei modi tanto da meritare l’encomio ufficiale e solenne delle autorità militari.
Giunto l’otto settembre 1943 si trovò in forti difficoltà e fu fatto prigioniero dai Tedeschi, ma con un poco di fortuna riuscì a scappare e a tenersi nascosto in quei terribili momenti.
L’inverno fra il 1944 e 1945 lo passò a Castel Bolognese, ove dovette attraversare mille difficoltà, anche per difendere gli interessi della Ved. Bini per cui lavorava.
Finita la guerra rimase ancora qualche anno a Castel Bolognese e poi passò a dirigere la parte tecnica della Ved. Bini presso la sede centrale di Castel Franco Emilia.
Gino Sgarzi mori a Bologna nel 1978, a fine anno”.
Di nostro aggiungiamo che a guerra finita, Luigi Sgarzi fu nominato presidente delle Opere Pie di Castel Bolognese.
E’ evidente che il diario, oltre a descrivere la vita quotidiana nella zona circoscritta della cantina (ma con “escursioni” nella vicina Casalecchio ed anche in paese), costituisce anche una relazione dei danni subiti giorno per giorno dalla cantina e delle operazioni svolte per difendere la cantina dai saccheggi.

In conclusione è doveroso ringraziare da parte nostra Carlo Bruni e Maria Teresa Liverani che hanno pazientemente trascritto e digitalizzato il lungo dattiloscritto; Alessia e Cristiana Bruni per la revisione della trascrizione; Elisabetta Dall’Olio e Giovanna Gottarelli per la segnalazione del diario al nostro sito e la gentile collaborazione.

14 febbraio 1945 – 16 aprile 1945: Diario Storico di Gino e Vera Sgarzi


14 febbraio

Alle ore 12:30, dopo molti e laboriosi preparativi, i genitori partono dalla zona di guerra. Nel tardo pomeriggio viene l’Ebe per avvisare, che era giunta da Bologna l’autoambulanza della Croce Rossa, che doveva prendere il babbo e la mamma. Verso le ore 20, mentre detta autoambulanza passava sulla via provinciale di Lugo, per andare a prendere la signora Maria Dalpane, Rina e Wanda, Luigi Dalpane, detto Gigiola, colla moglie e due figli, intensissimo arrivo di granate nella nostra zona.

Alla notte tiri delle opposte artiglierie, che costringevano Giovanni ad abbandonare il letto e rifugiarsi “in te bus”.

15 febbraio

Gino ispeziona l’orto. Un carro armato inglese lo saluta lietamente con una scarica di granate a tiro teso, che lo costringono a cercare riparo dietro il cumulo della ghiaia. Nel pomeriggio discreta attività delle opposte artiglierie, che verso sera bloccavano Gino nel magazzino in mezzo al fischiare delle schegge. Giovanni ha battuto il record nel circuito della sua casa, mentre spinto dagli scoppi vicini voleva raggiungere il rifugio di casa. Notte calma.

16 febbraio

Tempo brutto e cielo coperto. Gino e Guastadini riportavano leggere contusioni nell’urtarsi sulla porta, mentre cercavano di raggiungere la cucina, allo scoppio delle granate sulla ferrovia. Niente apparecchi. La Gigina porta la notizia, che a Ferrara ci sono già …… i Ferraresi! La nonna continua a dire “Fati boot!”.

Pomeriggio della propaganda. Una granata entra nella sala di concentrazione a freddo, rompendo due muri e sfondando il gabbiotto della finanza; una seconda sul tetto della cisterna N.7 ed una terza sulla cisterna N. 5. Una quarta granata arrivava ai piedi del muro esterno in corrispondenza della cisterna N. 15.

17 febbraio

Tiri delle artiglierie inglesi. Giornata serena e passaggio di caccia bombardieri verso Lugo. Relativa calma nelle operazioni belliche, per solennizzare il quinto anniversario dello sposalizio di Vera e Gino!!

18 febbraio

Nulla di importante.

19 febbraio

Pierino scongiura un intervento presso il più vicino comando dei paracadutisti a difesa del marsala. Si parte in ricognizione fino all’Oberleutnant Kroll, che aveva il suo “quartiere generale” presso un contadino a tre Km da noi, verso Solarolo. Si rientra all’una. Consueta attività delle artiglierie. Alle tre del pomeriggio una pallottola di mitragliatrice da 12 entrava dalla porta di quel posto, per fortuna vuoto. Alla notte molte granate con arrivo di numerose schegge sullo stabilimento.

20 febbraio

Cielo sereno e soliti apparecchi ricognitori. Visita allo stabilimento con prelevamento arbitrario di legnetta per gasogeno. Si precisa, che sotto tale legna era custodita la “1500”. Intensa attività della difesa, che bloccava la porta di accesso con una barricata di fusti vuoti. I lavori vengono sospesi per il pranzo. Subito dopo si constata, che dopo una parziale demolizione della barricata, vi era stata un’altra visita. E’ fuori dubbio, che il visitatore appartiene ai nostri ospiti del locale “feccia”. Lo sbarramento viene perfezionato e rafforzato al punto, che in seguito non si dovrà verificare nessun’altra violazione. Alla notte discreta attività delle artiglierie e delle mitragliatrici tedesche, alla mattina adeguata risposta dall’altra parte del Senio.

21 febbraio

La Gigina porta un’altra sensazionale notizia, che Lugo era stata occupata……dai Lughesi! In data 19 Bedeschi uscendo per la prima volta e coraggiosamente dalla cantina di Castel Bolognese, veniva in stabilimento a prendere del vino e portava la interessantissima notizia, che oltre Senio si sentono le contadine chiamare le galline e si vedono arare i campi. Oggi il figlio della Rosina racconta, che dal fiume ha sentito un Tommy soffiarsi il naso!

Luky luky dei soliti apparecchi artiglieri. Mentre si scrive, tiro delle artiglierie e cottura dei nostri maccheroni. La notte scorsa la “nona” ha pianto continuamente per le granate tedesche!, con continue esclamazioni: “Maria; Maria, hai sentu?” Ricognizione digestiva all’orto ed oltre il canale. Si raccolgono i primi fiori primaverili. Arriva l’Ebe con le prime notizie da Castelfranco. Alla notte intensa attività delle artiglierie alleate, con passaggio di granate oltre la fabbrica.

22 febbraio

Il falco si è sentito girare tutta la notte. Mattina calma. Sul mezzogiorno intenso cannoneggiamento con arrivo di varie granate di propaganda, una delle quali entrata in fabbrica, oltre la cisterna N. 22, ha colpito il lato di una delle finestre della facciata, demolendo circa 50 cm di muro e proiettandone i mattoni fino alla strada. La granata veniva raccolta ancora calda da Gino e Vera subito dopo arrivo, e portata trionfalmente in casa. Un’altra granata si inabissava ai piedi dell’acacio dell’ufficio. Durante la ricognizione post pastum si constata, che due granate sono arrivate sopra la cisterna 211 e che una granata di piccolo calibro ha colpito il muro esterno in corrispondenza della cisterna 218. Durante la ricognizione viene scoperto un nido con 6 piccoli conigli. Heureka! Nuove speranze per i futuri allevamenti domestici. Lo scoppio di vari shrapnel oltre il canale accompagnano il ritorno in casa.

23 febbraio

Tiri delle artiglierie durante la notte, con prevalenza di quelle tedesche. Si scopre la pelle di un coniglio: sorge l’atroce dubbio, che si tratti della madre dei sei piccoli, scoperti il giorno prima. Intensa attività dell’aviazione. Spinti dalla fame e dalla voglia di vitamine, Gino e Vera razzolano nel campo di Giovanni alla caccia di radicchi, sfidando le granate e riparandosi di tanto in tanto sotto i filari, per sfuggire all’osservazione degli apparecchi.

24 febbraio

Alla notte solita attività della artiglieria inglese. Passa l’autoambulanza della Croce Rossa e si spera invano, che torni a prendere il pacco, preparato per i genitori. I coniglietti sono rimasti orfani, perché la madre è stata cucinata alla cacciatora dai nostri ospiti. Si riunisce d’urgenza il comitato per la protezione degli animali e dopo molte vivaci discussioni si decide di ricorrere all’allevamento artificiale mediante il contagocce dell’Jodone del babbo. Continua in tono maggiore la sparatoria.

25 febbraio

Durante la notte hanno continuato a “bombare” forte. A mezzogiorno Gino fuma dignitosamente il primo sigaro della sua vita. Voci maligne parlano di blinki blinkj /l’espressione di Vera per un certo lavoro di stomaco/. I sette conigli, riconosciuti veramente orfani, vengono allattati per la prima volta, destando viva ammirazione nei presenti.

26 febbraio

Intensa attività notturna. Una grossa granata ha colpito la casona del Bolognese /più tardi si apprenderà, che la granata ha colpito in pieno una catasta di munizioni, provocandone l’esplosione e causando la morte di tre Tedeschi/. Ugualmente è capitato al contadino Sbarra sulla strada del Borello. Picchiate di apparecchi con lancio di bombe e mitragliamento al di sopra di Castel Bolognese e verso il fiume Senio. Il marito della Gigina, scortato da un paracadutista, conduce la spedizione a Imola, per la macinatura del grano e l’acquisto di cipolle. Si apprende, che una bomba ha colpito in pieno il rifugio dei fratelli di Giovanni, fortunatamente già sfollati a Castel Bolognese. La Gioconda allo scoppio di una granata inglese infila precipitosamente la porta, “caschendo” e rompendosi il ginocchio. Viene riconosciuto, che Giovanni l’ha valorosamente soccorsa, impedendole di rompersi anche il naso. Il ritorno della spedizione da Imola viene salutato dall’arrivo di grosse granate. Muore il primo coniglio. Si precisa, che la Gioconda, citata nel bollettino odierno, altro non è che la Guastadini, cosi chiamata dalla “nona”.

27 febbraio

Alla notte consueta attività. Viene appreso con grande rincrescimento la notizia della morte dell’Ing. Ortolani. Lo stesso, nonostante venisse sconsigliato da tutti nelle cantine delle Suore Domenicane dove era sfollato, aveva voluto recarsi per l’ultima volta nella sua casa di campagna, per caricare grano e qualche oggetto personale, che sperava di ricuperare, nonostante che la sua casa fosse occupata dai Tedeschi, che già in precedenza gli avevano saccheggiato quasi tutto. Purtroppo, nel viaggio di ritorno, quando dalla via di Riolo Bagni era entrato sulla via Emilia, veniva sorpreso dall’arrivo di alcune granate, dalle quali cercava scampo, riparandosi nella vicina casa di Biffi. Poi volendo porre a riparo anche il somaro, che era rimasto sulla strada, tornava di nuovo fuori, ma rimaneva colpito quasi in pieno da una granata.

Nuovo arrivo di granate di propaganda, di cui una batte sul tetto della camera da letto di Guastadini, causando un discreto buco.

28 febbraio

Alla notte tre granate sono arrivate vicine alla casa della Gigina. Alla mattina rabbiosa scarica delle artiglierie. Muore il secondo e terzo coniglietto, ed alla sera se ne va un altro. Costruzione in cucina di un moderno impianto per la torcigliatura della lana /costituito da una chiave appesa al soffitto/. Ostruzionismo della Vera, la quale dichiara, che non fa più da mangiare, perché con niente non si fa niente. Alla notte dorme male, tormentandosi: Che cosa faccio domani da mangiare?

1 marzo

Alla notte arrivo di grosse granate anche nelle vicinanze della fabbrica. Al pomeriggio in seguito alle notizie, portate da Mazzolani, spinti dalla rabbia, partiamo immediatamente per una spedizione punitiva alla cantina Dalpane. Giunti sul posto constatiamo, che la situazione non è così grave, come stato riferito. Il colloquio col sottufficiale addetto al controllo prelevamenti vino è abbastanza cordiale. La Vera per la prima volta sente, che un soldato tedesco è proprietario di una piccola bottega di verdura, invece di avere una grossa fabbrica, o un albergo con quattrocento letti, o una fattoria con seicento capi di bestiame, oppure una fabbrica più grande della Sacca, come normalmente raccontavano i più. Uno p.e. era semplicemente proprietario della Mercedes Benz!

Rientro alla sede, accompagnato inizialmente da qualche scoppio non molto lontano; più festosa accoglienza nelle vicinanze di casa, tanto che allo scoppio di una granata nel campo, di Barelli, vicinissimo alla strada, retrocediamo rapidamente nella cucina della Gigina, dove comodamente seduti innanzi al focolare e sopra una granata inesplosa, ascoltiamo altri arrivi pure vicinissimi. Arriviamo a casa sani e salvi e troviamo tutti riuniti in te bus.

2 marzo

Notte calmissima, tanto che pensiamo, che è scoppiata la pace. La ricognizione si fa subito al mattino e si constata, che una granata era arrivata ieri a venti metri dalla pesa e vicina alla strada; un’altra al di là della strada, una terza inesplosa viene scoperta vicino al rifugio. Nel pomeriggio intenso arrivo di granate di propaganda, che hanno per obiettivo la casa di Barelli. Molte grosse granate scoppiano alla fine del parco Gottarelli. Guastadini chiede innocentemente il significato della parola Scheise, raccolta da due soldati tedeschi, che mentre passavano sulla strada, rompevano la damigiana di marsala, prelevata alla cantina Dalpane. Preso in disparte, ottiene la richiesta informazione e apprezzando la pienezza dell’espressione, finalmente capisce, perché i Tedeschi uscivano in questa esclamazione, quando per interi mesi apprendevano che il vermut e poi il vino, non c’erano più.

Giornata dei fagioli, tanto che la Gioconda dice, che “stiopperemo tutti”. Alle ore 12 arriva Pierino con la carne, cosicché all’unanimità viene sospesa l’iniziativa presa dalle massaie, di curarsi coi fagioli. Fino a questo punto il bollettino viene redatto in te bus, causa l’arrivo di “panzer granate”, come le chiamano i Tedeschi. Come constatato il giorno successivo, due di esse sono arrivate sul tetto della fabbrica in corrispondenza delle cisterne N. 219 e 223. A sera alle ore 19,50 ha inizio un intensissimo cannoneggiamento, che ci sorprende ancora in casa. Dall’intensità del fuoco pensiamo, che si tratti di una offensiva in pieno stile e che oramai saremo prossimi alla liberazione. Siamo costretti a rimanere in cucina fino verso le nove, nonostante le continue proteste della Vera, che vuole raggiungere ad ogni costo la cisterna, perché ha mal di stomaco. Improvvisamente sembra sia un poco diminuito in intensità. Ci affacciamo alla porta ed ammiriamo un bellissimo spettacolo pirotecnico. Il cielo è tutto solcato da scie luminose dei proiettili di tutte le dimensioni, il tutto accompagnato dagli scoppi di arrivo e dai colpi di partenza. Si decide ugualmente di raggiungere la cisterna. La fuga è velocissima e persino la “nona” non è mai ruzzolata durante il tragitto /ciò che è solito accadere nei momenti di maggiore emozione/. Il nemico osserva evidentemente il nostro passaggio, perché appena in cisterna, il fuoco si fa di nuovo intenso, ma tutto ha termine alle 9 e ¾. Il resto della notte movimentato, ma non troppo e così anche questa volta l’offensiva è finita in nulla.

3 marzo

Nella consueta passeggiata mattutina si scopre, che due granate sono arrivate sulla strada interne dello stabilimento, lato ferrovia, una di fronte al carbonile, due sulla scarpata ed un’altra fra l’ufficio e la ferrovia. Nel pomeriggio Gino, eludendo la vigilanza familiare, si spinge a visitare la casa di Madama sulla ferrovia, ed è sorpreso da due granate che scoppiano vicine. La solita sgridata della Vera /che gira poi sempre anche lei/ “Giri troppo!”

4 marzo

Notte calma; all’alba arrivo di qualche scheggia sulla fabbrica. E’ domenica: abbiamo il brodo e la carne, portataci dall’Emilia da Imola. Giornata relativamente calma. Si progetta di andare domattina di buon’ora a Castello, per ricuperare quanto rimane a casa nostra, dato che la stessa è oggetto di frequenti visite di soldati e di civili /specialmente civili, come sarà appreso più tardi/.

5 marzo

Notte calma, qualche colpo verso mattina. Gino ha sognato le “biscie nere”, la Vera non vorrebbe andare in paese. Sveglia di buon’ora. Si parte prima delle 8. Mentre siamo a metà viale, si sente arrivare qualche granata sul paese. Si procede però decisamente, trovando l’Emilia già pronta a seguirci, secondo i piani prestabiliti. Attraverso i cortili, le viuzze interne e le macerie marciamo verso la casa. Qualche granata causa momenti di indecisione, il viaggio procede ugualmente; si supera allo scoperto la montagna delle macerie accumulatesi in seguito al minamento della storica torre di Castel Bolognese e della chiesa del Suffragio. Si arriva finalmente davanti a casa, dove ci soffermiamo brevemente per salutare il Sig. Bellosi.

Durante questi brevi istanti una granata “stioppa” a non più di dieci m in mezzo alla via Garavini all’altezza della casa vicina; fortunatamente la granata proveniva dal lato Faenza, anziché da quello della montagna, perché in questo caso saremmo stati investiti tutti dalle scheggie. Gino balza, anzi vola dentro la porta, ma retrocede immediatamente, non vedendosi seguito: i rimanenti tre, che erano rimasti storditi dallo scoppio, si sono frattanto ripresi e si affrettano a ritirarsi nell’interno. La Vera entra, sventolando un dito ferito.

Si scende rapidamente in cantina, dove si constata che una “scheggiolina” tagliando il guanto, ha ferito la punta del dito indice della mano sinistra della Veronica. Pronto organizzarsi dei primi soccorsi, mentre il sangue va gocciolando. Dopo una piccola pausa Gino sale in casa /ultimo piano!/. E’ un vero macello! Altre granate sono arrivate dopo l’ultima visita, a completare la rovina. Gino comincia a raccogliere in sacchi quanto rimasto delle cose paterne. Poco dopo lo raggiunge coraggiosamente l’Emilia, che collabora attivamente. L’azione di ricupero continua per oltre un’ora e mezzo, scoprendo ogni tanto un segreto nascondiglio del babbo. La Vera che si spinge anche lei in ricognizione, viene respinta immediatamente in cantina. Verso le dieci termina il ricupero e Gino scende carico di sacchi, seguito dall’Emilia, al pianoterreno, abbandonando in casa i resti di alcuni mobili fracassati dalle granate. /I mobili sani erano già stati ricuperati dal Dott. Lanzoni e Raffaele; il ricupero era stato però sospeso, perché una granata era piovuta nella camera da letto di Gino e Vera./

Breve sosta al piano terreno in attesa della Vera, che nel frattempo era uscita insieme alla Ottavia per farle da interprete con l’ufficiale tedesco, che era dalle suore Pie per fare un’inchiesta sul furto commesso la sera precedente da alcuni “Lanzer” che avevano asportato la roba dell’Ottavia ed un baule della contessa Gottarelli, pieno di argenteria.

Come conclusione i teutoni biasimano, che tali bauli fossero stati nascosti, perché i Tedeschi rubano, o meglio prendono solo le cose nascoste!

Durante il colloquio, il capitano dice, che la Vera, che sa il tedesco, deve prestare servizio presso il comando di piazza, come interprete. La Vera se la squaglia attraverso gli interni e ritorna indignata. Si ascolta il Dott. Lanzoni che racconta, come la sera precedente abbia sventato il saccheggio, tentato da quattro Tedeschi che appena sorpresi, si sono dati a precipitosa fuga, non sufficiente però, per impedire lo sgambetto ad uno di essi, che ruzzolava contro il muro. Si ha occasione di vedere, come i Tedeschi portano via i loro soldati morti: caricati alla rinfusa su un carro, con gambe e braccia a penzoloni.

Si rientra alla base, dopo una breve sosta alle Suore Domenicane dove si apprendono i particolari della dolorosa fine dell’Ing. Ortolani. La casa viene raggiunta senza incidenti. Si procede all’esame della ferita della Vera e dalla sua medicazione. Nel frattempo altre granate piovono in paese. Al mattino le poche granate hanno causato in paese la morte di una vecchia e di cinque Tedeschi dentro una cantina.

6 marzo

Notte con periodico arrivo di granate. Il pranzo viene interrotto da una scarica di oltre 10 granate, arrivate dalla parte della stazione. Per il rimanente della giornata solita attività.

7 marzo

Nella notte e durante il giorno arrivo di scariche di parecchi colpi alla volta. Varie granate ci sorpassano e cadono nelle vicine case e adiacenze di Barellli e Fitta. Giornata molto serena. A tardo pomeriggio una scarica di granate causa una rapida corsa nel rifugio.

8 marzo

Alla notte solita attività. Verso il mattino una scarica di oltre una decina di colpi si sente cadere vicino. Al mattino da una prima sommaria ricognizione si trova una granata caduta nella prima piantata di fronte alla cabina elettrica ed una nell’orto. L’attività dell’artiglieria consiglia a non effettuare una ricognizione completa.

La Vera ha un giorno di riposo “in te bus”, perché non sta bene.

Dopo pranzo intensa scarica di 12/13 granate nei nostri paraggi: due dietro al pollaio di Giovanni, una di fronte alla cabina a un metro di distanza da quella del mattino, una all’inizio dell’aia, all’angolo orto-macero. Impossibilità di fare una ricognizione completa. Questa scarica trova Gino e Giovanni sulla porta e ne determina il veloce ripiegamento nel rifugio. Guastadini è sorpreso nella “camerina” lato Faenza e deve ritardare sua entrata in cucina, perché deve attraversare l’ingresso, che si trova esposto all’azione delle scheggie, essendo rimasta aperta la porta.

Dopo un quarto d’ora arrivo di altra intensa scarica. Continua per tutto il giorno e la notte l’arrivo piuttosto vivace di salve di granate.

9 marzo

La Vera riprende servizio. Al mattino una granata colpisce il fabbricato uffici al disopra della finestra della pesa, facendo un discreto buco, attraverso il grosso architrave di cemento armato. Il maialino ultimo superstite, ed oggetto per lungo tempo di amorose cure, mostrando molta ingratitudine, cambia residenza senza salutarci. In suo ricordo lascia solo qualche goccia di sangue. Gli ospiti della “feccia” “niente sapere”. L’indignazione è reciproca; si minaccia una rottura di rapporti. Ulteriore accertamenti hanno messo in chiaro, che il maialino non è stato rubato dai nostri ospiti i quali stessi sono rimasti molto male. In seguito verrà fatto di pensare, che il colpo sia stato fatto durante la notte da qualche “camerata” rimasto nel rifugio, mentre gli altri erano nelle postazioni.

Unico superstite dei nostri allevamenti è un coniglio. Avevamo: 11 oche, 25 galline con due galli, circa una quarantina di conigli, un maialino; Giovanni aveva una mucca, un vitello, un maiale, un agnello e qualche gallina.

Una granata dirompente è arrivata sull’aia lato ferrovia-strada.

10 marzo

A notte intensa attività. Gino dice, che una granata è arrivata anche in fabbrica, ma al mattino non si trova niente. Al giorno intensa attività delle artiglierie, che ci costringe più volte a cercare il riparo. Sempre i soliti apparecchi sopra. Durante una scarica, una granata cade nel campo all’altezza della cisterna 225 ed un’altra lungo la siepe di confine colla ferrovia all’altezza della cisterna 21. Durante un tiro di propaganda una granata entra in fabbrica all’altezza della cisterna 209 e viene raccolta da Gino e Vera. Una seconda sembra caduta sopra la cisterna 206.

Appena andati in cisterna, una granata scoppia vicino alla casa di Giovanni.

11 marzo

Notte abbastanza calma. La Guastadini però assicura, che una granata è arrivata vicinissima alla fabbrica e per ripararsi dalle scheggie che si sentivano cadere sul tetto, si è rifugiata “sotto il lenzuolo”. Verso mezzogiorno una granata sorprende Giovanni, Guastadini e la Gioconda sulla porta di casa, e Gino appena dentro: la granata scoppia sulla ferrovia, quasi di fronte alla casa, offrendo la possibilità di assistere alla visione di uno scoppio dal vero. Gino si ritira immediatamente in cucina, lasciando il posto agli altri, ma la Gioconda mentre si ritirano in fretta, si “squizza” sulla porta con suo marito. Momento di ansia, perché la Gioconda avanza piegata a metà e si arresta lamentandosi e gridando “la mia custa”! Qualcheduno capisce invece “la scheggia”. Momento di viva apprensione, ma fortunatamente dopo un sommario esame si accerta, che la Gioconda è stata semplicemente “striccata” contro la porta dal legittimo consorte, tanto da accusare un fortissimo dolore ad una costola. Si concede qualche giorno di riposo.

Dalla ricognizione si accerta, che una granata è caduta di fianco alla pesa, colpendo con scheggie la casa. Al mattino picchiata di apparecchi e bombe all’altezza dell’ammasso del grano sulla via Emilia; alle due verso Mazzolani e Dalpane. In una ricognizione Gino trova, che una granata è scoppiata nei giorni precedenti è scoppiata sul tetto fra le cisterne 3 e 5, una sulla strada quasi di fronte la 211, due oltre la siepe della ferrovia fra il carbonile e il piano caricatore, colpendo con scheggie la porta della sala di concentrazione.

Nel pomeriggio del giorno 10 sono arrivate fra i prugni due granate nebbiogene e si è assistito all’arrivo di una granata nebbiogena sulla ferrovia.

12 marzo

Normale attività durante la notte. Di giorno gli apparecchi ci sono sempre sopra e le granate arrivano sempre più intensamente, tanto che decidiamo di rinforzare la parete della cucina verso la ferrovia. Si apprende, che durante la notte Mazzolani è stato ferito gravemente e con lui altre 6 persone, causa arrivo di 3 granate nella stalla dove avevano il rifugio.

Una granata ha colpito in pieno un tiglio, un’altra la siepe della strada. Varie altre granate nei campi.

13 marzo

Notte calma, ed anche la mattina. Viene Pietro Dalpane con notizie pessime. Si decide di intervenire d’urgenza. Si tentenna: oggi, o domani? Ma la Vera, rassegnata, dice ….. egal e finalmente si fa. L’apparecchio sempre sopra. Il viaggio procede a sbalzi di albero in albero fino a Contessi. Tre granate scoppiano su Casalecchio. Rapido dietro-front fino a cercar riparo dietro ad un pilastro del cancello della villa Ginnasi. La Vera brontola che il riparo non vale niente, guardando tutti i buchi delle grosse granate, disseminate qua e là. Dopo un momento di indecisione andiamo di nuovo avanti collo stesso sistema, e con sosta al riparo della chiesa di Casalecchio, dove poco prima sono cadute le granate! Arriviamo da Dalpane /già a un kilometro da casa nostra verso Solarolo/, mentre le granate continuano a piovere fra la stazione e Castelbolognese.

Breve colloquio con il sottufficiale, indi si prosegue con lui. Per evitare la strada, dove riteniamo potrebbe più facilmente arrivare qualche granata, scegliamo un sentiero dall’altra parte del canale /verso Bologna/, che però troviamo tutta bucherellata da granate! Incontro con l’Oberleutnant Frank. Entra in azione il solito nostro piano ed il risultato dell’incontro sembra soddisfacente, perché al ritorno il sottufficiale impartisce ordini restrittivi per la distribuzione. Sosta abbastanza lunga presso Dalpane, perché per circa un’ora e mezzo la zona Casalecchio e stazione è sottoposta ad un’intensa azione di artiglieria. Dall’osservatorio dei carristi tedeschi si guardano i Tommies che rimangono invisibili. Si riprende infine la via del ritorno. Constatiamo che tutta la strada e le sue vicinanze sono state battute con molta efficacia; in particolare rileviamo, che tutte le posizioni, dove ci eravamo fermati nel viaggio di andata, sono state colpite!

Arrivo trionfale in salvo. Mentre ci prepariamo a raccontare le nostre peripezie, Giovanni esclama: Fortunati voi, che siete stati via, perché è arrivata una granata nella vostra stanza. Si corre sopra e si trova la stanza quasi illesa, perché la granata ha colpito il tetto della casa in corrispondenza del muro maestro. Un’altra granata vicinissima a casa ha completato la potatura di un pero di Giovanni, secondo il metodo “allo scoppio”. Vittime dell’azione tre grosse topaccie, che dall’autunno erano padrone assolute del solaio, insieme a numerose altre. Molte granate nei campi prima e dopo casa e nei paraggi della fabbrica. Una granata ha colpito in pieno la cabina elettrica, danneggiando il trasformatore. Si raggiunge in ordine il rifugio.

14 marzo

Notte calma, tanto che la Vera crede di nuovo, che è scoppiata la pace. Ma alle sette di mattina la sveglia è data da una poderosa scarica di granate, nove delle quali colpiscono la fabbrica. Poco dopo si sente lontano la voce di Giovanni: Dottore, dottore, incendio in fabbrica! Come un uomo solo balziamo sul letto e mezzo vestiti corriamo sul posto. Una granata ha provocato un incendio nel mucchio dei sacchi della calce. Grande daffare, ma tutto sembra liquidato con vari secchi d’acqua. Un’altra granata è scoppiata all’altezza del cornicione, una terza ed una quarta sul tetto lato ferrovia, al principio della fabbrica. Tre altre granate hanno colpito il muro lato ferrovie in corrispondenza delle cisterne 23, 25 ed 11, provocando tre fori del diametro di oltre ½ m. Un’ottava granata rompeva la finestra della sala caldaie. Gino decide, che deve andare a bloccare la finestra, altrimenti i Tedeschi passando potrebbero vedere il gruppo delle caldaie, di cui era stata simulata la demolizione nell’ottobre del 1944 ed i cui accessi erano stati bloccati ed erano rimasti inviolati fino ad oggi. La Vera acconsente, purché possa venire anche lei. Si parte, armati di martello, tenaglie e gli ultimi chiodi, che ancora una volta è stato possibile racimolare. E’ una mattina piuttosto calda! Gino ripiega un paio di volte e si cerca riparo nell’intercapedine fra cisterne e muro. Dopo due ore di intenso lavoro e di non poche martellate, andate a finire sulle dita, per quanto la finestra sia bloccata, il lavoro continua. Ma l’avvicinarsi del fuoco costringe a battere in ritirata, ed a cercare riparo nell’intercapedine, perché le granate arrivano assai vicine. Le granate continuano ad arrivare sempre più vicino, cosicché in un momento di relativa pausa si corre verso la cisterna-rifugio, arrestandoci però a metà strada, per ripararci a terra dalle scheggie di nuove granate, che si vedono scoppiare sulla ferrovia. Corriamo poi nel sottoscala ed infine a rifugiarci nella cisterna.

Nel pomeriggio nuova corsa per soffocare un nuovo incendio nel mucchio della calce. Si constata, che l’incendio della mattina, non completamente soffocato, aveva lentamente bruciato dei sacchi. Si sente un forte odore di gomma bruciata. Ci si affretta a far sparire le traccie e spegnere il fuoco, prima che se ne accorgano i Tedeschi vicini. Si è appena finito, che compare qualche Tedesco a vedere che cosa è successo. Più tardi Gino e Vera lavorano per chiudere il foro in corrispondenza della cisterna N. 11. Anche questo lavoro è accompagnato dallo scoppio delle granate, che alla fine li costringono a cercare riparo nella cisterna. Alla fine dell’azione si trova, che una nuova granata ha colpito il tetto in corrispondenza alla costerna 219. Un’altra granata è caduta a tre m dalla porta della cantina est, varie altre nel campo.

Appena rientrati in casa, arrivano da Bologna notizie di Castelfranco. Ci mettiamo subito all’opera per rispondere. Continua intanto l’arrivo di granate verso il paese.

A sera si raggiunge felicemente il rifugio. Prima di addormentarci nuova forte scarica di granate. A mattina si trova, che una ha causato un nuovo foro in corrispondenza della cisterna 11; una di fianco alla strada di fronte alla cisterna 223 ha provocato un buco profondo. Quattro altre granate nel campo. Una sulla capanna di Giovanni, ed una vicino a terra; varie nel suo campo.

15 marzo

Notte relativamente calma. Verso le 10 nuova azione di artiglieria, specialmente a base di shrapnel, che costringe a cercare rifugio in casa gli operai, che lavorano per scavare postazione nel campo di Giovanni. /si tratta di uomini rastrellati nelle cantine di Castel Bolognese e costretti a lavorare, sorvegliati dai Tedeschi/. Teoricamente dovrebbero essere pagati, però la maggior parte dei salari è trattenuta da un maresciallo tedesco del Ortskommandatur. Insieme ci sono anche alcuni giovani Lituani, in divisa tedesca, il cui compito è quello di andare a tagliare alberi per ricavarne le armature necessarie per le postazioni e i rifugi. Appena riusciamo a intavolare una conversazione con alcuni di essi, il tedesco di guardia sopraggiunge e li fa allontanare.

Gino e Vera hanno già chiuso provvisoriamente il foro in corrispondenza della cisterna 11, defilandosi all’osservazione dei Tommies della montagna.

Continua la solita attività.

16 marzo

Notte più calma delle precedenti, in quanto i tiri sono stati più lontani ed arrivano solo le scheggie. Durante il giorno grossi calibri piovono nel vicino parco della contessa Gottarelli.

17 marzo

Notte come la precedente. Durante il giorno vivace attività degli apparecchi artiglieri. Verso sera un po’ di ripresa.

18 marzo

Notte quasi calma, anche al giorno l’aria si è fatta più riposante. Si è però sempre diffidenti e si sta all’erta per qualche eventuale scarica.

19 marzo

Notte relativamente calma. Al giorno solita vivace attività dell’artiglieria.

20 marzo

Notte al solito abbastanza calma. Al giorno, e specie al mattino e alla sera attività piuttosto intensa della artiglieria, specialmente nei paraggi della stazione.

Arriva, quasi dopo due mesi il barbiere: tosatura generale. /La Vera dice: Dio, che piccole testa che avete/ grande complimento per Gino!/

Verso sera 8 granate nei paraggi della casa. Due o tre colpiscono la capanna di Giovanni. Altre nel nostro campo. Si va in rifugio-cisterna. Poco dopo arrivo di una nuova poderosa scarica. Prima di entrare nella cisterna, Gino tenta una ricognizione nella parte posteriore della cantina, ma deve retrocede, perché cominciano ad arrivare le granate “a bassa quota”.

21 marzo

Notte eccezionalmente calma. Si accerta, che ieri una granata è caduta sul tetto dell’essiccatoio, una di fronte alla cabina, due o tre sul tetto in corrispondenza della cantina est e la sala caldaie, danneggiando assai il tetto. Tre granate fra il macero e l’aia, altre varie nel campo.

Al mattino riprende l’azione dell’artiglieria. Per due volte l’assemblea si riunisce al completo “in te bus”. Alla fine della seconda scarica si vede, che una granata è caduta sul campo di Giovanni, vicino al magazzino prodotti.

Dopo pranzo Gino e Vera si spingono in fabbrica per una ricognizione. Primo arresto in cisterna, causa l’arrivo di granate. Appena c’è un po’ di pausa, ci spingiamo fino alla cantina posteriore, ma dobbiamo presto ritornare sui nostri passi, causa ritornare dell’azione. Mentre si chiude la porta intermedia, arrivo di una grossa granata vicinissima. Rapido retrocedere nel sottoscala, dal quale si assiste al resto dell’azione. Arrivo di numerose granate con proiezione di scheggie sul tetto in corrispondenza della cisterna 202, con pioggia di rottami e polvere. Una granata nebbiogena cade sul piazzale della fabbrica. Appena rientrati in casa, troviamo che due granate nebbiogene sono cadute fra la casa e la strada e due dirompenti sulla strada. Impossibilità di compiere subito una ricognizione più accurata.

A sera si constata, che una granata è caduta contro il muro verso la colonna barometrica.

22 marzo

A notte reciproca attività di artiglieria. Il mattino comincia calmo. Subito dopo mezzogiorno comincia la solita musica a base di granate e di shrapnel, che cadono anche nelle vicinanze. Una cade sopra il tetto della fabbrica, causando danni sensibili.

A sera, dopo che siamo già in cisterna, nuova azione: due granate cadono sulla strada lato ferrovia, rovinando il muro, una terza di fronte alla cabina. Altre nel campo di Giovanni ed una a pochi metri dalla porta di casa lato Solarolo.

23 marzo

A notte qualche attività, che prosegue al mattino fin verso alle 10, poi comincia l’azione più vivace, che culmina in un assalto alla nostra diligenza. Il segnale è dato da una granata, che scoppia sulla strada; ne seguono altre, sempre verso la strada e nel campo della Gigina e di Barelli, poi il tiro si accorcia. La tribù, riunita al completo nel buco, commenta sfavorevolmente; la Gioconda si lamenta imprecando che è ora di finirla di prendersela con noi.

Finalmente l’azione ha una pausa. Un soldato, che vuole un fiasco di vino, dà la notizia, che una granata ha colpito la casa. Infatti si accerta, che è stata colpita la parete verso Faenza al primo piano, causando un foro di ½ m di diametro e danneggiando il muro. Primi accertamenti dal di fuori, poi si sale al primo piano e si trova, che le galline della Maria sono state liberate dalla prigionia. Infatti, la gabbia, che si trovava nella stanza colpita dalla granata, è stata sfasciata; le galline sorprese dall’insolito avvenimento se ne stanno piuttosto avvilite in un angolo. La stanza è piena di rottami. I primi soccorsi della Maria e Giovanni sono interrotti da una nuova sparatoria. Nel frattempo Gino e Guastadini rinforzano con quattro cassette piene di terra il riparo della porta di casa, costituito da due botti piene di terra. Si rinforza anche il riparo del piccolo locale lato Faenza.

Dopo, si constata, che quattro granate sono cadute nel campo di Giovanni a lato fabbricato servizi. Una sulla casa, ed una sulla capanna. Le cuoche continuano coraggiosamente la preparazione del pranzo /ma la Gioconda e relativo consorte lo consumano nel buco di Ia classe/. Si precisa, che la cucina ha due buchi: il più vecchio, più protetto, costituisce la prima classe; il più recente, cioè quello lato ferrovia, la seconda classe. Continua sempre la sparatoria, che verso le due ha un massimo nelle nostre vicinanze. Si accerta infatti, che una granata è caduta sul tetto vicino alla colonna barometrica. Dato l’intensificarsi delle granate, si studia la possibilità di modificare il rifugio, che è nella cucina della Maria, e di metterlo in comunicazione con il nostro. Guastadini avanza anche l’idea di fare un piccolo rifugio esterno, al riparo del muro lato Imola, probabilmente per potersi fumare in pace la sua pipa, e godersi contemporaneamente l’aria primaverile e lo spettacolo delle granate, che arrivano oltre.

24 marzo

Sveglia di buon’ora, data da una intensa attività di artiglieria leggera e di mitragliatrici, chiusa da un finale di grosse granate /il tutto sembra essere avvenuto verso il paese/, qualche granata anche vicino a noi. L’azione ha termine verso le 6, dopo una buona oretta.

Arrivano le notizie da Castelfranco, che ci rallegrano molto e portano un’ondata di entusiasmo.

La nona” da due giorni beve solo “acqua stietta” ed è di ottimo umore, probabilmente è tutto effetto del vinetto di Giovanni. Si precisa, che la nonna è solita innaffiare un bicchiere di buon vino con l’odore dell’acqua! E che “l’acqua stietta” è prodotta coll’uva di Giovanni. A mezzogiorno ci attende un pranzo d’eccezione: all’inizio un momento di raccoglimento per onorare la memoria di due poderose galline della Maria, vittime della granata di ieri. Una era stata trovata morta vicino al porcile di Giovanni ed una ferita ad una gamba veniva vilmente uccisa. La “nona” dice, che bisogna andare adagio colle galline, perché se no, finiscono.

Al pomeriggio la situazione invariata, la Vera lava il bucato. Alcuni apparecchi bombardano la via Pascoli – i mostri praticano alcune aperture nelle pareti dei locali servizi per poter avere un passaggio anche dalla parte del campo di Giovanni, per passare dall’officina, dove c’è la loro stanza di soggiorno, al locale feccia, dove hanno i rifugi. Alla nostra domanda perché fanno così ci hanno risposto, che quando le granate arriveranno lato fabbrica, passeranno dalla parte del campo e viceversa.

Molto intelligente e molto Scheise”, commenta il biondino del Panzer, che ha la sua postazione in stazione, prendendo il solito fiaschetto di vino.

Dalle uova mandateci dal babbo si ricuperano tre vecchi giornali, dai quali si apprende con senso di meraviglia, che nei pressi di Castelfranco è stato rubato p. es. un maiale di 1 ql, altrove alcune galline e così via! Cose incredibili! “Che fati rob”, si commenta.

25 marzo

A sera il segnale del silenzio è dato dalle solite granate con pioggerella di scheggie. Dopo due orette, verso le 10, Giovanni ci dà la sveglia. La Vera svegliata di soprassalto, ha il batticuore. Si esce dalla cisterna al rombo del cannone. Giovanni dice, che un maresciallo dei paracadutisti vuole del vino. Segni di impazienza della Vera, perché il maresciallo, che è corso a mettere il cavallo al riparo della casa, non accenna a tornare. Finalmente si vedono due persone, che attraversano di corsa il piazzale della fabbrica. Emozionatissimi giungono al riparo dello stabilimento. Si chiarisce, che per avere il marsala ed il vino, devono recarsi alla cantina Dalpane. Il maresciallo pur di non dover proseguire oltre è disposto a prendere solo vino bianco. Dopo un po’ di discussione facciamo assaggiare il nostro vino.

Evidentemente non piace ed il maresciallo si decide a proseguire, chiedendo ingenuamente a Gino di accompagnarlo. – Senso generale di commiserazione. – Si danno le indicazioni del caso. Uno dei soldati, che precedentemente ha detto, che sono in viaggio dalle 11 del mattino, domanda sottovoce, se la strada da fare ancora è raggiungibile dal nemico!! /I colloqui si svolgono mentre giunge dalla parte di Riolo un intenso rumoreggiar di cannoni, nel cielo mezzo coperto si riflettono i bagliori degli spari; il tutto accompagnato da qualche scoppio vicino/.

Si rientra in cisterna. Appena a letto, Giovanni chiama di nuovo. La Vera corre fuori. Gino la segue appena vestito e trova, che due altri paracadutisti vogliono tre damigiane di vino. Soliti chiarimenti ed infine si dà una damigiana di vino. La Vera corre a letto. Gino liquida i due clienti e poi si ritira di nuovo.

Ancora una volta, appena a letto, voci chiamano. Si impreca seccatissimi. Di nuovo la Vera corre fuori, Gino la segue appena il suo laborioso vestirsi glielo permette.

Il maresciallo, che era andato da Dalpane, è tornato a mani vuote: né marsala né vino! Si cerca di consolarlo del maggior viaggio a vuoto dicendogli, che se quelli dei “Panzer”, che ora sono da Dalpane, non danno più nulla ai paracadutisti, non bisogna meravigliarsi, perché prima i paracadutisti facevano altrettanto. Il maresciallo precisa, che non gli hanno dato marsala, perché non ce n’era più pronto di quello filtrato. Non dice però, perché non ha avuto il vino bianco. Sono possibili due casi: o da Dalpane non hanno più vino comune, o il maresciallo non ha voluto fare gli altri due chilometri di strada “raggiungibili dal nemico”, per andare a prendere il nulla-osta dal tenente dei Panzer, che ha il controllo.

Mentre la Vera stava riempiendo la prima damigiana e Gino stava uscendo dalla cisterna, si sente arrivare una granata, che scoppia sul tetto della fabbrica. Gino grida alla Vera di ripararsi fra le cisterne. Dopo la pioggia delle scheggie i coniugi si ricongiungono.

Il maresciallo grida al soldato di fare presto a riempire e fischiettando escono dalla cantina. /L’oscurità impedisce di osservare il loro procedere, si ritiene però, che ci fosse una certa fifa!/

Usciamo sulla porta e si parla con due soldati dei nostri, accorsi sul posto, e raccontiamo il fatto. Questi precisano, che il marsala è veramente nella cantina Dalpane, ma il maresciallo replica, che lui ha il diritto di avere il vino e tira fuori il solito pezzo di carta /più tardi si vede, che è rilasciato dall’Orstkommandatur di Castel Bolognese/.

Conclusione: partenza con due damigiane di vinetto, anziché con i progettati 150 l di vino e 50 l di marsala, che il loro comandante avrà avidamente atteso nei paraggi di Bologna.

Per la verità si precisa, che il maresciallo, a parte la fifa, non era uno dei soliti prepotenti e che si era presentato e congedato con compita correttezza, incassando benevolmente le nostre proteste ed improperi per l’ora impossibile, ecc.

Ci ritiriamo in cisterna pensando, che le cose minacciano di prendere una brutta piega. Mentre siamo già a letto, sentiamo che la carretta parte e che una granatina scoppiata abbastanza vicino, ha voluto graziosamente salutare la partenza. /Per mancanza di spazio si sono dovute omettere certe battute!/

Nonostante le pessime previsioni, si rimane a letto fino al mattino, mentre le artiglierie mantengono la solita attività.

26 marzo

Dopo alcuni mesi cielo completamente coperto. Gino si alza per primo alle 7 circa, per attendere Bellosi, che viene a prendere un po’ di vino per Biffi e Lanzoni. Dopo poco si sente una intensa sparatoria accesasi nella zona Casanola-fiume, in direzione di Casalecchio. Si sentono bene le mitragliatrici, i mortai, ed anche l’artiglieria accompagna in tono minore, poi con un crescendo continuo, che verso mezzogiorno culmina nell’arrivo delle grosse granate nelle nostre vicinanze.

La presunta azione di fanteria e di artiglieria dopo essere durata per una buona oretta, si sposta verso Solarolo-Lugo.

Nel complesso l’azione permane vivace per tutto il mattino. Al mattino prima di uscire, Gino e Vera si trattengono in fabbrica: prese alcune misure di sicurezza, Gino si cala nella sala del frigorifero e butta al di là della porta alcune cassette, raccolte dalla Vera, con le quali si abbozza una specie di rifugio tra i due blocchi di cisterne, per l’eventualità di altre visite serali. /Cioè, in caso di pericolo la Vera si nasconde dietro un fusto e Gino si nasconderà al riparo delle cassette./

L’opera è accompagnata dalla solita sinfonia. Alla fine si retrocede in casa, dove si apprende, che durante la notte sono partite le galline che la Maria aveva ancora nel pollaio. Gli ignoti visitatori, per evitare di danneggiare la porta, hanno scoperchiato il tetto ed in via di correttezza hanno lasciato una gallina.

Verso mezzogiorno riunione plenaria nel buco dato l’intenso arrivo di grosse granate. Mentre scoppia una delle prime grosse granate nelle nostre vicinanze, la Gioconda stava per avviarsi in quel posto. Non si si sa decidere, se proseguire o no, ma alla fine le viene coraggio. Esce coraggiosamente, ma viene sorpresa fuori dallo scoppio di una grossa granata, le cui scheggie piovono anche sulla casa e nei dintorni. Giovanni che era sulla porta, corre in soccorso; la Gioconda infine salta fuori imbalzandosi nelle “brache” e così arriva in casa. Dato che le granate continuano a piovere vicino -canale-villa Ginnasi- il pranzo viene in parte consumato nel rifugio di Ia classe. Dopo l’una l’azione ha un finale di granate di propaganda. Per chi ancora non lo sappia, queste granate scoppiano in aria, provocando il distacco del tappo di chiusura del fondello e mentre escono innumerevoli foglietti la granata prosegue la sua traiettoria. Questi biglietti o sono un lascia passare per un viaggio con tutti i confort in Inghilterra o in America, oppure contengono le istruzioni sul come ammalarsi lievemente, oppure ancora portano le più recenti notizie dei lontani paesi!

Piccola pausa, durante la quale si esce a respirare un po’ di aria e si fa una ricognizione in fabbrica. Alla fine però, mentre si sta preparando un pozzetto di vino, ricomincia l’arrivo delle grosse granate. Retrocediamo perciò a sbalzi in casa, mentre le scheggie se ne vanno frusciando per l’aria.

La giornata continua con il solito ritmo fino a tarda sera. Nel complesso si è trattato di una giornata abbastanza vivace, con notevole azione dei grossi calibri.

27 marzo

Notte insolitamente calma. Anche la mattina è calma e solo nel pomeriggio cominciano ad arrivare le granate dirompenti ed anche di propaganda. A mezzogiorno visita di Pietro Dalpane che è di nuovo in forma, evidentemente perché può di nuovo dire “Raus”! /Heraus/.

Al pomeriggio anche una forte sparatoria sulla montagna.

Il cielo è sempre coperto. Alle 8,30 si va in cisterna. Quando oramai ognuno si è sistemato nella sua posizione, ha inizio una conferenza di politica internazionale. La nonna, ritirata nel suo cantone, è assorta nelle sue preghiere. Finalmente Gino “la fa smessa” e si passa alla ½ luce /la lampada a carburo viene coperta da una cassetta/.

Dopo breve arrivano a brevi intervalli alcune granate, le cui scheggie si sentono battere sui tetti: la Vera precisa, che sono state nove.

Brevissima pausa, poi una rabbiosa scarica di granate. Sembra che si tratta di diversi carri armati, che sparano a ritmo accelerato, con intervalli brevissimi fra una scarica e l’altra.

La Gioconda comincia a dire: Ohimè, ohimè! Ma queste sono grosse! Si dice invece che sono piccole e di carri armati, ma la Gioconda insiste.

Interviene la nonna con i suoi lamenti, ma più che lamenti, sono rassegnate proteste. Ad un tratto, in un intervallo fra una scarica e l’altra dice sottovoce: Adesso i carga! ed è soddisfattissima, quando subito dopo segue una scarica furiosa.

La battuta mette tutti di buon umore e perfino la Gioconda interrompe i suoi lamenti e si mette a ridere.

Come obiettivo si ritiene fosse la zona: stazione-paese, con prevalenza nella zona: casa Villa–canale–via Emilia. Si riconosce, l’azione è un po’ diversa da quelle precedenti, per il ritmo e per il numero dei colpi; Gino dice, che è interessante /sentendo naturalmente, che non arrivano troppo vicino a noi e pensando solo all’aspetto bellico/.

L’azione ha termine dopo quaranta minuti e la nonna domanda adesso i passa?

Si ritiene certo, che domani verrà l’Ebe e come al solito preciserà, che se fosse durato 10 minuti di più i Tedeschi sarebbero partiti.

Per il resto della notte attività normale.

28 marzo

Inizio calmo. Nella solita ricognizione si accerta, che nella cantina est vi è un nuovo foro subito al di sopra della pensilina; il foro non è di grandi dimensioni e non è possibile stabilire, se è stato provocato da una piccola granata, o da una grossissima scheggia proveniente dalle mine, fatte esplodere sulla ferrovia. /Casa Madama/. Inoltre si trova, che la cisterna 219 /una di quelle superiori/, ha un foro di circa 20/30 cm sulla parete a circa 1 metro dal soffitto. Il foro è stato evidentemente provocato o da una granata di propaganda, o da una granata di carro armato. Riserva di compiere gli accertamenti.

Da una ricognizione all’esterno si trova il principio di un nuovo foro sul muro, forse provocato da una granata di panzer, che è trovata inesplosa e completa di ogni parte vicino al fosso. Ha inizio la solita sparatoria con sistematico arrivo di singole granate, così continua per tutto il giorno con qualche variante di salve.

Un soldato polacco ubriaco fa molto baccano e confusione in casa Contarini. Intervengono subito altri soldati, che lo disarmano del pugnale, lo pestano e se lo portano via, dopo averlo legato per una gamba. Trattavasi di pessimo soggetto.

29 marzo

In seguito ai danni subiti dalla cisterna 219 si stabilisce di provvedere d’urgenza alla fortificazione della cisterna-rifugio. La parete lato montagna viene rafforzata internamente con una fila di sacchi di feccia. Già dal mattino Gino, Guastadini e Giovanni si portano nella cantina est per preparare un certo quantitativo di sacchi. Il lavoro è abbastanza lungo, potendo prendere i sacchi solo in determinati punti e perché la massima parte è in cattivo stato.

Poiché le granate si sentono arrivare tra la fabbrica ed il fiume, nel togliere i primi sacchi si costruisce nella mucchia dei sacchi che rimangono un piccolo rifugio, dove ripararsi nel caso che le granate dovessero arrivare più vicino. Tale rifugio servirà anche per l’eventualità di essere sorpresi in tale parte della cantina durante le quotidiane ricognizioni.

Gino sale sulle cisterne della cantina est e riscontra meglio, che i danni provocati al tetto dalle granate sono abbastanza gravi. Da una ricognizione all’interno della cisterna 219 trova, che dalla parte interna si è staccato il cemento per un diametro di quasi un metro, riempiendo la cisterna di rottami. Nessuna traccia della granata, per cui rimane il mistero, come sia stato provocato il foro nella parete!

Gino riconosce, che sopra le cisterne fa molto caldo!, comunque porta a termine la sua missione, prendendo vario legname, che è ancora sulle cisterne. Nel frattempo Giovanni e Guastadini completano il trasporto di circa 80 sacchi davanti al rifugio a passo sempre più accelerato, perché il fuoco si va facendo sempre più vivace.

Si passa alla seconda fase del lavoro. Gino e Guastadini nell’interno della cisterna, Giovanni fuori. Il lavoro continua fino alle 19, accompagnato in certi momenti da spari, che sembrano vicinissimi e perciò sono ritenuti colpi tedeschi. A sera si accerta, che invece erano colpi inglesi e che le granate sono arrivate vicine. Si elogia perciò Giovanni, che non aveva osato tagliare la corda e aveva continuato ad allungare i sacchi anche nei momenti duri!

A casa si constata, che le tre cuoche riconoscendo che durante il giorno i legittimi consorti si sono dedicati ai lavori pesanti, hanno preparato cibi di alto potere nutritivo.

La Vera: zuppa e cipolla cotta in insalata,

La Maria: cipolle cotte e patate in insalata,

La Gioconda: cipolle cotte in insalata.

In seguito alle vibrate proteste viene concessa una razione supplementare di p a r s u t t o! All’ora di cena arrivano parecchie granate dalla Gigina. Riunione nel buco al completo. Dalle notizie pervenute in seguito sembra, che una granata abbia colpito la casa della Gigina.

Si va a dormire. La nonna è soddisfattissima, che il lavoro dalla sua parte è quasi terminato, e dice: Ma allora io ero proprio in sul pericolo!, poi entrando nel letto esclama: Adesso lassa che i bomba, non mi frega più!, però dopo un po’ ci ripensa e dice: ma se arrivano di sopra! A notte solita normale sparatoria.

30 marzo

Si trova, che una nuova granata è arrivata di notte sul tetto in corrispondenza della cisterna 217. –Prosegue per tutto il giorno il lavoro di rinforzo del rifugio. Verso mezzogiorno, avendo riconosciuto che mancano altri 10 sacchi, facciamo una nuova spedizione nella cantina est, vincendo la perplessità di Guastadini, che comincia a sentire l’odor di polvere. Infatti, i tiri vanno avvicinandosi e mentre a passo di corsa si lascia la zona, arriva una scarica vicinissima. Breve sosta di attesa, prima di andare in casa, dove le cuoche si dimostrano all’altezza della situazione.

La nonna è contentissima, perché al solito Gino è rientrato tutto sporco e impolverato da vero lavoratore. Nel pomeriggio si completa il lavoro della cisterna. Guastadini e Giovanni sono sorpresi da una scarica nella cantina est e inaugurano il rifugio fatto fra i sacchi.

Verso le quattro arriva la propaganda! Una granata si infila attraverso il colmo del tetto della cantina ovest, colpisce la cisterna 21, batte sulla pensilina, dopo aver sfasciato il traverso della cisterna 21 -discreta caduta di cemento nella parte inferiore- sbalza contro lo spigolo della finestra inferiore, sfasciando in parte l’infisso, batte nel piazzale e sbalza in più davanti all’ufficio! Accidenti alla propaganda! Gino ripara la finestra –poi si passa ai lavori nel rifugio di 3a classe in casa. /Sarà descritto in seguito/.

All’ora di cena solita sparatoria nei paraggi. Nessun danno. Si va a dormire. Ammirazione delle donne per la nuova opera.

31 marzo

Durante la notte relativa calma. Gino, dato che Barelli ha portato il giorno prima 2 chg. di carne, ne approfitta per avere durante la notte un po’ di febbre.

La Vera è preoccupatissima; al mattino vuole provare la febbre e vuole, che Gino stia a letto. Gino decisamente rifiuta e si alza ugualmente e constata, che nonostante la brutta notte, sta meglio alzato che a letto. Ad ogni buon conto pensa di concedersi un giorno di riposo.

Al mattino, prima di uscire dalla fabbrica, la Vera accompagna la Gioconda e la Maria in visita alla cantina est ed illustra i guai causati dalle granate.

Dopo una lieve calma inizia la sparatoria coi grossi calibri; seguono poi ad intervalli i piccoli calibri per tutto il giorno. Nel pomeriggio Gino va a letto e dopo le insistenze della Vera si trova, che ha 36.7!!

Si sente sparare un carro armato tanto vicino, che i colpi sembrano partire dal canale! Si dubita, che la flotta abbia risalito il canale. Le cuoche hanno lavorato assiduamente colla valida cooperazione di Guastadini e Giovanni, per la preparazione del pranzo pasquale.

1° aprile – Pasqua

Verso mezzanotte Giovanni chiama. Ci sono due carrette di tedeschi, che vogliono il vino. Gino si vuole alzare, ma la Vera glielo proibisce categoricamente, perché ha avuto e forse ha ancora la febbre. Finalmente cede e raccomandandosi, che la consorte non si arrabbi, la lascia uscire. Qualche colpo arriva intanto verso il paese. Conscia della promessa, la Vera accoglie molto cortesemente i disturbatori; e vedendo che hanno due grossi fusti, dice che è spiacentissima, ma che vino non c’è n’é. Infine concede agli uni una damigianetta ed agli altri un centinaio di litri in un fusto che viene poi portato via a braccia e con la massima attenzione.

Il resto della notte passa con la solita attività di artiglieria. –Al mattino Gino riprende servizio, non volendo essere escluso dal pranzo pasquale.

La pace pasquale viene interrotta da due scariche di colpi pesanti verso Mordano e da qualche scarica, anche nel pomeriggio, verso Casanola.

Approfittando della calma d’eccezione, la Gioconda è di buon umore. Al pomeriggio, mentre gli uomini fanno la siesta al sole, viene a chiamare Giovanni e il consorte dicendo, che la Vera l’attende in casa per fare i conti. Dopo un po’ di incertezza i due si avviano lentamente verso il 1° pesce d’aprile! Il resto del pomeriggio prosegue tranquillo, solo a sera la cena viene interrotta dalla Vera, che crede di udire qualche rumore, infatti recatasi sulla porta di casa, retrocede subito gridando, che i tedeschi stanno entrando in fabbrica.

Allarme generale: Gino si alza prontamente e seguito da tutti, si precipita verso la porta, la Maria apre il corteo scappando con due sedie e per lasciare libero il passaggio, anche la nonna si alza, ma non fa in tempo ad arrivare sulla porta, perché è già scoperto, che è un 2° pesce d’aprile! La nonna cerca di sedersi in fretta e fa conto, di non essersi alzata da tavola!

Si stabilisce dì far correre anche la nonna. Alla fine della cena la Maria dice, che vuole un po’ di pane. La nonna appena sa, che è per la “tufa” /la gatta della nonna, “alla macchia” da qualche mese/, si precipita dietro alla Maria, la quale poi picchia, non appena scoperto il trucco.

A sera riprende in tono minore la sparatoria, che ha poi qualche alto dopo la mezzanotte.

2 aprile

La breve quiete del mattino è ad un tratto interrotta da una granata, che sorprende la Vera “in te quel”.

La Vera, che come al solito aveva la bocca chiusa, dice che le sembrava, che la granata le arrivasse in testa. Non era tanto lontana, perché le scheggie sono piovute sul muro della casa. Riuniti nel buco assistiamo all’arrivo di grosse granate verso il paese, villa Gottarelli e canale. “I bomba fort”.

L’atmosfera si mantiene molto calda per tutto il giorno. Nel pomeriggio una scarica, che arriva in stazione e verso Barelli, sorprende Gino e Vera in cantina, mentre preparavano un pozzetto di vino. Rapido ripiegamento fra il rifugio di cassette.

A sera, mentre in cisterna si fanno le previsioni, che sarà una brutta notte, Giovanni chiama: sono le 21:15. Gino e Vera escono. Sono i nostri. Che vogliono due fusti, da mettere nelle nuove postazioni. Anziché due fusti da vino si propone di dare due fusti per prodotti chimici. Si va nella stalla di Giovani, dove sono due di questi fusti, che infine vengono presi dai due richiedenti.

Giovanni si chiude in casa e noi ritorniamo in cisterna. Appena a letto, arrivano vicinissime tre granate; dell’ultima la Maria vede la fiammata attraverso il foro della cisterna e si sentono i rottami cadere fuori dalla nostra cisterna.

A notte arrivano più volte scariche e colpi nelle nostre immediate vicinanze.

3 aprile

Si riscontra, che una granata è caduta contro il muro che divide la sala di concentrazione dalla cantina ovest. Altre due granate sono cadute sul tetto in corrispondenza alle cisterne 223 e 221. Soliti danni al coperto.

Giunti in casa, troviamo che una granata è arrivata proprio di fianco alla porta della stalla /dove eravamo ieri sera/, una nell’orto di Giovanni, due vicino alla capanna. Dopo una breve pausa cominciano le artiglierie tedesche, poi in tono crescente quelle inglesi.

Continua la solita musica. A sera ci si ritira nella cisterna. Oggi i nostri ospiti hanno definitivamente abbandonato i nostri alloggi. Rincrescimento da parte nostra per gli inevitabili “luki luki” che ne seguiranno. Infatti, appena siamo passati alla mezza luce e da ancora non è cessata la conversazione, la Maria dà l’allarme dicendo, che qualcuno è in cantina. Infatti possiamo sentire rumori sospetti. La Vera balza dal letto, Gino la fa arrestare sul buco di uscita della cisterna e cerca di vestirsi rapidamente. Intanto aumentano i rumori e si nota, che tentano di forzare la porta di accesso alla sala di concentrazione. Infine la Vera esce dalla cisterna e grida: Was machen sie dort?! Ne seguono passi precipitosi. La Vera ritiene che vengano verso di lei e si accuccia nel pozzetto. Gino è solo in calzoni e camicia e corre. Si passa all’attacco. Luce! Prendendo la lampada al carburo, esce dalla cisterna e insieme con la Vera corrono verso la porta di uscita, perché l’ospite si è precipitato verso una delle finestre, dalla quale era abusivamente entrato.

Mentre si apre la porta di uscita, rumore di passi fuggenti sul piazzale. Gino entra di corsa verso gli uffici, sperando di trovare qualche tedesco in casa Contarini. Ma intanto l’ospite si è allontanato. Nel frattempo la Vera rimasta sola in cantina ha un sussulto, perché sente nuovi rumori, ma si accerta, che è un uccello, che svolazza contro il tetto! Si torna a letto.

La calma notturna è interrotta da irregolari sparatorie.

4 aprile

Inizio della mattina abbastanza tranquillo, tanto che ci spingiamo ad ispezionare e riordinare i locali, già occupati dai tedeschi. Si rinforza la finestra forzata ieri sera, si portano a termine alcuni lavori nei locali servizi. Nel frattempo arriva Pietro Dalpane, che porta notizie abbastanza soddisfacenti. La Vera consiglia di ritirarsi, perché comincia a sentirsi qualche sparo. Gino e Dalpane si trattengono ancora; sono sorpresi da uno scoppio vicinissimo. Momento di attesa, poi si raggiunge subito la casa. I colpi piovono sempre più intensi e vicini. Sono le 10:30; il fuoco continua per una buona mezz’oretta. Morale elevato, solo la Gioconda è agitata! Si rimane ancora per qualche tempo in rifugio, poi si esce in ricognizione.

Una granata nella massa del letame di Giovanni, due sulla sua capanna, due nel cortile davanti alla sua porta, due sulla strada di uscita, varie nel campo. Si procede alla ricognizione in fabbrica: una granata ha colpito uno spigolo di una delle finestre superiori della prima cantina, una il tetto della sala di concentrazione a caldo e una di quella a freddo. Un’altra granata ha colpito il muro dell’officina, dove fino a ieri sera, per due mesi, hanno avuto la loro sala soggiorno i nostri ospiti e dove poco prima erano Gino e Dalpane. Varie granate nelle immediate vicinanze della fabbrica. Nel complesso è stata un’azione abbastanza pesante.

Arriva la Maria /operaia/, che ha assistito all’azione, rifugiandosi prima sotto il pollaio della Maria /contadina/, poi nel rifugio antiaereo, perché la porta di casa era chiusa. Ha inizio il bucato familiare. Nel pomeriggio arriva anche Raffaele, che aveva in programma di andare a seminare nell’orto, ma di fronte allo spettacolo rinuncia ai suoi propositi. Insieme a Raffaele arriva anche l’Emilia, che collabora efficacemente al bucato.

Verso sera cominciano ad arrivare anche le granate pesanti. Si assiste all’arrivo di un colpo sulla chiesa di Casalecchio o sulle case vicine e di parecchi colpi sulla villa Ginnasi. Altri colpi sono più lunghi. Tra un colpo e l’altro si porta a termine il bucato e si mandano a casa la Maria, l’Emilia e Raffaele. Durante la giornata parecchi visitatori in cerca di vino! Durante la notte la solita attività con periodi di intensa sparatoria. Da notarsi, che dopo Pasqua le artiglierie inglesi hanno cambiato sistema, cioè si spara nella maniera più irregolare; per un certo periodo si spara a colpi singoli, poi seguono improvvisamente scariche rabbiose ed intense, stanno due o tre ore senza sparare, poi segue una scarica violentissima e magari dopo dieci minuti un’altra altrettanto violenta, poi riposo e così via.

5 aprile

Al solito bella giornata. Con compiacimento si constata, che nella notte non è avvenuto nessun fattaccio.

6 aprile

L’Emilia e la Maria tornano a completare il bucato. Intanto la giornata promette di essere “saltarella”. Gino si trattiene brevemente nei locali servizi, poi con alcuni “clienti”, poi ritorna in casa.

Si mandano a casa le donne. Dopo circa 10 minuti che sono partite, qualche intensa scarica, forse nel borgo o sulla strada di Riolo. Si sta in pena per le donne, sperando che siano arrivate bene a casa.

Per il mattino le granate sembrano mantenersi lontane da noi. In compenso anche la stufa è diventata saltarella: verso mezzogiorno mentre le cuoche hanno i loro pranzi quasi pronti, una piccola esplosione nel fuoco fa sobbalzare cerchi e tegami, mentre le bracie saltano per la cucina. Allo spettacolo assiste Gino e più da lontano la nonna. Gino si avvicina per rimediare, ma in quel mentre una nuova esplosione lo consiglia a ripararsi. Momenti di attesa, poi tutti corrono in ricognizione. Si trova, che tutti i tegami sono pieni di cenere; pazientemente si pulisce il brodo, le patate ed i pezzi della gallina della Maria. Morale: molta attenzione prima di utilizzare la legna, recuperata dai locali dove hanno soggiornato i tedeschi!

Si precisa, che la Maria ha dovuto uccidere una delle sue galline male in gamba. Si dice, che anche le galline sono diventate saltarelle, infatti appena sistemata la stufa, prende fuoco la pentola della Maria, dato che l’abbondante grasso è traboccato sulla stufa! Ultimato il pranzo, Gino, Guastadini e Giovanni si recano in cantina per riempire una damigiana di vino, in esecuzione ad un particolare piano tattico. L’operazione è sospesa inseguito all’avvinarsi di due paracadutisti con due damigiane. Gino esce dalla cantina, mentre Giovanni e Guastadini si riparano nel sottoscala. Cominciano ad arrivare vicino le granate. Gino ha un breve scambio di vedute con uno dei soldati, infine dice di prendere le due damigiane e di far presto, perché dall’osservatorio inglese sulla montagna li hanno visti attraversare il piazzale e spareranno come dannati!

Si cerca il secondo soldato; il primo soldato chiama a piena voce /intanto piovono le granate, una scoppia sulla stazione, una sui binari e le scheggie arrivano allegramente sul piazzale della fabbrica, sollevando nuvolette di polvere/. Gino, che si è ritirato contro la parete, è soddisfattissimo ed assiste compiaciuto alle evoluzioni del primo soldato. In questo frattempo il soldato numero due esce di casa; la Vera grida, che gli ha già spiegato tutto.

All’arrivo del secondo, il numero uno spiega subito, che li hanno visti dalla montagna e che bisogna far presto. Introduzione nervosa in cantina della bicicletta con rimorchio avente le due damigiane. Il riempimento delle due damigianette viene sospeso più volte perché oltre a vari falsi allarmi, quattro scariche arrivano sulla ferrovia con pioggia delle scheggie sulla fabbrica.

In questo frattempo la Vera venendo meno ai patti prestabiliti, abbandona le cure del bucato e corre in cantina a vedere cosa è successo.

I rimproveri del consorte sono interrotti da una scarica, che li costringe a cercare riparo fra le cassette giudiziosamente preparate giorni addietro. La stessa operazione si ripete una seconda volta.

Il soldato numero uno commenta: “Si muore per la Germania”, ma il secondo precisa: “Si muore per Scheise Wein” /per i lettori si osserva, che la parola “Scheise” è una parolaccia, usatissima dai soldati tedeschi/.

Alla sorpresa dei due “clienti”, perché di giorno arrivano tanti colpi, si precisa, che di notte è molto peggio /i rottami caduti nella sala in seguito alla granata di ieri notte avvalorano le nostre affermazioni/.

A riempimento ultimato, Gino e Vera si ritirano nel sottoscala, da dove più tardi si osserva la velocissima partenza dei due.

Si finisce di riempire la nostra damigiana. Poi approfittando di un momento di calma, Gino fa una ricognizione in fabbrica ed anche all’esterno della stessa, durante la quale trova, che una granata è caduta vicino alla sala caldaie, proprio di fianco al muro. Estendendo la ricognizione nel campo, affonda in una buca preparata nell’autunno scorso e rientra tutto “smalto”.

Verso le 18 il tiro delle grosse granate si orienta verso i nostri paraggi e parecchie granate piovono vicinissime. La Gioconda si lamenta che arrivano sempre più “ateis”. Fra uno scoppio e l’altro si fa qualche salto fuori e si vede, che il fumo è sul canale.

A sera si trova che due granate sono cadute in fondo al podere di Giovanni e che sulla sponda del canale ce ne sono altre due. Una colonna di fumo rosso si era vista alzarsi anche dalla fabbrica, ma non essendo stato trovato nessun nuovo squarcio, si ritiene che sia stato qualche grossa scheggia.

6 aprile

A notte attività più ridotta. A mattina normale attività con molte granate di propaganda e granate nel parco della Gottarelli vicino alla stazione, le cui schegge arrivano fino a noi. Nel pomeriggio, mentre sulla porta si liquidano due scocciatori, arriva a tradimento una granata, che scoppia vicina; il fumo rossastro, che il vento spinge al disopra della fabbrica fa ritenere che il colpo sia arrivata sulla stessa. Segue immediatamente una seconda granata, che non si sente esplodere, ma qualche tegola si vede volare sui tetti.

Poco dopo Gino e Vera fanno al piccolo trotto una ricognizione sommaria, ma non trovano nessuna traccia in cantina.

Normale attività per il resto della giornata.

7 aprile

A notte vivace sparatoria. Anche le artiglierie tedesche hanno intensamente sparato per un’ora. L’attività di giorno comincia con grosse granate verso ed oltre il paese. Al mattino i due “rognitori” della artiglieria volano continuamente sopra alla nostra zona.

Nel pomeriggio Gino di contrabbando fa un giretto intorno alla fabbrica e trova, che una delle granate di ieri ha colpito la facciata lato Faenza. Nessuna traccia della seconda granata. Completando il giro trova, che anche il campo di Giovanni è ben bucherellato. Nel tardo pomeriggio tiro di grosse granate sulla strada di Casanola. Verso le 19, mentre ci stiamo sedendo, uno scoppio improvviso sulla strada di fronte a noi. Rapida riunione nel rifugio, mentre altri sei o sette colpi arrivano sulla strada e nel campo di Barelli. A sera ripresa dell’attività verso il paese.

8 aprile – domenica

Giornata nel complesso insolitamente calma, tanto da farci pensare, che qualcosa di grave sta per avvenire. A notte discreta attività in lontananza e verso il paese.

9 aprile

La giornata ha inizio con una intensa attività dei ricognitori, che continua per tutto il mattino. Presto ha inizio l’attività delle artiglierie, le cui granate battono la zona oltre noi /forse verso ed oltre il Sanguinario, e la zona fra la via Emilia e Bagnara/. Tale attività continua abbastanza intensa fino a mezzogiorno.

Alle 13:30 è avvistata la prima formazione di bombardieri pesanti, che si susseguono a gruppi di 20. Ha inizio una intensissimo bombardamento, che sembra colpisca la zona fra Solarolo /a 4 km da noi/ e Bagnara. Il rumore è assordante e cominciano ad alzarsi altissime colonne di fumo, che oscureranno completamente il cielo. Seguiamo l’azione stando sull’angolo della casa di Giovanni. Contiamo 220 apparecchi, quando improvvisamente sentiamo gli apparecchi in picchiata sopra di noi. Due apparecchi, provenienti dalla parte della montagna, passano al di sopra della casa, seguiti da due bombe, che cadono sul parco Ginnasi, mentre passa un terzo apparecchio, che pure sgancia; una scheggia arriva sulla capanna di Giovanni. Ci ritiriamo rapidamente in casa, mentre vediamo altri apparecchi bassissimi sopra di noi, che iniziano una violentissima azione di mitragliamento, forse sulla villa Ginnasi e Gottarelli.

Il rumore è infernale, perché contemporaneamente passano altre formazioni di bombardieri pesanti, che continuano il bombardamento.

Appena i caccia-bombardieri abbandonano la nostra zona, ci spingiamo nuovamente fuori. Nuove formazioni di bombardieri ci passano proprio sopra e colpiscono la zona di Bagnara e Mordano. Altre, che pure ci passano sopra, colpiscono verso e oltre il Sanguinario. Contiamo altri 260 apparecchi.

Il tutto si può ritenere, che siano stati non meno di 600 apparecchi pesanti. Lo spettacolo è infernale e noi pensiamo alle zone così duramente colpite. L’azione dei bombardieri pesanti è stata accompagnata da quella di numerosissimi caccia bombardieri.

Sono le quattro. Terminato il passaggio dei bombardieri, rimane ancora qualche caccia bombardiere ed ha inizio l’azione delle artiglierie pesanti sulle stesse zone, colpite dal bombardamento aereo. Entrano in funzione anche le artiglierie leggere. E’ battuta specialmente la zona verso Solarolo. Battono però anche verso il paese. A sera mentre si riempiono due fiaschi a due clienti, una granata picchia davanti alla casa e procede oltre senza esplodere. Mentre i due clienti si allontanano arriva una violenta scarica, che ci costringe a correre in rifugio. Ne usciamo per aprire in fretta ai due, che bussano disperatamente alla porta. Il tiro delle artiglierie continua ancora vicino, poi si allontana un po’ da noi, ma continua intenso per tutta la notte.

Causa il fuoco, dobbiamo ritardare l’andata nella cisterna alle ore 22. Alla fine ci decidiamo ad uscire, nonostante il fuoco, che è particolarmente intenso verso Solarolo.

La nonna non vuole uscire. Usciamo perciò solo noi ed i due Guastadini.

10 aprile

Dopo una continua ed intensa sparatoria, durata tutta la notte, sembra che al mattino venga un po’ di calma, ma arrivano subito i caccia bombardieri che iniziano un carosello d’inferno con lancio di bombe e mitragliamenti.

Di nuovo una brevissima sosta, poi viene avvistata la prima formazione di 20 bombardieri. Possono essere circa le 10. L’obiettivo sembra essere sempre la zona Solarolo-Bagnara-Mordano. Continuano i bombardamenti infernali fin oltre mezzogiorno; una densa nuvola si alza, coprendo il cielo.

Gli apparecchi vengono dalla parte di Faenza. Ne contiamo 780. I primi 600 circa più vicini a noi, hanno sganciato sulla zona anzidetta. Gli altri forse sulla zona Lugo-Massalombarda.

Il rumore è assordante, perché nel ritorno a vuoto passano tutti sopra di noi o quasi.

Assistiamo all’abbattimento di due apparecchi.

Ultimati i bombardieri, tornano in scena i caccia-bombardieri, che girano, girano sempre sopra e vanno a fare le picchiate verso Solarolo e il Santerno.

Nel pomeriggio tornano i bombardieri a gruppi di 6, 9, 12. Vengono dalla montagna tornano verso la bassa. I loro obiettivi prima sembrano più lontani di quelli del mattino, poi sganciano anche sul Sanguinario o sulla zona Sanguinario-Imola. Le bombe sembrano di essere di grosso calibro.

Il biondino della stazione viene a salutarci. Cala la sera. Vi è nell’aria qualche cosa di pesante. Verso Dalpane si vedono saltare le prime mine -pensiamo si tratti del ponte del canale- poi altre verso Castelnuovo. Andiamo verso la cisterna di buon’ora -saranno le 19:30. C’è del passaggio. Ci tratteniamo nel sottoscala ad osservare e di tanto in tanto facciamo qualche puntata fuori. Le mine cominciano a saltare anche verso il paese, e sembra anche sul viale e verso la stazione. Calano intanto le prime ombre e ci ritiriamo in cisterna. Fuori continuano le mine e le solite granate. E’ stata una giornata di tensione e la notte non promette nulla di buono, per quanto qualcuno avanzi previsione rosee, che al solito non si realizzano. Non tutti sono ancora addormentati, che tra uno scoppio e l’altro, sentiamo Giovanni chiamare: ci sono dei tedeschi, che cercano i rifugi. Sono circa le ore 22.

Ci alziamo e a sbalzi raggiungiamo la casa, mentre piovono le granate e le bombe di mortaio. All’angolo del pollaio c’è un folto gruppo di soldati. Giovanni ci dice, che hanno sfondato la porta. La cucina è invasa da una quindicina di soldati, con relativi bagagli, nonché con un mortaio da trincea.

Uno dice che la H L si muove e che hanno bisogno di rifugi per loro e che i civili se ne devono andare. Primi sondaggi della Vera, poi li conduciamo a vedere i tre rifugi della feccia. Vanno benone, però in quattro si insediano nei rifugi di cucina e Giovanni se ne deve andare. Alla fine si arriva d un accordo: Giovanni può passare col suo materasso nel terzo rifugio nella cucina accanto. Prima però deve andare a prendere della paglia, mentre arrivano le granate e fischiano le pallottole.

Si corre infine in cisterna, mentre scoppiano le granate e frequenti le bombe da mortaio -qualche scheggia batte sui tetti. Si torna a letto ma si dorme male.

Alle 3:30 Giovanni chiama nuovamente due volte. Si esce, ma Giovanni è sparito. Si corre verso la casa, ma dobbiamo fermarci davanti alla porta chiusa, mentre vicino scoppia una bomba di mortaio. Finalmente Giovanni apre e chiarisce, che due tedeschi volevano del vino dolce e non avendolo trovato, volevano visitare la cantina. Però dopo che Giovanni aveva chiamato due volte, avevano detto che non occorreva più e che sarebbero tornati al mattino. Evidentemente gli scoppi, che avvenivano vicino, li avevano consigliati a tagliare la corda. Anche mentre siamo in casa, varie granate scoppiano vicinissime, tanto che appena siamo sulla porta, siamo investiti da un intenso odore di polvere. /I due tedeschi sono entrati dalla porta, lasciata aperta dal gruppo della sera. Partito insalutato, ma ad onore del vero senza rendersi colpevole di nessuna appropriazione indebita/. Si studia la situazione, poi finalmente si compie la traversata, mentre le solite scheggie salterellano sui tetti. Torniamo a letto e la Vera dice: Se sopravviveremo, sarà proprio un miracolo. Si cerca di dormire.

Alle 6 nuova chiamata a piena voce di Giovanni. La Vera si fa sulla porta /cioè sul buco/ e chiede che cosa c’è. Giovanni risponde: “Alzatevi tutti e tutti fuori dalla cantina!” e sparisce.

Ahi, ahi, ci siamo, si commenta.

I presagi sono oscuri. Ognuno pensa: ”Si salta”. Invitiamo alla calma ed a non voler precipitare la situazione prima di vedere di che cosa si tratta.

La Gioconda, che la sera prima voleva, che Ettore stesse alzato e che ogni tanto facesse un giretto intorno alla fabbrica -per sorvegliare eventuali preparativi – esplode: ”Ah, te l’avevo detto ieri sera!” e come se il letto la bruciasse, comincia a vestirsi rapidamente.

Li facciamo trattenere in cisterna ed usciamo con l’animo sospeso.

Troviamo sulla porta due soldati con una gavetta. Vediamo, che vogliono del vino. Domandiamo allora a Giovanni cosa è successo! Era tornato il soldato delle tre e mezzo e aveva detto, che tutti i civili dovevano alzarsi e rimanere chiusi in casa. In seguito aveva generosamente concesso qualche giretto intorno a casa, pur di non farsi vedere dagli apparecchi e poi se n’era andato.

Meno male! respiriamo soddisfatti la fresca aria del mattino che sorge.

La Vera corre a portare la buona notizia in cisterna, poi ci ritiriamo a fare un sonnellino.

11 aprile

Ettore è uscito dalla cisterna alle 6, la Gioconda alle 8:40, Gino e Vera, la nonna e la Maria verso le 9:40.

Si accerta che i due soldati non fanno parte del gruppo di ieri sera e che sono alloggiati insieme ad altri quattro nei nostri rifugi – locale “feccia”- La mattina si presenta relativamente calma. Gli apparecchi ci sorvolano, ma bombardano e mitragliano al di là di noi. Le granate ci fischiano sopra ma passano altre. Qualcuna, e qualche bomba di mortaio picchia ancora sul paese ed oltre il canale.

E’ una bella giornata primaverile, ma l’aria è piena di incertezze.

Si accerta, che i nostri ospiti sono sei. Qualcuno torna a chiedere vino; l’aspetto lascia bene sperare. Come al mattino, chiedono un poco di pane. Durante la mattinata comincia a sentirsi la mitragliatrice inglese.

Dopo pranzo Gino e Vera decidono di fare un pisolino e si ritirano in cisterna. Sono appena a letto e possono essere circa le 14:30, quando Guastadini dalla finestra della cantina lancia il fatidico: “Signor Gino!”

Il momento è storico!

Crediamo ad uno scherzo, perché secondo i piani prestabiliti la chiamata “Signor Gino!” doveva essere fatta solo all’arrivo dei primi inglesi.

Guastadini grida affannato, che ci sono gli inglesi e che gli ultimi cinque Tedeschi sono saliti nella casa di Giovanni in cerca di qualche finestra, dalla quale poter sparare verso il nemico!

Gino dice di stare tranquilli e di ritirarsi in casa. Noi pensiamo di attendere in cisterna. Dopo poco si sente però la Gioconda invocare con voce lagrimevole di aprire la cantina. Corriamo subito fuori dalla cisterna e mentre i Guastadini si rifugiano in cisterna, ci ripariamo a lato del blocco delle cisterne per poter assistere agli ultimi istanti della strenua difesa tedesca fino all’ultimo uomo. Di tanto in tanto si sente la mitragliatrice inglese sparare nei paraggi della villa Ginnasi, e i nostri ospiti si aggirano pieni di fifa, cercando di scoprire il nemico. Infine due corrono verso la casa di Barelli e poco dopo ne ritorna uno, evidentemente coll’ordine di ritirarsi. E’ tutto bagnato di sudore. Infatti gli ultimi tedeschi si ritirano verso i loro rifugi e caricatisi i pesanti bagagli, se la svignano lungo i fossi, fino alla casa di Barelli poi attraverso i campi.

La mitragliatrice alleata intanto continua a sparare e sembra si sposti verso il Borello, ma degli inglesi nessuna traccia. Si teme in un eventuale ritorno dei tedeschi.

Giunge la sera; mentre stiamo per andare a cena comincia ad arrivare qualche colpo tedesco. Prima si sentono arrivare verso la villa Ginnasi, poi due colpi arrivano vicini. Mentre ci spostiamo nella camera lato Faenza, nuova scarica con arrivo di una granata, quasi davanti alla casa. Ci ritiriamo nell’angolo più riparato, mentre la Gioconda si rannicchia su sé stessa. Si constata, che una scheggia ha battuto sullo spigolo della porta, poi nel muro interno ed infine nel primo scalino, rompendone un pezzo. Si pensa, che i tedeschi se ne sono andati, ma che non è ancora finita. Soprattutto si pensa, che se riusciranno a fermarsi vicino, ci faranno obiettivo di qualche “Katiuska” /I grossi e micidiali proiettili a razzo/. Si consuma in fretta la cena e ci si ritira guardinghi in cisterna. Appena siamo a letto un’intensa scarica si sente arrivare sulla fabbrica e molto vicino a noi. Dei rottami cadono fragorosamente lungo il muro della cisterna. Al mattino si accerta, che sono stati colpi di artiglieria e di bombe di mortaio: due sono arrivate sul colmo del tetto della fabbrica, proprio sopra la nostra cisterna, una contro il muro esterno in corrispondenza della cisterna N. 16, cioè della cisterna vicina a quella, in cui avevamo il rifugio, una fra il locale servizi e la cantina, una vicina all’aia, una di grosso calibro, inesplosa vicino all’ingresso lato canale. La notte passa relativamente tranquilla, per quanto col continuo timore, che qualche pattuglia tedesca possa fare una puntata verso la fabbrica, in quanto non possiamo comprendere, che i tedeschi si siano ritirati, senza aver messo qualche mina nello stabilimento.

12 aprile

Alla mattina sveglia di buon’ora. Ci sono i polacchi in paese. Corriamo sulla strada ad assistere al passaggio delle prime macchine polacche, mentre una Cicogna bassissima vola sopra. Arriva Pierino e ci porta le ultime notizie. A casa sua ci sono dieci polacchi. Gli stessi hanno fatto l’attacco di ieri, facendo prigionieri una ventina di paracadutisti, che gozzovigliavano da “Darin”, la casa del colono vicino alla villa Ginnasi, ed uccidendone un paio.

Ci racconta le peripezie della notte. I pionieri sono andati da lui verso le 18, invadendo la cantina, che volevano far saltare. Pierino “lavora da stupido” /come dice lui/: per tre ore danno da mangiare e bere ai tedeschi e contemporaneamente lui e suo fratello Vincenzo lavorano per smantellare le murature fatte mesi addietro, per impedire, che si potessero aprile le portelle delle cisterne, o che si potesse sparare contro di esse, per farne uscire il vino. Il marsala ed il vino corrono per la cantina. I tedeschi sembrano disposti a rimandare al mattino il brillamento, quando improvvisamente verso le 21 il soldato addetto alle ricezioni radiotelefoniche comunica evidentemente, che il tempo stringe. Infatti grande agitazione e brillamento di una mina, che sconquassa il tetto ed una porta. Dopo la partenza Pierino e Vincenzo nuotano in mezzo metro di marsala, per chiudere le portelle delle cisterne precedentemente aperte. Avevano poi passata la notte nel timore, che qualche tedesco tornasse e potesse trovare, che qualche cisterna conteneva ancora vino. Al pomeriggio Gino e Vera vanno da Dalpane ed assistono ai primi attacchi delle truppe polacche alla cantina Dalpane, per prelevare il marsala e cosidetto cognac. Si fanno le prime conoscenze. Conversiamo amichevolmente con un ufficiale polacco, che però ad un tratto ci chiede i documenti e poi a giustificazione di tale richiesta ci dice, che hanno notizia, che da un apparecchio tedesco sono state lanciate due spie, un uomo e una donna alti, che parlavano tedesco e la donna capiva anche il polacco /quindi a pennello per noi!/

Torniamo a casa sconcertati per la sensazione, che sarà difficile evitare i prelevamenti arbitrari delle truppe polacche.

Al mattino si è lavorato per rinforzare la parete della cucina lato Bologna, contro il pericolo di eventuali nuove granate tedesche; la Gioconda e suo marito sono molto preoccupati.

Si va a dormire ancora in cisterna.

13 aprile

Continua il movimento delle truppe alleate, che procedono però con molta cautela, in quanto si dice, che i tedeschi abbiano resistito anche sul vicino Sanguinario. Un colono che è fuggito da quella zona con bestiame assicura, che ci sono ancora tedeschi con mortai da trincea. Dalpane viene a chiedere aiuto, perché i polacchi si sono dati la voce ed insistono nei prelevamenti arbitrari.

Gino si trasferisce da Dalpane per contenere gli attacchi.

14 aprile

La situazione si aggrava sempre di più. Gino e Vera vanno in paese in cerca di qualche comando. Vicino alla posta è affisso un avviso del Commissario prefettizio, che d’ordine degli alleati commina gravi pene a chi offrirà vino ai soldati. Senso di sollievo. Forti di tale disposizione ci rechiamo dal governatore, un maggiore inglese. Abbiamo modo di farci un’idea della proverbiale freddezza anglosassone. Dietro indicazione del governatore andiamo alla ricerca della Military Police polacca, cioè della Polska Zandarmeria, che avremo maniera di conoscere a fondo.

Il movimento di truppe è notevolissimo con grande sfoggio di mezzi meccanici. Tutta la popolazione è nelle strade nonostante il fronte ancora vicino.

Finalmente riusciamo a parlare con un soldato polacco, che farebbe parte della Zandarmeria militare; il comandante è però assente. Ritorniamo nel pomeriggio; il comandante della polizia non sembra disposto a provvedere, lo sembra invece interessare il fatto, che ci sia marsala! Ma infine si decide a rilasciare una dichiarazione in polacco, ma senza nessun timbro. Mentre ci prepariamo a ritornare a casa, cominciano a sentirsi scoppi vicini. Si tratta dell’ultimo saluto delle artiglierie tedesche. I colpi arrivano sempre più vicini, tanto da costringerci a cercare riparo nei locali dove era il telefono. Risultato dell’azione alcuni feriti nella piazza vicino a San Francesco. Finalmente rientriamo percorrendo il viale della stazione, temendo che non sia ancora finita.

15 aprile

Gino si reca di buon’ora da Dalpane e forte della dichiarazione della polizia polacca conduce la sua controffensiva con maggior vigore. Come inizio, un incidente con alcuni alleati, che prende per Polacchi; uno di essi strappa la dichiarazione a Gino, che inveisce e la ricupera di colpo. Alcuni soldati inglesi che si sono da ieri installati da Dalpane coi loro riflettori -quelli che per tanti mesi abbiamo visto illuminare il cielo lungo la linea del fronte-, intervengono evitando il peggio. Gino intanto si accorge, che anziché con Polacchi l’incidente aveva luogo con neozelandesi. Ci si comincia formare un ottimo concetto anche di questi. L’azione continua con alterne vicende tutto il giorno. Fra gli attaccanti non manca qualche ufficiale, uno di essi a pagamento di una damigiana di marsala allunga mille lire. Gino risponde per le rime e restituisce il denaro. La situazione permane grave, tanto che si torna dal governatore. Questi richiama il comandante della polizia polacca e promette di consegnarci quanto prima dei manifesti stampati.

Intanto in stabilimento vengono alcuni ufficiali inglesi, che dopo un accurato sopraluogo ci comunicano, che lo stesso sarà occupato dal loro reparto il giorno successivo. Con rammarico dobbiamo ammettere, che dopo aver impedito per vari mesi che truppe tedesche si installassero nell’interno dello stabilimento, aiutati in ciò da una certa fortuna, ora che siamo finalmente liberati, dobbiamo aprire i battenti, con timore di perdere quello che abbiamo salvato.

16 aprile

Ci si alza di buon’ora. La Vera si vuole trattenere un poco a letto. Nel cortile ci sono già però molte macchine dell’officina inglese, che deve venire ad occupare la fabbrica con grande abbondanza di razze.

Dopo poco Gino va a prendere la Vera e mentre è in cisterna, gli inglesi col sistema ormai noto entrano in fabbrica. Arriva la Gioconda a dare l’allarme. Gino esce dalla tana. Segue la Vera. Davanti alla cisterna gira con fare prepotente un mongolo. Primo incidente colla Vera, che gliene dice quattro in Inglese. /sic! osserva la Vera/. Il mongolo si arrabbia e tira fuori la sua scimitarra, che agita in aria davanti alla faccia della Vera e per dare prova dei suoi buoni intendimenti comincia a tagliare una cassa vicina. La scena è osservata da un Inglese che tranquillo se ne sta in disparte. Dopo le nostre proteste l’Inglese che è un sottufficiale, fa allontanare il mongolo ed alcuni dei suoi degni compari che stavano sghignazzando davanti alla cisterna.

Comincia la occupazione della fabbrica, mentre dopo tre mesi e mezzo di soggiorno, vuotiamo la cisterna, portando tutto in casa con l’aiuto dei primi operai, che hanno già ripreso il lavoro. Mentre procede la sistemazione in casa, Gino va in paese a portare un omaggio di marsala al governatore. Torna trionfante con un manifesto dell’AMG, munito di timbri e firma da affiggere alla cantina Dalpane e allo stabilimento. Al pomeriggio nuovo viaggio in paese, e poi alla cantina Dalpane. Il manifesto non ha portato nessun miglioramento. Le truppe polacche sono evidentemente indisciplinatissime. Arrabbiatura di Gino e suo rientro in sede. Gli Inglesi ci vogliono sloggiare di casa. Si arriva ad un accordo cedendo la camera, dove si erano già sistemati i Guastadini.

Bibliografia per l’introduzione:

http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=181609

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