Giacomo Tassinari (1812-1900)

 

Ritratto di Giacomo Tassinari, eseguito da Giovanni Piancastelli (collezione privata). Immagine tratta dal libro "Giovanni Piancastelli : artista e collezionista (1845-1926)", di Samantha De Santi e Valentino Donati.

Ritratto di Giacomo Tassinari, eseguito da Giovanni Piancastelli (collezione privata). Immagine tratta dal libro “Giovanni Piancastelli : artista e collezionista (1845-1926)”, di Samantha De Santi e Valentino Donati.

Pochi ne conoscevano il nome: per i più – borghesi, artigiani e contadini – egli era semplicemente “e sgnor Jacmen dla spzareia”, una specie di mago che la sapeva lunga e che poteva, colla sua dottrina, trarre d’impaccio quanti ricorrevano a lui. Se c’era un vino stravolto e intorbidito da medicare, una muffa o una macchia persistente da togliere, una miriade di insetti fastidiosi da eliminare, un’indisposizione da guarire, si ricorreva a lui e si era certi di avere una ricetta infallibile, o quasi.
Alto di statura, grosso di membra, di aspetto austero ma simpatico, franco di modi e di lingua, lo si vedeva sempre dietro il gran banco della bella farmacia dell’Ospedale di Imola, con una tunica nera ed un berrettino di seta pure nero in testa, curvo a spedire ricette o a dare consigli ed ordini affrettati, ma precisi. Durante il pomeriggio amava tenere circolo coi capi della consorteria moderata, che avevano fatto della farmacia un campo di discussione e di maldicenza.
La farmacia, però, non era stata sempre un innocuo raduno di amministratori pubblici; nei difficili tempi delle cospirazioni patriottiche, aveva formato uno dei nuclei più formidabili, perchè meno vigilato, del patriottismo imolese.
Nato a Castel Bolognese il 7 maggio 1812 da Gabriele e da Galeati Teodora, il Tassinari aveva sortito da natura un brillante ingegno che egli piegò, con la sua tenacia, ad una attività poliedrica, scientifica e pratica. Nel 1833, poco più che ventenne, si laureò in farmacia allo Studio di Bologna, dove ebbe a Maestri lo Sgarzi e il Bertoloni. Nel 1837 fu nominato direttore della farmacia dell’Ospedale di Imola, e in tale ufficio si accattivò le generali simpatie.
Appassionato cultore delle scienze esatte e naturali, alternò la sua giornata fra i doveri dell’impiego e lo studio di quelle, tenendo copiosa e interessante corrispondenza con celebri naturalisti quali Strobel, Meneghini, Santagata, Bertoloni, Bubani, Bombicci, ecc.
Nel 1857 fu tra i fondatori del Museo di Storia Naturale di Imola, al quale donò, in unione al dott. Antonio Toschi e al Maggiore Edoardo Pirazzoli, una ricca collezione di conchiglie terrestri e di acqua dolce delle Romagne, altra di conchiglie marine ed un erbario di circa 5000 specie scientificamente classificate. Arricchì pure la collezione di uccelli donata dal dott. Giuseppe Liverani e compilò una diligentissima monografia sugli uccelli di Romagna.
Nel 1849, chiusa la Università di Bologna, fu incaricato dell’insegnamento della Chimica Botanica e Farmacia agli studenti imolesi che non potevano frequentarla e si guadagnò talmente le loro simpatie che ne ebbe poesie e iscrizioni gratulatorie. Fu ascritto a varie Accademie italiane e germaniche e fu pure, per diversi anni, insegnante straordinario di Fisica e Scienze Naturali nel Ginnasio e nelle Scuole Tecniche locali.
Partecipò alla vita amministrativa come Consigliere Comunale e membro di varie opere pie e commissioni e fu pure chiamato, nel 1872, a far parte del Consiglio Direttivo della Società Agraria di Bologna. Il merito maggiore, tuttavia, fu e resta quello che non appare dai documenti ufficiali. Il suo patriottismo fatto di fermezza, di astuzia e di sprezzo del pericolo, lo aveva reso depositario dei segreti della cospirazione imolese ed i suoi suggerimenti avevano servito ad evitarle sorprese e delusioni. La farmacia fu spesso ricetto di inquisiti politici, senza che destasse troppi sospetti nella polizia papale. Molti ricordavano come egli sottraesse, truccandolo abilmente da prete, un condannato della Sacra Consulta che portò di buon mattino al confine toscano sopra un veloce biroccino.
Certamente egli non fu estraneo alla apposizione clandestina della lapide a Felice Orsini che nel 1858 i liberali imolesi murarono proprio sulla facciata della farmacia dell’Ospedale. Interrogato dal Governatore, su quella lapide, rispose che nulla sapeva e, poichè quello insisteva sul fatto che la muratura non poteva essere avvenuta senza rumore, rispose causticamente: “Alla notte, sa, ho la pessima abitudine di dormire. E sono anche di orecchio duro”.
Era vero, ma forse egli vigilava da una finestra per sorvegliare l’arrivo eventuale della polizia.
Nel 1885, dopo quasi cinquant’anni di lavoro, fu collocato a riposo; ma, benchè vecchio, non volendo arruginire inutilmente, prese posto al banco della farmacia che suo fratello Sebastiano aveva in Castel Bolognese.
Morì a Solarolo il 5 agosto 1900 in una sua villetta detta la “Scala”, dove aveva cercato ristoro alla sua lunga e infaticabile operosità.

Romeo Galli
Articolo tratto da “Il Resto del Carlino” del 10-8-1941

https://www.castelbolognese.org/wp-content/uploads/2013/09/grotta_re_tiberio.jpg (77256 byte)

Rilievo della grotta del Re Tiberio effettuato da Giuseppe Scarabelli e Giacomo Tassinari nel 1856 (da uno dei taccuini di Scarabelli, Archivio Storico del Comune di Imola). Tassinari, assieme a Scarabelli e a Domenico Zauli Naldi, effettuò, tra il 1865 e il 1870, i primi scavi a scopo scientifico nella Grotta del Re Tiberio. Il materiale archeologico rinvenuto è ancor oggi esposto al museo Giuseppe Scarabelli di Imola con i cartellini originali e la disposizione che lo stesso Scarabelli volle dargli. Le notizie sugli scavi e l’immagine del rilievo del 1856 sono tratte dal sito: http://www.venadelgesso.it/archeo/tiberio/retiberio.htm

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *