La torre piezometrica dell’acquedotto di Castel Bolognese, 1960-2025
di Paolo Grandi
La notizia era nell’aria da tempo: la torre piezometrica, ormai in disuso e neppure più utilizzata dai gestori di telecomunicazioni per le loro antenne, sarebbe stata demolita. Ed in questi giorni è apparso nell’area dell’acquedotto di via Ravenna il cartello di notifica dei lavori di abbattimento della torre. Lavori sicuramente delicati e di estrema precisione, vista la vicinanza di edifici civili e comunali all’area oggetto dell’intervento; resta poi la curiosità di sapere come sarà abbattuta la grande cisterna sospesa.
Ora l’occasione è buona per ripercorrere la storia del nostro acquedotto, peraltro breve perché è frutto delle ricostruzioni del dopoguerra. Infatti fino alla seconda guerra mondiale, ed in parte anche dopo, tutte le case erano munite di pozzo da dove si attingeva l’acqua per le necessità quotidiane di pulizia personale e della casa, mentre dalle fontane pubbliche la si attingeva per berla e per le attività di cucina. Si pensi che anche le case di Viale Cairoli, costruite dalla Cooperativa Insegnanti a partire dal 1958, hanno tutte il pozzo. D’altronde nel dopoguerra i castellani per bere furono costretti per molto tempo a fare la coda alla fontana della stazione ferroviaria, l’unica che assicurasse al momento garanzie di potabilità, ma che dava acqua ferruginosa!
Dalla “Relazione dell’attività svolta dall’Amministrazione 1951-1956”, pubblicazione edita in occasione delle elezioni comunali e promossa dalla giunta DC-PRI, si legge che “il problema dell’acquedotto si è dimostrato di ardua soluzione per la difficoltà di trovare acqua sufficiente e adatta allo scopo. Un primo pozzo perforato con difficoltà gravi dovute alla neccaria (necessaria? ndr) perforazione di un largo strato di roccia non ha dato il risultato sperato essendo l’acqua non potabile per l’eccessiva presenza di sali minerali. Il secondo pozzo ha dato risultati soddisfacenti per quanto concerne la potabilità. Si dovrà provvedere all’impianto di motori per il sollevamento della quantità d’acqua necessaria alla popolazione” I pozzi furono perforati proprio in via Ravenna ove poi sarebbe sorta la torre e nel vecchio campo sportivo.
In altra parte del medesimo opuscolo si legge che “Studio, progettazione e approvazione del progetto definitivo (della rete idrica ndr) è avvenuto in questi giorni (primi mesi del 1956). Importo complessivo dell’opera £. 58 milioni circa. Già perforato il pozzo per l’alimentazione dell’acquedotto, già ottenuto il finanziamento per £. 25 milioni (due lotti). Si è in attesa del relativo Decreto Ministeriale che autorizza l’appalto dei lavori.”
Un’altra pubblicazione, datata 23 ottobre 1960 ed intitolata: “L’Amministrazione Comunale di Castel Bolognese”, distribuita in occasione dell’inaugurazione di alcune opere pubbliche cittadine da parte dell’allora Ministro dei Lavori Pubblici On. Benigno Zaccagnini (Sindaco Reginaldo Dalpane), così parla dell’acquedotto: “lo studio e la progettazione della rete furono eseguite dall’ing. Morando Morandi ed il contributo per il primo lotto di £. 58 milioni richiesto nel 1951 appare giunto ed in parte già impiegato sia per la perforazione dei pozzi per la posa di oltre 2.500 metri di tubazioni, mentre risultano in quella data già appaltati altri lavori per 5 milioni di lire riguardanti il collegamento del pozzo perforato nel campo sportivo a quello di via Ravenna.”
Relativamente al secondo lotto di lavori per 15 milioni di lire e già appaltati, 8.400.000 lire sarebbero servite per la costruzione della torre piezometrica, 4.500.000 lire per la conduttura ed il residuo per l’acquisto di pompe ed i relativi allacciamenti elettrici. La torre “avrà un’altezza di m. 31 e una capacità di m3 120. La disponibilità dell’acqua si può valutare in ettolitri 2 per abitante” senz’altro sufficiente per la popolazione e le necessità di allora, ma che con lo sviluppo urbano si sono fatte via via insufficienti. L’On. Zaccagnini posò la prima pietra della nuova torre, non senza l’assenza di polemiche da parte dell’opposizione, proprio in quella giornata del 23 ottobre 1960.
I lavori di innalzamento della torre si protrassero per gli anni successivi (alcuni ricordano che terminarono solo nel 1964) e ad opera ultimata ne risultò una costruzione snella, tutta in cemento armato, a forma di fungo, con un’esile stelo che a circa un terzo dell’altezza lascava spazio a quattro pilastri rettangolari collegati tra loro e chiusi a metà ed in cima da un anello che sorregge la vasca di carico. Una scaletta in ferro, dapprima all’interno della struttura, poi appoggiata ai quattro pilastri permetteva di raggiungere la grande cisterna e poi passando con un tunnel in mezzo all’acqua in deposito, si arrivava alla cima della torre dove si poteva godere uno splendido panorama di Castel Bolognese, della sua campagna e delle sue colline, immortalato in alcune foto sia da Angelo Minarini che da Giovanni Camerini e da altri fotografi castellani. Sicuramente ne uscì una struttura snella e gradevole, certamente meno goffa di consimili torri presenti anche nelle località vicine e che da allora distingue da lontano, assieme al campanile di San Petronio e al tiburio di San Francesco, il profilo di Castel Bolognese.






















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