Silvestro Camerini

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Ritratto di Silvestro Camerini, di Girolamo Domenichini, eseguito nel 1858
(Castel Bolognese, Municipio)

Forse molti non lo sanno, ma nella pianura tra Padova e Cittadella esiste un pezzo di Castel Bolognese in quella che fu la dimora del Duca Silvestro Camerini e dei suoi successori a Piazzola sul Brenta, una delle più belle e più grandi ville che il Veneto conserva.

Silvestro Camerini – gli anni del “cariolante”.

Strano destino quello di Silvestro Camerini, che si riassume tutto nel motto del suo stemma gentilizio: “Nil difficile volenti”, cioè nulla è difficile, volendolo. Un self made man si direbbe oggi, e sicuramente se gli Americani ne conoscessero la figura lo additerebbero ad esempio. Silvestro Camerini nacque il 5 ottobre 1777 da Francesco e Lucia Borghesi a Castel Bolognese nella casa denominata “Ghinotta”, poco più che un tugurio, posta sulla strada che dal fianco delle mura dei Cappuccini menava a Biancanigo, ove la famiglia si era ritirata in assoluta povertà in seguito al fallimento del padre, dovuto a poco felici investimenti finanziari.

Rimasto prematuramente orfano del padre assieme altri sei fratelli, Silvestro, ancora giovanissimo, frequenta le piazze ed i mercati della Romagna conducendo capi di bestiame per conto terzi. E proprio in questi ambienti egli fu sensibilizzato agli imponenti lavori idraulici che si andavano compiendo già da tempo nel ferrarese e nel ravennate per il recupero di terre all’agricoltura con la costruzione di canali consorziali e con il rafforzamento degli argini dei principali corsi d’acqua. Silvestro quindi lasciò la famiglia per trasferirsi nel ferrarese dove lavorò come manovale nelle opere di riparazione degli argini fluviali, poi come “carriolante” (1).

Nei primi anni del XIX secolo, Silvestro dimorò nella parrocchia di San Biagio di Vezzano, in comune di Bondeno, proprio a ridosso dei fiumi Po e Panaro di cui erano in corso le arginature e nelle vicinanze dei luoghi in cui, a partire dal 1807, sarebbe stato realizzato il cosiddetto “cavo napoleonico”, che collega il Po al Reno. Proprio in quell’anno, verso la fine del mese di luglio, Silvestro sposò con il rito civile nella casa comunale di Ospitale di Bondeno Eurosia Mantovani (2), ragazza del luogo di undici anni più giovane, nata nella Parrocchia di San Biagio di Vezzano il 6 settembre 1788 da Nicolò figlio di Girolamo e Teresa Salamoni (3). Il nome Eurosia era abbastanza comune in quella zona, in quanto la Santa è patrona di Scortichino, un’altra Parrocchia del Comune di Bondeno. Le nozze religiose furono celebrate a San Biagio di Vezzano il successivo 1 settembre (4)Il Parroco tace sullo stato della famiglia Mantovani, ma senza dubbio doveva avere origini modestissime.

Il 3 luglio 1807 Silvestro Camerini ritornò a Castel Bolognese per comunicare ufficialmente le nozze alla madre, ai sensi dell’art. 151 del codice civile napoleonico, ed al Notaio che ricevette l’atto dichiarò di essere “caporale della Commissione delle Acque” (5). Nello stato delle anime della Parrocchia si San Biagio di Vezzano del 1811 (6) i Camerini abitano in affitto; Silvestro è segnato come “bracciante” e la famiglia è composta oltre che da Eurosia, la moglie, dal figlio Giovanni, un servo proveniente dalla vicina Parrocchia di Salvatonica ed il fratello di Silvestro, Stefano (7) di 26 anni.

La fortuna di Silvestro quindi doveva ancora sorgere (8), mentre la morte aveva già bussato a quella casa. A San Biagio infatti nacquero i primi due figli della coppia: il primogenito Giovanni il 10 maggio 1808 (9) , il secondogenito Ippolito Maria il 20 marzo 1810 (10); questi però morì il successivo 13 ottobre e venne seppellito nel medesimo cimitero (11). Secondo il Lessona, una delle prime commesse dell’appaltatore Camerini fu proprio legata al fiume Panaro presso Bondeno (12).

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La “Ghinotta”, ora scomparsa, da cui trae il nome l’omonima via.
Casa natale del Duca Silvestro Camerini. 

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Atto di battesimo di Eurosia Mantovani 
(Archivio Parrocchiale di San Biagio di Vezzano in Bondeno, libro dei battezzati, vol. IV, s.n.)

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Chiesa di San Biagio in Vezzano

Silvestro Camerini – a Ferrara l’inizio e il consolidamento della fortuna.

La famiglia di Silvestro Camerini si trattenne ancora a San Biagio per qualche anno ma, comunque, dopo il 1815, si trasferì a Ferrara e probabilmente questo spostamento coincise con l’inizio della fortuna economica del futuro Duca. Ancora oggi nella zona di Bondeno si racconta la favola del “carriolante” che trovò la pentola d’oro e s’arricchì all’inverosimile. È invece più verosimile che il “carriolante” avesse iniziato a far fruttare il suo spirito d’iniziativa diventando dapprima “caporale di compagnia di giornalieri prendendo a governo molti barocci” (13) ottenendo poi appalti sempre più rilevanti nella costruzione e riparazione di arginature. Pare non fosse secondo a questi il lucroso commercio della sabbia e della ghiaia, ricavata dai fiumi nei quali si ponevano le arginature e rivendute ad altissimo prezzo (14). Probabilmente, proprio la disponibilità di queste materie prime gli permise di concorre ed ottenere l’appalto per le strade dello Stato Pontificio.

Si può certamente stabilire che nel 1818 Silvestro Camerini fosse già a Ferrara, poiché il 2 gennaio di quell’anno chiese ed ottenne dal Gonfaloniere della città il permesso di porto d’armi a difesa della sua persona (15). Ma forse già nel 1816 egli dimorava in città, in quanto nei registri del Cimitero della Certosa (16) risultano sepolte due gemelle, figlie di Silvestro Camerini ed Eurosia Mantovani, nate in quell’anno e morte dopo pochi giorni, le quali erano state battezzate Linda e Carlotta.

Il 17 dicembre 1825 Silvestro Camerini ottenne l’appalto generale delle strade nazionali di tutto lo Stato Pontificio e, per il solo Agro Romano, anche quello per le strade Provinciali e Comunali a partire dall’anno 1826 e fino a tutto l’anno 1843 (17). Quell’anno tuttavia venne funestato dalla morte improvvisa, per malattia, dell’unico figlio ancora in vita, Giovanni, di appena diciotto anni, che fu sepolto nel cimitero cittadino della Certosa (18). Eppure, la sua fortuna cresceva al di qua ed al di là del Po: così scriveva il Marchese Zappi, amministratore del condominio Bentivoglio (19) nel 1827: “Il signor Camerini è l’uomo di fortuna del giorno, gran possidente nella Stato pontificio quanto nel Regno Lombardo-Veneto, amministratore generale per le strade dello Stato pontificio, ed oggi in pieno credito” (20).

Il 17 ottobre del medesimo anno, per rogito del notaio Francesco Oltramari di Ferrara, il futuro Duca acquistò per 60.000 scudi romani il latifondo detto “Diamantina” (21) dal marchese Luigi Lomellini(22). Si tratta di una magnifica estensione di terreno con villa in agro di Vigarano Mainarda. Un altro acquisto importante risale al 3 dicembre 1830 quando il Camerini comprò Palazzo Nappi a Ferrara, in via degli Angeli (23) “e principiò a rifabbricarlo di nuovo d’un tenero marmo con architettura e disegno di Giovanni Tosi ferrarese”(24). L’anno dopo la facciata fu terminata ed il timpano venne arricchito da un bassorilievo dello scultore veneto Marco Casagrande (Treviso 1804-1880) che volle raffigurare la felicità e la fortuna. Per adornare il palazzo furono fatti venire marmi e lastre di pietra dai Colli Euganei e insorse col Comune di Ferrara una questione sul pagamento delle tasse doganali e del dazio (25). Il Palazzo, assieme alla tenuta di Diamantina, verranno donati con atto notarile del 16 maggio 1866 al nipote Giovanni, figlio di Cristoforo (26).

Andava consolidandosi il patrimonio di Silvestro Camerini che crebbe nei successivi cinquant’anni attorno a tre interconnessi rami centrali di attività: gli instancabili acquisti di terreno erano funzionali – e giuridicamente necessari – sia alla concessione di pubblici appalti sia all’ottenimento della gestione di esattorie e ricevitorie del pubblico erario. Per decenni, l’accumulo di patrimoni fondiari , al di là delle rendite ricavate e dal prestigio sociale che ne derivava, che non possiamo misurare sulle reali intenzioni di Silvestro, rappresentò il serbatoio di un vastissimo reticolo di fidejussioni che garantivano in solido il preferenziale rapporto con le pubbliche autorità. Così, quando il futuro Duca, tra il 1818 ed il 1840 acquistò i patrimoni di Stienta, in provincia di Rovigo, che fu la prima “Agenzia” traspadana del Camerini (27), era già ricettore dell’Erario per la medesima Provincia ed a loro volta quei terreni sarebbero serviti nel 1832 quale garanzia per ottenere l’assunzione dell’esattoria di Piazzola (28)(29). Contemporaneamente, ma senza mai raggiungere una palese fisionomia in questo campo, Silvestro Camerini svolse una vasta e differenziata opera finanziaria come accadeva alle annuali concessioni di credito fatte al Monte di Pietà di Rovigo per coprirne i vuoti di liquidità (30).

Tra i suoi capitali figuravano anche crediti pubblici con le Amministrazioni di alcuni Stati italiani e con alcune delle maggiori potenze europee (31), nonché i proventi ottenuti dall’assunzione di forniture militari. Gli utili ricavati furono prontamente investiti in possessi fondiari ed urbani tanto da accumulare in breve tempo migliaia di ettari, accorpando sistematicamente proprietà in diverse province venete. In particolare nel 1852 il Camerini acquisì dai Correr – Giovannelli il possedimento di Piazzola sul Brenta, già appartenuto ai Contarini. Esso comprendeva la villa, in grave stato di abbandono e destinata dal nuovo proprietario ad “immenso granaio” (32), ed un vasto latifondo di 5.000 ha, il vero oggetto di interesse del futuro Duca. Il patrimonio fondiario veniva offerto in fideiussione al governo di Vienna (33) per ottenere l’appalto delle esattorie e ricevitorie in molte città e centri minori del Veneto. Tra i suoi più grossi appalti durante il dominio austriaco figuravano le concessioni esattoriali della Ricevitori Provinciale del Polesine di Rovigo, delle Esattorie per i distretti e Comuni di Rovigo, Lendinara, Occhiobello, Massa e Crespino, delle Esattorie del Comune di Padova, Venezia e Treviso, della Ricevitoria Provinciale di Padova, dell’esercizio di controllore presso la Cassa di Finanza di Padova (34). Da queste, oltre agli utili (35), il Camerini ricavò la possibilità di un esclusivo controllo sul mercato fondiario, il che gli permetteva di intervenire tempestivamente per acquistare terre svendute alle aste da inadempienti alle tasse prediali e consorziali.

Le esattorie poi si costituirono come punto di partenza per l’apertura di crediti, a cui trovarono più facile accesso rispetto alle banche, anche molti Comuni quasi una Cassa Depositi e Prestiti ante litteram. La terra quindi come mezzo per ottenere liquidità: era questo il progetto del Camerini che investì poco nel miglioramento dei suoli e delle tecniche di produzione in quanto l’obiettivo era accumulare vaste estensioni per effettuare investimenti molto più redditizi nelle esattorie. Così l’immenso patrimonio fondiario, diretto da un’Agenzia, era condotto, a giudizio di alcuni, secondo un’ottica da “finanziere senza scrupoli” (36), attraverso l’enfiteusi, utilizzata non a caso nelle terre in via di bonifica, la conduzione diretta e gli affitti, praticati sui fondi migliori (37). Tuttavia, sui terreni in affitto il Camerini effettuava un controllo minuzioso e severissimo sull’andamento produttivo, non interessandosi tanto alla conduzione, quanto ad elevare la produzione (38) anticipando in questo il pronipote Paolo.

Anche nella natia Romagna Silvestro Camerini, pur non avendo interessi economici o finanziari amò investire nell’acquisto di terreni, in particolare nel territorio di Lugo tra San Lorenzo, Voltana e Belricetto.

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Ferrara, Palazzo Camerini-Scola (già Palazzo Nappi)

Silvestro Camerini – a Ferrara il cursus honorum e le prime beneficenze.

Alla immensa fortuna di Silvestro Camerini cominciarono ad interessarsi sia il Vescovo di Ferrara, sia quello di Imola che, al tempo, era il cardinale Giovanni Maria Mastai-Ferretti, poi papa Pio IX, che gli stessi Pontefici Leone XII e Gregorio XVI. Riferisce don Tommaso Gamberini, Arciprete di Castel Bolognese che “Essendo dunque quest’uomo straricco, e senza figli, ed avendo l’animo ben informato a Religione largiva ovunque i doni della Provvidenza in oggetto di culto, ed a sollievo de’ poveri, e la Provvidenza l’assisteva sì che sempre più arricchiva.” (39).

Tra le prime elargizioni figura un importante contributo elargito nel 1823 per il restauro della Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, distrutta da un incendio (40). Indi vengono segnalati da un documento pontificio (41) le seguenti opere a Ferrara: ampliamento e restauro del Convento dei Domenicani, oggi Uffici Comunali di Via Spadari; ampliamento e restauro della Casa delle Orfanelle di San Giovanni Battista su Corso Porta a Mare; ampliamento e restauro della chiesa di Santo Spirito e del Convento degli Osservanti in via Montebello, ampliamento e restauro della Chiesa del Gesù dei Padri Gesuiti in Via Borgo dei Leoni (Tribunale); restauro ed ampliamento della chiesa di Santa Lucia per le Terziarie Domenicane; benefici alla Chiesa dei Cappuccini dedicata a San Maurelio e posta in Corso Rossetti; contributi per il restauro della Chiesa di Sant’Antonio Vecchio in Via del Saraceno e per la chiesa del Monastero delle Clarisse, cioè la Chiesa del Corpus Domini posta in Via Pergolato, famosa per accogliere sepolcri della fa miglia d’Este, tra i quali quello di Lucrezia Borgia. Per due volte vi fu un intervento finanziario del Camerini a favore della Casa di Ricovero oggi Casa di Riposo di Ferrara, posta fra le vie Ripagrande, Piangipane e Corso Porta Reno. Si enumerano infine elargizioni ai Padri Camilliani, ministri degli infermi, di Ferrara e di Comacchio. Seppur non dirette alla città di Ferrara, sono registrati pure un contributo al Vescovo Armeno di Venezia per una chiesa da erigersi a Costantinopoli; una fondazione presso i Padri Domenicani di Venezia per il mantenimento totale di due novizi per due anni; vari benefici alle Case di Ricovero di Lendinara e di Este.

Pur non essendo un intervento in denaro, non è sottovalutare l’intervento da lui svolto in occasione delle grandi alluvioni del Reno nelle campagne di Ferrara e Bologna avvenute nel 1844 ove “accorse mettendo a disposizione tutta le sua perizia tecnica” (42)Occorse però l’elevazione al Soglio Pontificio del Vescovo di Imola Giovanni Maria Mastai-Ferretti ed un severo monito a lui diretto perché Camerini cominciasse a ricordarsi della sua terra natale: Castel Bolognese. Riferisce don Tommaso Gamberini che “avvenne finalmente nel 1846 la fausta Esaltazione al Pontificato nella Persona dell’Ecc.mo Cardinale Gian Maria Mastai-Ferretti Vescovo Nostro col Nome immortale di Pio IX, il quale nella sua grandezza non si dimenticò di Castel Bolognese, imperciocchè poche settimane dopo la sua elezione, presentatosi l’Ecc.mo Cardinale Gadolini Arcivescovo di Ferrara per licenziarsi a far ritorno alla sua Diocesi, il Papa gli disse “Date la mia Benedizione, e portate questa Croce (ed era la croce di Commendatore Cavaliere) al Sig. Camerini, ma ditegli che si ricordi di Castel Bolognese, quando no lo scavaliero” (43).

Nacque così, nel 1846 con la dote di 300 scudi la Beneficenza Camerini Artigianelli (44) a favore di poveri fanciulli, e fanciulle, che si applicassero ad un mestiere. Nel novembre di quel medesimo anno don Tommaso Gamberini si recò, unitamente alla Amministrazione Comunale di Castel Bolognese a Ferrara per ringraziarlo e fu in quella occasione che i due si conobbero di persona per la prima volta, serrando una corrispondenza di amicizia e di stima reciproca che durerà fino alla morte del Duca. Dieci anni dopo, fu il Camerini, spontaneamente, ad istituire la seconda beneficenza a favore dei malati cronici poveri. Così racconta don Gamberini: “Erano già trascorsi dieci anni che il Camerini già insignito dal S. Padre del titolo di Conte, e creato Gonfaloniere di Ferrara pagava gli annui Sc. 300 per la Beneficenza Artigianelli, quando nel 1856 spontaneamente scrisse all’Ecc.mo Baluffi esternando la sua determinazione di volere assicurare con Atto Pubblico l’annuale rendita dè 300 scudi non solo, ma in pari tempo d’instituire un’altra Beneficenza perpetua a favore dei poveri Cronici del Comune di Castel Bolognese.” (45)

Di pari passo crescevano i titoli e gli onori attribuiti dai Pontefici al generoso benefattore: l’11 giugno 1843 papa Gregorio XVI lo insignì Cavaliere dell’ordine di San Gregorio Magno (46); il 2 marzo 1846 il medesimo Papa gli conferì il titolo Cavaliere anche dell’Ordine di San Silvestro Papa (47); il 3 luglio 1846, ricevette il Breve di Pio IX che lo nominò Cavaliere e Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno (48) ed infine il 9 febbraio 1855 Pio IX emanò un secondo Breve ove ottenne il titolo di Conte (49). Silvestro Camerini fu Gonfaloniere di Ferrara dal dicembre 1854 al luglio 1857 e “benemerito cittadino Ferrarese” (50).

Proprio nel 1857, in occasione della visita in Romagna di papa Pio IX, il Conte Silvestro Camerini incontrò il Pontefice a Castel Bolognese. Il Papa, proveniente da Fognano varcò il Senio nelle prime ore del pomeriggio di sabato 6 giugno 1857, vigilia della Solennità della Santissima Trinità Una curiosa coincidenza avveniva in quella giornata: sabato 6 giugno 1846, sempre vigilia della SS.ma Trinità, all’incirca alla stessa ora, il Cardinale Mastai Ferretti, allora Vescovo di Imola, diretto a Roma per il conclave dal quale uscì eletto Papa, passò per Castel Bolognese, fermandosi dalle Monache Domenicane. Ben tre archi di trionfo erano stati innalzati per l’occasione dalla Comunità: uno alla porta del Molino, il secondo alla porta del Mercato, il terzo all’ingresso del Monastero delle Domenicane; un quarto a spese dei Comuni del Mandamento fu approntato all’inizio del Borgo San Carlo nei pressi della chiesa di San Sebastiano ed esponeva, assieme alle insegne gentilizie del Pontefice, gli stemmi comunali di Castel Bolognese, Riolo, Solarolo e Bagnara (51).

Don Tommaso Gamberini racconta che, saputo che il Camerini si trovava a Imola, accompagnato dalla Consorte, in attesa del passaggio del Pontefice, “fui sollecito di portarmi in Imola col Magistrato a pregarlo di venire a Castel Bolognese, ove il Santo Padre si doveva fermare, e diffatti la sera stessa dei 5 Giugno venne con noi, e fù ospitato in Casa di questo Sig. Marchese Zacchia Rondinini usandogli tutti i dovuti riguardi, e qui si trattenne tutto il giorno 6 girando pel Paese colle ovazioni di tutta la popolazione, ed il dopo pranzo all’arrivo del Papa, che si fermò alle Monache Domenicane, fù presentato dall’Ecc.mo Baluffi, e venne accolto con tutta onorevolezza dal S. Padre ed introdotto nel Monastero con Lui” (52).

Pio IX, giunto sotto l’arco innalzato di fronte al Monastero delle Domenicane, “imitato dal suo seguito, discese dalla carrozza ed il Sindaco gli offrì le chiavi della città; quindi, preceduto dal Clero, attorniato dalle Autorità e da altri illustri personaggi, tra i quali il Marchese Camillo Zacchia-Rondinini, vestito dell’abito di Cameriere Secreto, e dal Duca Silvestro Camerini accompagnato dalla moglie Eurosia, si recò processionalmente a piedi fino alla chiesa del Monastero” (53) per ritirarsi in preghiera. Successivamente, concesse alle Monache l’indulgenza plenaria perpetua nel giorno 6 di giugno, e dopo aver ricevuto nell’ingresso l’omaggio degli ordini regolari e secolari del Vicariato, oltre a quello di tutti i Sindaci dei comuni del Mandamento; uscì acclamato dal popolo, salì sul palco approntato sul fianco sinistro del Monastero e da qui ammise al bacio della pantofola tutto il clero, il Sindaco di Castel Bolognese Giacomo Biancini ed altre persone; chiamatovi il Duca Camerini, gli donò un prezioso cofanetto contenente le Reliquie di San Silvestro e Santa Eurosia (54). Infine il Pontefice impartì la Benedizione Apostolica a tutti i presenti e al termine della cerimonia, verso sera, risalì in carrozza diretto ad Imola. Il Conte Camerini e la moglie, invece, partirono un poco più tardi sempre diretti ad Imola, ospiti del Vescovo Baluffi, ma prima di lasciare Castel Bolognese all’Arciprete Gamberini “lasciò trenta marenghi ossia Sc. 111.60 per i Poveri, che io erogai nel fare restituire gratis tutti i pegni del monte dai 20 ai 30 baj. l’uno, ed il rimanente lo distribuii ai poveri delle Parrocchie di questo Comune.” (55)

Silvestro Camerini – il trasferimento a Padova.

Forse perché ormai i suoi maggiori interessi finanziari erano proiettati nel Veneto austro-ungarico, oppure perché vedeva sgretolarsi lo Stato Pontificio di cui era fedele suddito, a partire dal 1859 Silvestro Camerini cessò di dimorare in Ferrara portandosi nel Veneto (56). Dopo il 1861 si trasferì a Padova, pur mantenendo la cittadinanza Pontificia, anzi ormai italiana, e la residenza in Ferrara (57).

Nella città del Santo dimorò nel Palazzo Bembo-Camerini, posto in Via San Gaetano, 4 oggi Via Altinate, che aveva acquistato nel 1847. Si tratta di un palazzo storico, tra i più antichi di Padova, costruito nel XV secolo e ristrutturato tra il 1527 ed il 1547 dal cardinale Pietro Bembo ed infine rimaneggiato nel XIX secolo dal Duca che, per allinearlo alla prospettiva della strada, gli rifece la facciata avanzandola sopra un elegante portico. In effetti la costruzione risale al 1400, allorché nacque come “Casa Bon Romeo”, e nel 1512 fu proprietà di Bernardo Fortebraccio, condottiero della Serenissima. Il Bembo si interessò a questo palazzo fin dal 1522 e riuscì a comperarlo nel 1527 facendolo diventare centro di cultura e ritrovo dei migliori ingegni padovani.

Tra i suoi ospiti si annovera Benvenuto Cellini oltre a molti intellettuali e uomini di lettere suoi contemporanei (58). Morto il Bembo nel 1547, il palazzo passò come dote alla figlia, la quale sposò un Grandenigo. Sempre per via di successione, nel 1815 furono proprietari i Farsetti fino al 1847 quando appunto venne acquistato dal duca Silvestro Camerini (59). Palazzo Bembo-Camerini è conosciuto anche all’estero: si racconta che nel 1750 Charles Cochin, incisore prediletto di Luigi XV e precettore di Francesco de Poisson, fratello di madame Pompadour, dopo aver visitato Padova, lo citò nelle sue memorie con viva ammirazione (60). Paolo Camerini, nel suo testamento, lo donò alla Stato Italiano purché in esso venisse ospitato un comando militare.

Dagli inizi del ‘900 quindi il palazzo è stato sede della Terza Armata dell’Esercito, mentre a partire dal 1972 è sede del Comando dell’Artiglieria Contraerea dell’Esercito (61), e custodisce l’interessantissimo Museo della Terza Armata, ricco di documentazione fotografica e di reperti e cimeli della Prima Guerra Mondiale, con specifico riferimento al settore di responsabilità della Terza Armata: il Carso e il basso Piave. Il Museo si costituì nel 1956 grazie all’offerta di una collezione di documenti, reperti e cimeli, provenienti dal patrimonio del segretario personale in guerra del duca D’Aosta; il generale Nino Villasanta (62).

Nel 1858 Silvestro Camerini acquistò dall’Impero Asburgico l’isola nel delta del Po che diventerà “Polesine Camerini” (63); essa era quasi completamente incolta e molta parte era ancora paludosa. Il Duca costruì l’attuale casa padronale e gli edifici che formano la corte; a questa data, solo una piccola parte di terra attorno alla casa era asciutta e coltivata. I suoi agenti, poi cominciarono ad assumere lavoratori che venivano da fuori e, man mano che il terreno veniva messo a coltivazione, le famiglie dei braccianti si stabilirono nell’isola dando inizio all’attuale centro abitato: però, le abitazioni consistevano in capanne fatte di canne e fango.

Silvestro Camerini – le ultime beneficenze a Padova.

Durante il soggiorno padovano il Duca non cessò la sua attivit benefica. Tra i più impegnativi interventi, vi fu il restauro a sue spese della chiesa di Santa Sofia in Padova, chiusa da cinque anni. Si tratta di una delle più antiche chiese cittadine, che chiude la Via Altinate. Dell’intervento rimane una lapide a ricordo. Il restauro finanziato dal Camerini, assieme a quello avvenuto negli anni 1951-1958, rimosse gran parte dell’apparato decorativo e tutte le aggiunte barocche, compresi gli altari.

Un altro intervento benefico, avvenuto in circostanze assai particolari, riguarda la costruzione della chiesa di San Giuseppe delle Suore Terziarie Francescane Elisabettine di Padova (64). Conviene tuttavia sentire l’accaduto dalla testimonianza della protagonista, suor Placida De Rocco, terza superiora generale delle Benedettine (65), all’epoca segretaria della Congregazione.

“Nella sontuosa sala del piano nobile di Palazzo Bembo, suor Placida De Rocco non si sente minimamente a disagio. Entrata in convento a trent’anni, ha conosciuto a Venezia, sua città, altri palazzi e altri signori. Guarda i ritratti dipinti da mano pregevole senza alcuna meraviglia, compiacendosi che tra essi vi sia quello del glorioso antenato del conte Silvestro, il beato Francesco Saverio Camerini, eroico missionario morto in Cina. Che il conte sia religiosissimo tutti lo sanno, e già si parla, in quell’anno del Signore 1865, della sua probabile nomina a Duca pontificio; ma non tutti sanno che proprio una disgrazia crudele, la morte dell’unico figlio ancora adolescente, è stata la forza maggiore che lo spinse a tramutare in opere buone la sua favolosa ricchezza. Mentre sta pensando, ecco il gran vecchio in persona: dalla porta dello studio la invita ad entrare. Nonostante i suoi ottantotto anni, il volto ha tutta la fierezza di quel ritratto che nella sala lo presenta sessantenne, ammantato dalla divisa di Gonfaloniere di Ferrara: ampia la fronte prominente e lo sguardo da dominatore.
La suora espone il motivo della visita: è venuta a chiedere un’offerta per la cappella interna delle Elisabettine, bisognosa di restauro e di un allargamento per contenere la comunità in continua crescita. II conte non fa commento. Da un cassetto estrae cinquanta lire e gliele porge, scrutando sotto le sue cespugliose sopracciglie la reazione della suora. Avvezza alle estrosità dei signori, madre Placida non lascia apparire alcun segno di sorpresa per la modesta cifra in rapporto all’immensa ricchezza di chi le sta di fronte; anzi, ringrazia con la sua abituale compostezza dei lineamenti, improntati al sorriso; e si accomiata con l’augurio della protezione divina. Cinquanta lire! Sia lei che la madre Generale se ne aspettavano a dir poco almeno mille come spinta ad iniziare i lavori.
Suor Placida non si spaventa. Oltre ad aver stima, per l’uomo Silvestro Camerini ha pure simpatia. Come non sentire il fascino di chi ha l’orgoglio del suo umile avvio alla ricchezza ed ostenta a tavola artistiche saliere a forma di carriola? Forse quella giornataccia di un marzo ancora invernale può avere influito sull’umore del vecchio, perseguitato da continue richieste provenienti non solo dal Veneto… E poi, perchè quello sguardo scrutatore? Pensa e ripensa, ecco balenarle un’idea: far cadere il conte in un tranello innocuo. “Benedetta te! Magari ci cadesse! è una volpe…” “Eppure io ho un buon motivo ancora per sperare nel suo aiuto. ” “E quale? ” “A Venezia ho sentito raccontare un episodio della sua dura vita di carriolante. Un giorno si è trovato senza soldi per pagare il pasto e sperava che gli fosse fatto credito. Il padrone della trattoria, invece, gli rispose in malo modo. Un signore di passaggio, chiesto il motivo del diverbio, buttò sul banco una “genova” perchè fosse pagato quel pasto, lasciando tutto il resto della grossa moneta d’oro al Camerini. Dopo tanti anni quel signore vendeva all’asta la sua villa per fallimento. Il conte Silvestro, appena lo sa, corre, batte l’asta, compra la villa a prezzo maggiorato e la dona al benefattore, che più non si ricordava di lui.” Alla madre Generale brillano gli occhi: “Da un uomo così, si può ancora sperare!”
Forte di quel commento, dopo un paio di settimane Suor Placida torna a Palazzo Bembo. Al conte non domanda alcun aiuto economico, ma soltanto il suo parere, ben sapendo quanto sia esperto di edilizia. Il vecchio, facendosi anche questa volta cipiglioso, risponde secco: “Verrò a vedere in loco.” La suora ringrazia con un angelico sorriso ed invocando le più ampie benedizioni dal cielo. Con il
landau tiro a quattro per divertirsi ad impressionare quelle brave seguaci della intrepida Elisabetta Vendramini, il maggior ricco del Veneto giunge il giorno dopo nel primo pomeriggio: vuole tutto esaminare alla miglior luce del sole di aprile. Per più di mezz’ora osserva senza proferire parola. Il suo silenzio fa diminuire le speranze della madre Generale, non della segretaria. Terminata l’ispezione, subitamente si fa scuro in viso, e guardando soltanto suor Placida attacca una filippica sconcertante: “Ma come, proprio voi, religiose quali siete, tenete per il culto del Signore una cappella così misera! Non è così che si onora il Padrone dei padroni!” La suora gli da ampia ragione spiegando che tutto ciò dipende da difficoltà economiche. Allora il volto di Silvestro lascia cadere la maschera, e mentre un sorriso furbesco sfiora rapido le labbra, prorompe: “Cosa direste se io, a totale mia spesa, facessi erigere non una cappella ma una chiesa artistica con l’ingresso principale in contrada degli Sbirri?” Allargano le braccia esultanti le due consorelle, vivamente desiderose di far fruire anche i laici di quelle sacre mura. Ma lui non permette loro di esprimere a voce il giubilo perchè subito aggiunge con lo sguardo fiero del gonfaloniere: “Ma ad una sola condizione: che mi lasciate edificarla a mio completo piacimento!” “Certamente!” “Anche se vi faccio il matroneo?” “Idea splendida!” “Anche se vi metto due campanili come due sentinelle?” “Sarà una chiesa ancora più bella!”
Nell’androne, prima di salire in carrozza, il conte guarda suor Placida e le dice sorridendo: “Hai giocato molto bene, ma l’ultimo a vincere sono stato io!” E fu di parola.

Nella facciata della chiesa, in alto tra i due campanili, si può leggere la seguente lapide:

D.O.M.
IN HON.
S. JOSEPH SPONSI IMMAC.VIRG.
CO. SILVESTER CAMERINI
A FUNDAM. EREXIT
AN. R. S. MDCCCLXVI ÆT. SVÆ XC
PIO PP. IX F. R.  

A Dio Ottimo Massimo
In onore
di San Giuseppe sposo della Vergine Immacolata
il Conte Silvestro Camerini
eresse dalle fondamenta (questa chiesa)
nell’anno del Signore 1866 alla sua età di 90 anni
sotto il Pontificato di Pio IX felicemente regnante

Altra importante istituzione benefica a Padova fu la creazione del Collegio per i discoli (1865), poi confluito nel 1869 nell’Istituto “Opera Pia Camerini Rossi” che si occupava di assistenza, educazione e ospitalità a orfani, giovani e persone in disagio sociale. Dalla primitiva sede di Piazza Castello, oggi l’Istituto Camerini Rossi si trova in Via Beato Pellegrino 155 e fa parte dal 1985, assieme ad altre Opere Pie accorpate, della Fondazione I.R.P.E.A. Istituti Riuniti Padovani di Educazione e Assistenza (66) e si occupa di formazione professionale. Da segnalare che tra il 1923 ed il 1933 il Vescovo di Padova mons. Elia Dalla Costa affidava la direzione dell’Istituto Camerini-Rossi alla Congregazione di Don Orione (67).

Il Duca Camerini inoltre partecipò alla co-fondazione della nuova Parrocchia dell’Arcella di Sant’Antonio sempre in Padova (68), nel cui cimitero volle in seguito essere sepolto. Infine, presso le Suore Dorotee venne fondata (1890) una sezione scolastica elementare col capitale di 20.870 lire lasciato per testamento dal Duca (69).

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Padova, facciata della chiesa di San Giuseppe

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Padova, facciata della chiesa di San Giuseppe, lapide a ricordo di Silvestro Camerini

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Padova, Istituto Camerini-Rossi

Silvestro Camerini – il titolo di Duca, la beneficenza ai parenti poveri e la sofferta istituzione dell’erede.

Il 19 marzo 1866 giunse a Padova il Breve di Pio IX che nominava Silvestro Camerini Duca. Ma la gioia durò ben poco, in quanto nel successivo mese di maggio l’adorata moglie Eurosia morì e il lutto venne turbato dalla richiesta di metà del patrimonio pretesa dai parenti della consorte defunta che citarono il Duca in Tribunale, forti del fatto che il matrimonio, concluso sotto la vigenza del Codice Civile Napoleonico, prevedeva la comunione dei beni fra i coniugi, salvo patto contrario che all’epoca non vi fu. Rimane sconosciuto l’esito della causa che il Duca affrontò con la solita determinazione ed il piglio di sempre, nonostante l’età, così come mostrano le carte d’archivio (70).

Vecchio e solo, costretto a letto da marzo di quell’anno, volle dar corso ad una sua vecchia idea, cioè quella di beneficiare i suoi parenti poveri, di parte paterna (Camerini) e materna (Borghesi). L’idea gli era balenata già qualche anno addietro, precisamente durante un soggiorno a Padova dell’Arciprete Tommaso Gamberini nel giugno del 1864, come lui stesso riferisce (71). Per tal motivo l’Arciprete gli fece avere un abbozzo di albero genealogico delle due famiglie e, successivamente, sempre nel marzo del 1866 lo raggiunse di nuovo a Padova appalesandogli le difficoltà che si sarebbero incontrate nella distribuzione di questa beneficenza in mancanza di regole severe. Rimasto alquanto turbato dalle osservazioni del sacerdote, del quale aveva profonda stima, il Duca lo congedò con un nulla di fatto.

In seguito alla morte della moglie ed all’aggravarsi delle sue condizioni di salute, Silvestro Camerini si determinò a donare l’intera possidenza ferrarese al nipote Giovanni, figlio di Cristoforo, cosa che avvenne con rogito del notaio padovano Luigi Rasi del 16 maggio 1866 gravandolo sia dell’obbligo di residenza nel palazzo di Via degli Angeli, sia istituendo il Legato di scudi 2.000 a favore dei suoi Parenti Poveri. Solo il 22 agosto, a causa della terza guerra d’indipendenza, don Tommaso Gamberini riuscì a raggiungere il Duca a Padova, ove si trattenne fino al giorno 25, esternandogli le sue perplessità per la maniera vaga in cui l’istituzione era stata fatta e pregandolo di fare una dichiarazione autenticata che contenesse norme più precise, ma il vecchio Camerini fu irremovibile e liquidò il sacerdote con queste poche parole: “voi conoscete la mia volontà, e perciò stà alla vostra coscienza il fare ciò che dovete” (72) concludendo: “ho impazzito io finora, impazzite mo’ un poco anche voi” (73).

Don Tommaso Gamberini, però, riuscì in una impresa che gli era parsa fino ad allora impossibile: convincere il Duca ad istituire erede universale il nipote Luigi, revocando i precedenti testamenti. Egli riferisce infatti che “il Sig. Duca Camerini già da molti anni aveva fatto il suo ultimo Testamento lasciando Erede universale di tutti li suoi Beni la Propaganda Fidei, mosso da questo riflesso che essendo la ricchezza dono di Dio, e non avendo egli eredi necessarii giusto era che a Dio le ridonasse” (74).

Dei tre nipoti, due figli di Cristoforo ed uno figlio di Paolo, Giovanni era ammogliato con figli, mentre Francesco benché ammogliato, era senza figli e si trovava al momento sull’orlo della separazione ed entrambi inoltre erano già ricchi. Il figlio di Paolo, Luigi (Argenta 1819 – Padova 1885), invece, era celibe, ma aveva “mal corrisposto alle cure dello Zio” (75), colpevole di aver partecipato ai moti risorgimentali del 1848 e non era ricco, contando un capitale di circa ventimila scudi; le relazioni tra i due erano interrotte da anni. Luigi dunque, tramite alcune persone vicine allo zio, aveva cercato da circa un anno di riannodare i rapporti ed il Duca gli aveva concesso di fargli visita una volta al mese ma questo era ancora poca cosa. Luigi “desiderava riacquistare la grazia dello Zio, ed averne almeno, come diceva, una pubblica dimostrazione con qualche Legato.” (76)

Nel marzo del 1866, saputo dunque che don Tommaso Gamberini era a Padova lo interessò affinché intercedesse presso lo zio in suo favore, cosa che il sacerdote fece e che fruttò un insperato successo: nel maggio del 1866, dopo la morte della zia Eurosia, Luigi fu accolto stabilmente in casa del Duca, ricevendo in dono il palazzo padovano e molte migliaia di scudi in rendite dell’Impero Austro-Ungarico. Ritornato a Padova in agosto, il sacerdote fu così accolto:

“eccoti tutti gli Inservienti raccomandarsi perché inducessi, e persuadessi il Sig. Duca a far Testamento a suo favore, e provvedere ad essi, eccoti il Nipote Luigi, che non contento del legato di Donazione insta, e mi prega a porre uffizj presso il Zio affinché faccia Testamento a suo favore; ed io per giovare ai primi, e sul riflesso che la Venezia già era divenuta italiana allora, e perciò era facile annullare il testamento a favore di Propaganda anche per certi diritti, che poteva allarmare il nipote Luigi, come erede ab intestato del padre proprio (Paolo) morto indiviso col Fratello Silvestro, ed anche per mostrare col fatto non essere vero che sempre i Preti fanno testare per la loro causa, per tutte queste ragioni io mi accinsi all’opera trattenendomi tre giorni in Padova, nella quale occasione celebrava ogni mattina la S. Messa nella Camera stessa del Sig. Duca infermo, e giacente in letto dietro privilegio Pontificio, ch’Egli aveva ottenuto” (77).

Da principio il vecchio Duca si mostrò contrario ed inflessibile sulla necessità di conservare il testamento a favore di Propaganda Fide ma Don Gamberini, non senza un poco di malizia, sicuramente bene spesa, gli fece notare che la legislazione italiana, impostata ad un malcelato anticlericalismo, aveva fatto della confisca dei beni ecclesiastici uno strumento politico per ottenere a poco prezzo immobili e liquidità a favore del nuovo Stato da poco costituito, per cui probabilmente lo stato Italiano, di cui Padova ormai faceva parte, avrebbe potuto opporre una confisca ad una così cospicua eredità in favore di un Ente Ecclesiastico, peraltro posto ormai in uno Stato estero (Roma infatti era sotto il residuo Stato Pontificio che ormai comprendeva il solo Lazio).

L’accorto sacerdote gli suggerì invece di fare un generoso legato annuo Propaganda Fide e così, pian piano, indusse finalmente il vecchio Duca a fare il nuovo testamento istituendo erede il nipote Luigi con la promessa che si sarebbe sposato. Ma la missione di don Gamberini non era ancora conclusa: prima di lasciare il palazzo, ringraziando il padrone di casa per la sua benevolenza e l’interessamento da sempre profuso per le beneficenze di Castel Bolognese, gli lanciò una provocazione:

“Perdoni, Sig. Duca, se io le sono importuno pregandolo ad aumentare almeno di Sc. 300 annui la rendita di Sc. 700 per i poveri Cronici, chè certo la carità sarebbe più fiorita” al che Egli “Nò, disse, Castelbolognese ha avuto abbastanza” “Ebbene perdoni; la mia parola sia come non detta” terminai io, che conosceva il suo carattere. Così pure rispose negativamente alla mia raccomandazione, che facesse un piccolo legato annuo di Sc. 50 almeno ad tempus al piccolo ragazzo Domenico delli q. Lorenzo Deggiovanni, e Camerini Maddalena, ambedue di lui attinenti in parentela, e per servizio in qualità di Castaldi morti pochi anni prima in Diamantina.” (78)

Due settimane dopo il postino recapitò in Canonica a Castel Bolognese una lettera da Padova nella quale si riferiva che il Duca Silvestro Camerini aveva fatto testamento il 7 settembre 1866 a rogito del Notaio padovano Agostino Meneghini istituendo erede il nipote Luigi, raddoppiando le rendite dei benefici di Castel Bolognese, istituendone un altro di 550 scudi annui in perpetuo da dispensare ai poveri, legando in perpetuo 300 scudi annui a Domenico De Giovanni e ben ventimila all’anno (sarebbero circa 500.000 Euro di oggi) in favore di Propaganda Fide.

Le rendite annue dei legati a favore di Castel Bolognese e quello al De Giovanni erano determinate sul canone annuo enfiteutico delle tenute di Belricetto e Bagnara, come recita la particola del Testamento: “Dei romani scudi 3000 che dai fratelli Camerini Pasquale e Domenico di Belricetto sono in diritto di percepire annualmente a titolo di Livello perpetuo ordino, e voglio che Sc. 1000 siano passati annualmente in perpetuo all’Istituto pei Cronici, ed Artieri da me fondato nella mia Patria di Castelbolognese come già vivente aveva commesso à miei debitori utilisti di fare” (79).

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Stemma di Castel Bolognese all’interno del Palazzo Bembo-Camerini

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Due delle pi� che cinquanta lapidi in Romagna, Emilia e Veneto in memoria del Duca Camerini (Castel Bolognese, loggiato del Municipio).

Silvestro Camerini – la morte e le solenni esequie.

La morte lo colse ottantanovenne il 4 dicembre 1866 nel palazzo di via San Gaetano e fu sepolto nella chiesa di Sant’Antonino a fianco dell’Arcella, dopo solenni funerali. A Piazzola sul Brenta, in un tempietto rotondo posto a fianco della villa, il nipote gli eresse un monumento opera dello scultore Giovanni Dupré che fu anche biografo del Duca. Giova a questo punto riportare quanto ebbe a scrivere uno sprovveduto giornalista su una modesta pubblicazione milanese, Museo di famiglia del 30 dicembre 1866, a pochi giorni dalla morte del Camerini, aderendo a quanto scritto da Pietro Costa (80): la malignità e l’incomprensione operano in chi non riesce a concepire quanto l’intelligente operosità, favorita da particolari situazioni, possa far arrivare in alto nei meriti e nella scala sociale.

“Morte di un milionario – Il signor Silvestro Camerini, non so quante volte cavaliere e ciambellano dell’Imperatore d’Austria, ha cessato di vivere a Padova in questi giorni lasciando la tenue sostanza di 42 milioni di franchi, 24 dei quali ad un nipote quì dimorante, le cui condizioni economiche lasciavano alquanto a desiderare e 18 in vari legati. In questi ultimi, egli non ha dimenticato quasi nessuno dei campanili delle province limitrofe; le male lingue dicono che il testamento sia concepito in modo da fare il gambetto alla legge sul patrimonio ecclesiastico. A tutti i suoi impiegati, che devono sommare a più centinaia, accordò la paga in perpetuo, lasciandola loro capitalizzata. A due donne che dovettero nutrirlo delle loro poppe durante gli ultimi mesi della sua malattia, lasciò una pensione ed una casa. Sono bellissimi atti, che devono essere lodati da qualunque parte vengano. I burloni aggiungono che finalmente fra le tante belle cose, il ciambellano austriaco fece quella di protrarre di due mesi la sua morte, senza di che il milione e 500.000 franchi cui ammonta la tassa ereditaria da pagarsi al nostro governo sarebbe caduta nelle due fauci ingorde dell’aquila austriaca. Pace all’anima sua. Silvestro Camerini aveva 92 anni, sapeva appena scrivere il suo nome e 50 anni or sono fu uno dei manuali che fecero la prima strada postale da Rovigo a Polesella. Guadagnava una lira veneta al giorno, pari a 50 centesimi italiani. Misteri della vita!”.

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Il monumento a Silvestro Camerini, opera di Giovanni Duprè.

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La targa di Viale Silvestro Camerini (foto a sinistra), che conduce a Villa Contarini, e stemma della famiglia Camerini (immagine a destra).

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Tomba monumentale nel cimitero dell’Arcella

Silvestro Camerini – l’uomo

Spunta dalla biografia il non comune profilo di quest’uomo che qualcuno definì in versi “talor ritroso alla scienza spazio più vasto gli offeria l’istinto” (81); il futuro Duca era analfabeta e, tale, per lo più rimase per il resto della sua vita. Nell’archivio di famiglia non vi sono epistolari e carte private, ma solo documenti d’affari e notarili, contratti, diffide, processi. Certamente egli era uomo delle cose, non delle parole; ma sotto la sua figura, epitome dell’homo oeconomicus, scorreva comunque il fiume del secolo nuovo, che voleva libero mercato della terra e spazio alle iniziative individuali. Grande accentratore, temibile ed irritabile, governava una macchina potente, e con i potenti trattava: avvocati, notai e procuratori erano la sua corte, oltre ad una schiera di agenti e factotum tra cui i fratelli Cristoforo (Castel Bolognese 1784 – Rovigo 1858), capostipite del ramo rodigino della famiglia e padre di Giovanni Battista (Rovigo 1837 – 1919), futuro Conte e Senatore del Regno d’Italia e Paolo Francesco (Castel Bolognese 1776 – Ferrara 1821) padre dell’erede Luigi.

Dai suoi detrattori fu definito a fosche tinte quale un “ricco magno” austriacante e bigotto occupato a far denaro, un uomo che compra, vende e arraffa, quindi, con furia e apparentemente senza disegno, se non un moto di terrore controriformistico, dona terre, denari, fabbricati a suore, poverelli, discoli, servi fedeli, cenobiti e gesuiti.

Uno spunto polemico del suo soggiorno padovano ispirò le pungenti espressioni di Carlo Leoni che, commentando la riapertura della chiesa di Santa Sofia, restaurata a spese del Duca, lo definì: “gretto e sfondato riccone che dal saccheggio finanziario dell’Austria, soprattutto dopo il 1848, ebbe lucri inonesti e smisurati essendo ricettatore generale” (82).

L’altra faccia del colosso dell’economia è purtroppo segnata dal dolore della prematura scomparsa di tutti i figli, sopportato con cristiana rassegnazione e che mosse il Camerini filantropo, quel figlio di poveri che aveva conosciuto la miseria e confidava nel suo affrancamento. Fondò istituzioni benefiche non solo a Castel Bolognese, ma anche a Ferrara, Rovigo, Padova, Vicenza, Venezia, Este, Chioggia; così pure non lesinò denaro ai parenti poveri di Castel Bolognese aiutandoli sia quando era ancora in vita, sia con lasciti testamentari. A Castel Bolognese il Camerini fu co-fondatore dell’Ospedale Civile, istitutore della Fondazione del Ricovero per i Cronici, oggi Casa di Riposo Camerini, dell’Asilo per l’infanzia oggi Scuola Materna Camerini, di Borse di Studio dette Beneficenza Artigianelli, promosse il restauro della chiesa di San Petronio, elargì sussidi ai carcerati ed ai perseguitati politici.

Nel 1856, per compiacere l’arciprete di Castel Bolognese Tommaso Gamberini e lo spesso Papa, che lo aveva già insignito del titolo di Conte, istituì “l’Opera Pia per i poveri invalidi del Comune di Castel Bolognese”, affidata alla giurisdizione del Vescovo di Imola e garantita dalle rendite di terre possedute nel Lughese.

Silvestro Camerini non fu politicamente legato all’Austria, che anzi vide in lui un filo-papalino ed un settario amico dei carbonari (83); pur tuttavia egli non disdegnò di sostenere una delle più limpide figure dell’antitemporalismo religioso padovano, il preposto di Santa Sofia Tommaso De Marchi, “anima e mente del clero liberale” (84).Eppure nemmeno può dirsi il Camerini amante dei moti carbonari: come si è visto, solo nel 1865, appena un anno prima della morte, egli aveva ricostituito il rapporto col nipote Luigi, interrotto in seguito alla partecipazione del giovane ai moti risorgimentali del 1848.

La singolarità del personaggio residua ancor oggi in un detto padovano: “An gho minga la bursa del Camerini!” per indicare l’impossibilità di fare un acquisto per mancanza di denaro.

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Padova, facciata della chiesa di Santa Sofia

Silvestro Camerini era Ebreo?

In tutto il Veneto, che ancora poco conosce sull’origine di Silvestro Camerini, è convinzione diffusa che egli fosse di famiglia ebraica. Non c’è dubbio che vi sia più di un indizio a favore di questa tesi: il cognome, innanzitutto, che potrebbe provenire da un toponimo marchigiano (Camerino, Camerano ed altri) come spesso succedeva per i cognomi ebraici e la facilità nell’uso del denaro e negli investimenti, attività tipica degli ebrei.

La presente ricerca, legata a quella che ricostruisce le vicende della famiglia dal XVI secolo ad oggi, viene a fugare qualsiasi dubbio. Tuttavia, un fondo di verità c’è. Consultando il primo censimento eseguito sotto il Regno d’Italia a Padova nel 1869, si trovano vari nuclei familiari portanti il medesimo cognome “Camerini”. Alcuni di questi appartengono a familiari o parenti del Duca: vi si trova la famiglia del nipote Luigi e quella della nipote Linda figlia di Cristoforo. Indi si trova una Camerini Adelaide di Marco abitante nel quartiere di Santa Giustina, lavandaia, proveniente da Ancona, che nulla ha a che fare con la famiglia del Duca (85). Con sorpresa, infine, si ritrovano: Camerini Benedetta di Abramo, Camerini Regina da Trieste, Camerini Betti, tutti nuclei famigliari residenti nella Comunità Israelitica Patavina (86), cioè famiglie ebraiche. La presenza quindi di più ceppi Camerini, di cui alcuni d’origine ebraica giustificherebbe questa teoria, peraltro molto diffusa in Padova.

La villa Contarini – Camerini.

La rettilinea strada che da Padova conduce a Piazzola, diventa nell’ultimo tratto un viale di magnolie secolari che inquadrano in prospettiva la facciata palladiana della villa. Quel viale è dedicato a Silvestro Camerini. Si giunge poco dopo al paese che si apre davanti al visitatore in una immensa piazza semicircolare dedicata a Paolo Camerini, incorniciante la villa per l’intera lunghezza, pari a 178 metri. Ai lati essa è chiusa, verso destra, da un edificio semicircolare, un tempo foresteria, coevo alla costruzione, a portici, che scavalcando anche il viale Luigi Camerini ed un canale che corrono parallelamente alla facciata, si congiunge alla villa; dalla parte opposta un corteo semicircolare di tigli sostituisce l’analoga costruzione simmetrica, mai iniziata sebbene in più punti possano osservarsi tracce di fondamenta. Precede la villa una bellissima recinzione a balaustre e statue ed il cancello che porta in alto lo stemma Camerini. Nel giardino antistante, sistemato ad aiuole, verso ovest, prospetta il tempietto semicircolare, a cupola, opera moderna di Eugenio Maestri, in cui è racchiuso il monumento a Silvestro Camerini, commissionato dal nipote Luigi ed eseguito da Giovanni Dupré (Siena 1817 – Firenze 1882), uno dei maggiori scultori italiani del XIX secolo. Le figure del monumento rappresentano la Beneficenza, virtù che tante volte era stata messa in pratica dal Duca, e la Riconoscenza, che avrebbe spinto il nipote Luigi ad onorare la memoria dello zio. Il bassorilievo sul basamento è opera, al pari dei leoni bronzei a lato della gradinata d’ingresso, di Luigi Cecon e rappresenta l’aiuto dato dal duca alla popolazione dopo una rotta del Po. La figura dell’Angelo della Pace dietro il tempietto, in bronzo, è opera di Amalia Dupré.

La villa ci appare ora nel suo splendore e nella magnificenza della sua mole che non poco stupì, in passato, viaggiatori e commentatori storici. In essa deve distinguersi la parte centrale dalle ali laterali. Questa è senz’altro il corpo più antico dell’edificio, costruito forse sulla platea di quello che fu il castello di Piazzola appartenuto ai Dente, poi ai Belludi ed infine ai Da Carrara. Un principe di questa famiglia, Jacopo, lasciò in eredità tutti i beni di Piazzola alla figlia Maria che nel 1413 sposò Nicolò Contarini, nobile veneziano. Ed ecco così stabilirsi nel luogo la famiglia dei Contarini che darà il nome alla villa. Il nucleo centrale dunque fu iniziato da Paolo e Francesco Contarini nel 1546 ed abitato a partire dal 1565; incerta e controversa è l’attribuzione del disegno al grande architetto Andrea Palladio (87).

Alla villa furono aggiunte, su modello palladiano, due ali che tuttavia, in questa prima fase, avevano solo funzioni rustiche ed agricole. Fu Marco Contarini nella seconda metà del secolo XVII ad ampliare la costruzione nobile anche sulle ali ed ad apportare radicali trasformazioni all’interno della primitiva costruzione. Dopo il 1671, probabilmente nel 1676, si mise mano all’ala di destra, mentre l’ala di sinistra rimase con l’aspetto antico almeno fino a dopo il 1788. Questa venne completata diverso tempo dopo ed in quella circostanza si pose mano anche all’ala sporgente che conduce al corpo sul piazzale ed alla chiesa. Sempre a Marco Contarini ed all’inventiva d’un architetto rimasto ignoto è molto probabilmente da attribuire la realizzazione della cosiddetta “Sala della chitarra rovesciata” dalla acustica perfetta, tanto che ancor oggi è luogo di incisione per molti gruppi ed orchestre da camera italiane e straniere. Il Contarini, amante della musica e del teatro (ne costruì due all’interno dell’edificio), non aveva trovato nella villa una sala abbastanza spaziosa da destinare ai balli ed alle feste; la soluzione fu trovata ampliando in altezza il salone centrale.

Su di esso si apre al primo piano una balconata che corre attorno alle pareti della sala; la copre un semplice soffitto piano decorato a stucchi aperto al centro da un pertugio ottagonale che collega la sottostante sala ad un’identica stanza posta al livello del secondo piano. Qui trovavano posto i musicisti, attorno all’apertura. Il suono degli strumenti, amplificato dal soffitto della stanza e dalle capriate del tetto, con il quale è collegato attraverso sottili aperture, scende nel salone sottostante ove si svolge la festa. Anche questa originale invenzione, unica nel suo genere, serviva per stupire gli ospiti e risaliva ancora al gusto cinquecentesco della ricerca del “meraviglioso”, così come la prospettiva dei due corridoi laterali che somma a ben 178 metri. La villa insomma presenta nel suo apparato decorativo “una chiara impostazione teatrale, un amore per il superfluo, per le aggettivazioni sonore e grandiose che sono sì barocche, ma che formano soprattutto il linguaggio della scenografia dell’epoca. Da questo punto di vista la villa è estremamente unitaria, altisonante e fantastica sia nell’architettura che nella decorazione plastica e negli affreschi” (88).

Lo stesso Marco Contarini realizzò inoltre nel complesso urbano sorto dietro la foresteria, conosciuto oggi come “Loco delle Vergini” un orfanotrofio che educasse i giovani al canto e alla musica strumentale, ed una stamperia che ha dedicato alle pubblicazioni di opere teatrali una parte della sua attività.

Certamente quando, superata la metà del secolo scorso, la villa che, passata in proprietà dai Contarini ai Giovannelli ed ai Correr, aveva visto dispersi tutti i suoi tesori ed era stata declassata, da splendida dimora di rappresentanza, ad usi agricoli, fu acquistata dai Camerini, i nuovi proprietari, pur desiderando di ridarle nuova magnificenza, non erano in grado di far rinascere quel mondo che era tramontato con un’epoca ormai troppo lontana, e videro nella villa soprattutto gli elementi per affermare un prestigio di cui la famiglia, in fortunata ascesa economica, sentiva il diritto. Ma, a questo punto, dobbiamo prima conoscere gli eredi del Duca, fautori del rinato splendore.

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Facciata principale della Villa Contarini-Camerini
in una suggestiva immagine notturna.

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Veduta panoramica di Villa Contarini-Camerini (foto tratta da:
“Villa Contarini, XVI Secolo, di Paolo Semenzato”).

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La “Sala della Chitarra Rovesciata”: sul salone centrale (foto a sinistra) si apre al primo piano una balconata; al centro del soffitto un pertugio ottagonale collega la sottostante sala ad un’identica stanza (foto a destra) posta al livello del secondo piano.
(foto tratta da: “Villa Contarini, XVI Secolo, di Paolo Semenzato”).

Luigi Camerini, l’erede della fortuna

Luigi Francesco, figlio di Paolo e Lauretana Guerrini, nacque a San Biagio di Argenta il 10 ottobre 1819 ed essendo rimasto orfano di padre in tenerissima età, fu educato dallo zio Silvestro. La partecipazione di Luigi ai moti risorgimentali del 1848, contro il volere del tutore, interruppe un rapporto che si ricucì solo nel 1865. Sposò una padovana, Francesca Fava figlia di Giovanni Battista e Marina Buzzacarini, molto più giovane di lui, essendo nata il 28 giugno 1841. La cerimonia si svolse nella Basilica di Santa Giustina l’11 novembre del 1866; le cronache non dicono se lo zio Silvestro vi partecipò.

Alla morte del Duca unì alle proprietà personali di Villafranca Padovana i vasti possedimenti dello zio ed assunse l’incarico di esattore provinciale. La coppia si stabilì a Palazzo Camerini in via Altinate e, dal censimento del 1869, risulta che oltre alla coppia e al piccolo figlio Paolo, erano a servizio ben tre camerieri, due cocchieri,un cantiniere ed un maggiordomo (89). Luigi fu eletto Consigliere Comunale a Padova nel 1870, carica che conservò sino alla morte (90).

Per l’erede del Duca, e contrariamente a quanto lui aveva fatto, la terra doveva anche essere fonte di reddito; per questo diede inizio ad imponenti opere d’irrigazione nella zona di Piazzola, introdusse attrezzature meccaniche nella lavorazione delle sue terre a Stienta, Legnaro e Montruglio e soprattutto s’impegnò a restaurare con magnificenza la villa di Piazzola, dove per sedici anni lavorarono muratori ed artisti come D. Torti, F. Zonaro, M. Moro e lo scultore L. Ceccon (91). Realizzò poi nel 1872 il Collegio dei Discoli in Padova, voluto dallo zio, e durante la carestia del 1874 versò notevoli somme di denaro ai fornai perché vendessero a buon prezzo il pane ai poveri. A Piazzola diede vita a un filatoio di seta; a Padova eresse un padiglione ospedaliero per tubercolotici. Morì a Padova il 16 giugno 1885 ed i suoi funerali furono celebrati a spese del Comune (92).

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Facciata di Villa Contarini, fatta restaurare da Luigi Camerini nella seconda met� dell’800. (foto Grandi)

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Scorcio della Piazza Centrale di Piazzola sul Brenta dedicata a Paolo Camerini (foto Grandi).

Paolo Camerini ed il villaggio industriale di Piazzola.

Paolo, figlio di Luigi e di Fanny Fava, nacque a Padova il 29 luglio 1868. Rimasto anch’egli orfano del padre, compì sollecitamente gli studi, con forte senso del dovere. Diresse anzi l’Associazione Universitaria e fondò nel 1889 un settimanale satirico Lo Studente, laureandosi in giurisprudenza nel 1891 con una tesi dal tema “I doveri del ricco proprietario di fronte alla ricchezza nazionale e ai lavoratori del suolo”.

Assumendo ventunenne la direzione della proprietà paterna, di oltre 100.000 ettari di terra, diede inizio a grandiosi lavori che trasformarono le condizioni di vita di Piazzola sul Brenta, mentre introdusse migliorie negli altri possessi e realizzò grandi lavori di bonifica nel delta padano specialmente continuando i grandi lavori intrapresi a suo tempo da Silvestro nell’isola di Polesine Camerini.

Emulo di Ferdinando IV di Borbone che nel ‘700 aveva creato in San Leucio, nei pressi della Reggia di Caserta, un villaggio ideale di illuministiche intenzioni ed un laboratorio serico di fama internazionale, Paolo Camerini volle attuare a Piazzola un progetto agricolo – industriale, per il quale vennero demoliti i “casoni” (abitazioni rurali col tetto di paglia), suddivisa la proprietà in appezzamenti regolari, costruite case coloniche, stalle, strade e canali di irrigazione. I contadini dovevano prestare la loro opera nei campi, nell’allevamento e nelle nuove industrie locali. Perciò venne eretta una centrale elettrica di 500 cavalli-vapore, poi due fornaci di laterizi, capaci di una produzione di 4-5 milioni di mattoni l’anno, una fabbrica d’acido solforico (100.000 quintali), una di concimi chimici (150.000 quintali di perfosfato) che fu la prima del Veneto, un cementificio ed uno iutificio. Il piccolo paese agricolo di Piazzola crebbe rapidamente divenendo il centro più produttivo della provincia; in poco più di dieci anni sorsero un centinaio di case coloniche ed operaie, e inoltre i bagni pubblici, un albergo, palestre e sale di riunione, il municipio, il dormitorio, le scuole e l’asilo infantile (93); non mancò l’interesse per il tempo libero, per cui nel 1911 Paolo Camerini fondò la Società Calcistica Plateolese, che svolgeva le sue partite nella piazza davanti la villa e come spogliatoi usufruiva di alcuni locali offerti dal Camerini (94).

La popolazione, che nel 1890 contava 1.900 abitanti salì nel 1914 ad oltre 4.000. Inoltre nel 1911 venne inaugurato il tronco ferroviario Padova – Piazzola (successivamente prolungato fino a Carmignano), da lui voluto (95). Paolo Camerini contribuì alla Parrocchia di Piazzola, creando nel Duomo, intitolato a San Silvestro, la Tribuna dedicata al Beato Francesco Saverio Camerini (96). Da segnalare anche la costruzione dell’Ippodromo Camerini a Padova.

La villa di Piazzola venne riportata al primitivo splendore, con la demolizione delle parti aggiunte ed il ripristino delle logge, la decorazione interna ed un nuovo arredamento. Furono allestite una pinacoteca ed una ricca biblioteca; vezzo e comodità, venne installato un ascensore, tra i primi in Italia, con cabina ed interni in stile liberty che porta il numero di fabbrica 6 della Ditta OTIS. Le risaie contermini vennero convertite in parco, con lago e isoletta, dove fu collocato un pregevole Cristo in bronzo di Leonardo Bistolfi (Casale Monferrato 1859 – Torino 1933). La villa ospitò nel 1923 il congresso della “Dante Alighieri”.
Per la sua attività Paolo Camerini fu fatto Cavaliere del Lavoro nel 1902; sostenitore dell’istruzione primaria e professionale gratuita, del suffragio universale, delle autonomie comunali e della riforma tributaria sulla base dell’imposta progressiva, fu eletto fin dal 1892 Consigliere Comunale a Padova e Consigliere Provinciale di Rovigo. Come candidato liberale-progressista si presentò alle elezioni politiche suppletive del 10 giugno 1903 venendo eletto al Parlamento per il Collegio di Este-Monselice. Siederà sui banchi di Montecitorio fino al 1913, intervenendo sui bilanci dell’agricoltura, dell’industria e del commercio. 

Nella crisi del primo dopoguerra, molte delle sue imprese industriali, che avevano avuto rapido ma precario sviluppo, dovettero cessare o passarono ad altre mani; a ciò si sommò una pericolosa crisi finanziaria della proprietà la cui origine partiva già agli inizi degli anni ’20 con l’applicazione di una cospicua imposta patrimoniale che si aggiungeva ad una forte situazione di indebitamento derivante dagli investimenti fondiari ed industriali e dalle ingenti somme spese nella ricerca, senza esito, di minerali di ferro e pirite nelle montagne dell’alto vicentino attigue a Torrebelvicino.

Fu nominato Duca per meriti agricolo – industriali nel 1925, pur rimanendo alieno al regime imperante. Nel 1933 il dissesto economico divenne insanabile e per far fronte all’esposizione bancaria ebbero inizio le cessioni delle industrie e di gran parte del capitale fondiario. Così Paolo Camerini abbandonò gradatamente gli affari e nel 1933 cedette anche lo iutificio. Morì a Piazzola il 18 novembre 1937, ma la dismissione del patrimonio terminò nel 1958 con la vendita delle piccole proprietà terriere. Solo nel 1970 fu ceduta alla “Fondazione Culturale G. E. Ghirardi”, la villa di Piazzola sul Brenta, che, dopo anni di abbandono, è stata fatta oggetto di radicali opere di restauro che l’hanno riportata ad un rinnovato splendore.

Paolo Grandi

Contributo originale per “La storia di Castel Bolognese”.
Per citare questo articolo:
Paolo Grandi, Silvestro Camerini, in https://www.castelbolognese.org

Note:

(1) DUPRÈ G., Pensieri sull’arte e ricordi autobiografici, Firenze, 1870 pag. 170.
(2) Tuttavia, alla morte di Eurosia Mantovani, quando i suoi eredi pretesero parte del patrimonio del Duca come appartenenti alla moglie perchè sposatisi col rito napoleonico che prevedeva la comunione dei beni, l’atto di matrimonio civile non si trovò. Cfr: Archivio della Villa Contarini-Camerini di Piazzola sul Brenta, Busta 38, pos. 14/1 e 14/2 Mantovani Eurosia, carte sparse.
(3) Archivio Parrocchiale di San Biagio di Vezzano in Bondeno, libro dei battezzati, vol. IV, s.n.
(4) Archivio Parrocchiale di San Biagio di Vezzano in Bondeno, libro dei matrimoni 1680-1814, s.n.
(5) Archivio del Tribunale di Ferrara, Archivio dello Stato Civile del Comune di Bondeno, fascicoli dei matrimoni di Ospitale, n° 32.
(6) Archivio Parrocchiale di San Biagio di Vezzano in Bondeno, stato delle anime dell’anno 1811, s.n.
(7) Trattasi con assoluta certezza invece di Cristoforo, che nacque nel 1784 e sempre seguì le orme del fratello. Il nome Stefano può essere derivato da un malinteso del Sacerdote o da una sua annotazione errata. L’assonanza Cristoforo-Stefano è evidente.
(8) Che i coniugi Camerini-Mantovani si fossero sposati squattrinati e non avessero mai opposto una rinuncia alla comunione legale creata dal vincolo matrimoniale contratto sotto il vigore del codice napoleonico, lo conferma l’avvocato Camillo Laderchi in un suo scritto nel quale rivendica parte del patrimonio del Duca per conto degli eredi della defunta moglie Eurosia, Beatrice Mantovani vedova Casoni e Luigi Mantovani. Cfr: LADERCHI, C.: Parere di Verità in questione di Comunione coniugale nata sotto l’impero del codice Napoleone, Ferrara, 1866.
(9) Archivio Parrocchiale di San Biagio di Vezzano in Bondeno, libro dei battezzati, vol. IV, s.n.
(10) Archivio Parrocchiale di San Biagio di Vezzano in Bondeno, libro dei battezzati, vol. IV, s.n.
(11) Archivio Parrocchiale di San Biagio di Vezzano in Bondeno, libro dei morti, vol. III, s.n.
(12) LESSONA M., Volere è potere, Firenze, 1900 pag. 257.
(13) LESSONA M., Volere è potere, Firenze, 1900 pag. 257.
(14) BERTONCIN M., CROCE D.: La possidenza borghese in transpadana – Silvestro Camerini, Padova 1991, pag. 11.
(15) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Richiesta di porto d’armi del 2 gennaio 1818.
(16) Archivio del Cimitero della Certosa di Ferrara Registro delle tumulazioni – anno 1816.
(17) DORO G., Da bracciante a Duca: Silvestro Camerini appaltatore, esattore e proprietario nel Veneto dell’Ottocento, tesi di laurea – facoltà di lettere e filosofia – Università di Padova a.a. 1989-90.
(18) Archivio del Cimitero della Certosa di Ferrara Registro delle tumulazioni – anno 1825.
(19) Il Condominio Bentivoglio era un Consorzio fra Comuni per il mantenimento e l’utilizzo del Cavo Bentivoglio, un canale di bonifica del Rodigino.
(20) DEROSAS R.: Strutture di classe e lotte sociali nel Polesine preunitario in: Studi Storici, XVIII, 1977, n. 1, p. 62.
(21) Vedi più avanti “La Diamantina”
(22) Biblioteca Ariostea di Ferrara, Archivio Pasi Famiglie, Busta 6 fasc. 363 doc. 2.
(23) Si tratta dell’attuale Palazzo Camerini-Scola in Corso Ercole I d’Este, oggi sede della Questura.
(24) Biblioteca Ariostea di Ferrara, Archivio Pasi Famiglie, Busta 6 fasc. 363 doc. 3.
(25) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – carte sparse.
(26) Archivio della Villa Contarini-Camerini di Piazzola sul Brenta, Busta 38 marca B pos. 14/1, Mantovani Eurosia, Certificato notarile del 16 maggio 1866.
(27) Un’altra felice coincidenza per il Camerini fu quella che con il Congresso di Vienna del 1815, nella ridefinizione dei piccoli stati regionali, riscrisse la geografia: il fiume Po che, per ragioni di sicurezza, divenne una linea naturale di confine. I paesi della riva sinistra del fiume, dopo secoli, cessarono l’appartenenza all’area ferrarese ed alla Stato della Chiesa per confluire nel Lombardo-Veneto sotto la dominazione austriaca. Molte famiglie ferraresi proprietarie di terre in Traspadana, divenuta ormai terra straniera, cercarono di liberarsene anche a basso prezzo pur di non pagare doppie gabelle e tasse. Cfr: TRANIELLO L.: Il Polesine nei primi anni della dominazione austriaca, in: Studi Polesani, VII – 1980, pag.5.
(28) Anche queste terre, come il palazzo gentilizio di Ferrara, erano di proprietà della famiglia anconetana Nappi; esse tuttavia versavano in una condizione agricola ed idraulica desolante. Da tempo i proprietari, oppressi dai debiti, ne cercavano un compratore. Si offrì Silvestro Camerini che comprò la tenuta per 26.000 scudi, attratto anche dalla possibilità di bonificarle mediante un nuovo canale in ostruzione in quell’epoca. La proprietà comprendeva anche una Villa, ora Nappi-Camerini-Bonfiglioli, descritta come “Palazzo di villeggiatura di Stienta” o “Palazzo del Direttario” che divenne la sede dell’Azienda Camerini per l’amministrazione delle vaste proprietà che Silvestro Camerini andava gradualmente acquistando nella zona. BERTONCIN M., CROCE D.: La possidenza borghese in transpadana – Silvestro Camerini, Padova 1991, pag. 76.
(29) DORO G., Da bracciante a Duca: Silvestro Camerini appaltatore, esattore e proprietario nel Veneto dell’Ottocento, tesi di laurea – facoltà di lettere e filosofia – Università di Padova a.a. 1989-90, pag. 141.
(30) “nel primo semestre di ogni anno, da gennaio a giugno, il Monte mancava di liquidità, prima del raccolto, quando cioè più forti erano le richieste. Per aumentare il capitale di 80.000 fiorini, necessari in questo periodo si cercavano sovventori, cui si offriva un compenso del 4%. Vi si prestavano sempre due forestieri, il Signor Silvestro Camerini e il cavalier Treves, che insieme garantivano una somma di 10.000 fiorini”. Cfr: RIGOBELLO B.: Il Monte di Pietà di Rovigo e gli antichi istituti di pegno del Polesine, Rovigo 1987, pag. 130.
(31) DIVERSI O., Silvestro Camerini il colosso degli appaltatori delle opere idrauliche, in: La Piè – 1963, n. 6, pag. 261.
(32) CAMERINI P., Piazzola, Padova, 1902 pag. 41.
(33) Un fattore che giocò sicuramente a favore di Silvestro Camerini fu la difficoltà del Governo di Vienna di trovare possidenti in grado di sostenere gli appalti esattoriali: ciò risulterà evidente quando le concessioni anzichè triennali divennero sessennali. Cfr: DORO G., Da bracciante a Duca: Silvestro Camerini appaltatore, esattore e proprietario nel Veneto dell’Ottocento, tesi di laurea – facoltà di lettere e filosofia – Università di Padova a.a. 1989-90, pagg. 144-145. Inoltre, fino al 1859 i medesimi fondi potevano essere offerti in cauzione anche per esattorie di più comuni o province Cfr: Archivio della Villa Contarini-Camerini di Piazzola sul Brenta, cartone 91, carte 29-24. Citazione da: BERTONCIN M., CROCE D.: La possidenza borghese in transpadana – Silvestro Camerini, Padova 1991, pag. 71.
(34) Cfr: BERTONCIN M., CROCE D.: La possidenza borghese in transpadana – Silvestro Camerini, Padova 1991, pag. 71.
(35) Ad esempio, nella Concessione dell’Esattoria Consorziale di Stienta, Gurzone e Occhiobello, Silvestro Camerini riceveva il 5% o il 6% su ogni pagamento. Cfr: Archivio della Villa Contarini-Camerini di Piazzola sul Brenta, cartone 16, carte 29-34.
(36) Così BERTONCIN M., CROCE D.: La possidenza borghese in transpadana – Silvestro Camerini, Padova 1991, pag. 74.
(37) FIUMAN C., Proprietari, imprenditori, agronomi. In: Le regioni dall’Unità a oggi. Il Veneto a cura di S. Lanaro, Torino 1984 pag. 140.
(38) BERTONCIN M., CROCE D.: La possidenza borghese in transpadana – Silvestro Camerini, Padova 1991, pag. 79.
(39) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(40) CAMERINI G., Il Francesco Saverio Italiano, Bologna 1982, pag. 46.
(41) Si tratta di: N: 17 Imprese sociali e caritative dall’Elenco Pontificio del 1855 su relazioni del ministro dell’Interno e dell’Arcivescovo di Ferrara Card. Luigi Vannicelli-Casoni e del Vice-Legato Pontificio di Ferrara Filippo Folicaldi di cui si riferisce nel volume: CAMERINI G., Il Francesco Saverio Italiano, Bologna 1982, pag. 46-47.
(42) CELLA S.: Silvestro Camerini in: Dizionario biografico degli italiani, Roma, 1974, p. 189.
(43) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(44) Delle beneficenze di Castel Bolognese si parlerà oltre.
(45) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(46) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Camerini Breve di Gregorio XVI del 11 giugno 1843
(47) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Breve di Gregorio XVI del 2 marzo 1846.
(48) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Breve di Pio IX del 3 luglio 1846.
(49) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Breve di Pio IX del 9 febbraio 1855.
(50) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Camerini Certificato del Comune di Ferrara.
(51) GRANDI P.: Il passaggio di Pio IX da Castel Bolognese in: www.Castelbolognese.org.
(52) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(53) GRANDI P.: Il passaggio di Pio IX da Castel Bolognese in: www.castelbolognese.org.
(54) GRANDI P.: Il passaggio di Pio IX da Castel Bolognese in: www.castelbolognese.org.
(55) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(56) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Camerini Certificato della Giunta Comunale di Ferrara in data 28 giugno 1866.
(57) Archivio storico Comunale di Ferrara, Archivio Familiare Moderno – 43 – Camerini Lettera del Sindaco di Ferrara al sindaco di Stienta.
(58) www.padovando.com/monumenti.
(59) http://www.esercito.difesa.it/root/musei/museo_terzarmata_sto.asp
(60) www.padovando.com/monumenti.
(61) http://www.musei.it/veneto/padova/museo-della-terza-armata.asp
(62) http://www.esercito.difesa.it/root/musei/museo_terzarmata_desc.asp
(63) http://www.deltadelpo.it/leggi.asp?articolo=35&posizione=104.htm
(64) Le suore terziarie francescane elisabettine di Padova, fondate da Elisabetta Vendramini nel 1828, sono una congregazione religiosa presente in Italia e diffusa in Egitto, Sudan, Kenya, Israele, Argentina e Ecuador. La casa generalizia è a Padova, in via beato Pellegrino, 40, accanto alla Casa Madre, luogo fondativo della famiglia. Sulle orme di Francesco d’Assisi e Elisabetta d’Ungheria la suora elisabettina “vive il santo vangelo di nostro Signore Gesù Cristo in obbedienza, povertà, castità consacrata e perfetta comunità” convocata e animata dall’amore trinitario modello di ogni comunità di fede. La spiritualità si fonda su quella francescana. Preziosa fu l’opera svota in molti ospedali, tra i quali proprio quello padovano.
Cfr: http://www.elisabettine.info/oggi/suoreelis.htm.
(65) GALLETTO P.: Galantuomini padovani nell’ottocento, Padova, 1993, pp. 23-26.
Vedi anche: http://www.elisabettine.info/oggi/storia/documenti/srplacidaeilconte.pdf.
(66) http://www.irpea.it.
(67) http://host-lime.com/do/messaggi/articolo.asp?ID=86.
(68) CAMERINI G., Il Francesco Saverio Italiano, Bologna 1982, pag. 46.
(69) Archivio di Stato di Padova, Atti Comunali, Inventario 52 carte sparse.
(70) Archivio della Villa Contarini-Camerini di Piazzola sul Brenta, Busta 38, marca B, pos. 14/1 Mantovani Eurosia, pos. 14/2 Mantovani Eurosia.
(71) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(72) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(73) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(74) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(75) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(76) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(77) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(78) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(79) Archivio Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese – Faldone 95 Carte 1857 Opera Pia Ben. Camerini, Cenni Storici delle Beneficenze Camerini a Castel Bolognese.
(80) COSTA P., Un paese di Romagna – Castel Bolognese fra due battaglie (1797 – 1945), Imola 1971, pag. 293
(81) FONTEBASSO G.: Sul monumento al Duca Silvestro Camerini in Piazzola, Padova 1877, p. 14.
(82) LEONI C.: Cronaca segreta dei miei tempi 1845-1875, Cittadella, 1876, pag. 458.
(83) Cfr.: DIVERSI O., op. cit. nel quale è riportato un rapporto del Comandante Militare di Padova, gen. Mohr, del 30 settembre 1825 n. 201.
(84) VENTURA A., Padova, Bari 1989, p. 109.
(85) Archivio di Stato in Padova, censimenti 1869, Registro dei residenti.
(86) Archivio di Stato in Padova, censimenti 1869, Registro dei residenti.
(87) Sulla attribuzione al Palladio, cfr. anche ZOPPÈ L., Ville Venete, Bologna 1981.
(88) SEMENZATO C., Villa Contarini – XVI secolo, Calliano, 1979.
(89) Archivio di Stato in Padova, censimenti 1869, Registro dei residenti.
(90) Archivio di Stato in Padova, Atti comunali, Inventario 52, carte sparse.
(91) CAMERINI P., op. cit., pagg. 336 – 442
(92) Archivio di Stato in Padova, Atti comunali, Inventario 52, carte sparse.
(93) Per un elenco completo delle beneficenze istituite da Silvestro, Luigi e Paolo Camerini cfr: CAMERINI G., Il Francesco Saverio Italiano, Bologna 1982 pag.45/48.
(94) www.solutionfamily.it/articolo.php?id=159.
(95) CHIERICATO G., SANTINELLO M.: La ferrovia di Camerini, Cortona, 2008, pag. 11.
(96) CAMERINI G., Il Francesco Saverio Italiano, Bologna 1982, pag. 48.

Bibliografia:

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