Il convento dei Francescani (ora Palazzo Mengoni)

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L’attuale Palazzo Mengoni, sede municipale ed ex convento dei francescani

Dietro la chiesa di San Francesco, a sud, sorgeva il convento dei frati francescani, riunito sino alla seconda guerra mondiale alla chiesa per un grande cavalcavia fatto sulla contrada Calcavinazze, oggi via Rondanini. Al principio, il convento non doveva essere eccessivamente grande e l’orto confinava con l’attuale via Ginnasi, separata da questa dalle mura del vecchio castello. L’edificio religioso fu ampliato negli anni 1571 e 1640-1700, prendendo la forma attuale. I frati rimasero a Castel Bolognese fino all’epoca della soppressione napoleonica, avvenuta il 29 luglio 1798: si trovava guardiano padre Luigi Errani con sei confratelli sacerdoti e tre laici.

A proposito dell’epoca napoleonica, iniziata a Castel Bolognese con l’arrivo dei Francesi con i Cispadani ed i Transpadani il 20 gennaio 1796, è curioso ripercorrere la storia dei frati come riscoperta da don Italo Drei in un suo scritto. L’occupazione militare infatti provocò nuovi ordinamenti istituzionali e politici che prevedevano la soppressione degli Ordini e delle Congregazioni religiose e dei relativi benefici. Il Convento di San Francesco venne aggregato al cosiddetto Luogo Pio (le odierne Opere Pie) sotto amministrazione civile. Il 25 Aprile 1797, dietro supplica della Municipalità “letta nella senatoria sessione del 28 marzo (scorso) e dal senato rimessa ai prefati cittadini Commissari, rese le dovute grazie ai medesimi della dettagliata loro informazione ed in coerenza di quanto hanno con tanta avvedutezza suggerito, restano di unanime sentimento di tutti i cittadini senatori e senza discrepanza di alcuno approvati e sanzionati i seguenti articoli: 1) che sia conceduta come si concede la grazia ai PP. Minori Conventuali della loro permanenza in Castel Bolognese, purché non siano mai in numero minore di sei ne maggiore di dieci, purché nel primo caso vi siano sempre quattro sacerdoti e due laici, nel secondo sette sacerdoti e tre laici e che questi e quelli debbano servire ad assistere i malati nel nuovo Ospedale da costruirsi sotto la direzione della Municipalità. 2) che si imponga ai detti religiosi un’annua tassa di scudi 600 che essi dovranno pagare immancabilmente agli amministratori del nuovo ospedale, lasciando poi loro l’amministrazione d’ogni rendita dalla quale però saranno obbligati di tenere scrittura regolare. 3) che si eseguisca l’unione richiesta dai confratelli di S.Maria della Misericordia delle loro rendite a quelle del nuovo Spedale, con ordinare che, confidandosi l’amministrazione di questo alla Municipalità di Castel Bolognese, nel dipartimento che la medesima sceglierà a tale effetto, abbiano sempre luogo tre confratelli della detta arciconfraternita. 4) che si esegua pure la costruzione del nuovo Spedale in quella parte del convento di S. Francesco la quale è stata individuata ella Pianta del Perito Bassani, salve quelle variazioni e rettificazioni che in atto pratico si trovano le più convenienti. 5) che per il denaro necessario per la detta costruzione, la Municipalità faccia il progetto che possa credere il migliore e lo proponga al Senato ovvero alle nuove autorità. Per l’esecuzione poi delle cose come sopra sanzionate vengono autorizzate la Municipalità e l’arciconfraternita suddetta sotto la dipendenza sempre e con la direzione dei cittadini senatori Commissari di avere ricorso alla Curia Vescovile di Imola onde ottenere gli opportuni decreti per quelle parti che occorre ed in ciò che alla medesima appartiene e in tutto per tutto a norma della suddetta informazione dei prefati cittadini Senatori Commissari”. In data 12 Giugno 1797 giunse la risposta dei Religiosi Francescani. “Avendo il Senato di Bologna con grazioso Suo rescritto assicurato noi Minori Conventuali di nostra permanenza e affidata l’amministrazione a noi dei propri beni, volendo all’incontro da noi un’annua tassa di scudi 600 a beneficio di un nuovo Spedale da eriggersi in una parte del nostro Convento e la rispettiva spirituale assistenza degli infermi non che un Libro Regolato dei conti circa l’economica azienda del Convento stesso, noi infrascritti formalmente dichiariamo e protestiamo dalla parte nostra di volere obbedire in lutto a norma del mentovato rescritto. In fede. Fra Giuseppe Garravini Superiore del Convento aff.mo, Fra Giuseppe Giuliani Aff.mo, Fra Niccolò Emiliani aff.mo. Fra Girolamo Emiliani aff.mo, Fra Luigi Errani aff.mo” 

Il Convento verrà adibito ad ospedale sperò solo dopo la soppressione dei religiosi, qui rimanendovi sino all’inaugurazione dell’edificio dell’Antolini nel 1813. Il Convento di San Francesco tuttavia operò come ospedale di emergenza durante la battaglia del Senio del 2 febbraio 1797 come ricorda questa memoria scritta del libro dei morti della Parrocchia di San Petronio: “Nello scontro avvenuto presso il Ponte del Senio con alcune truppe pontificie, fra i molti che furono gravemente feriti e vennero trasportati in questo Convento dei frati Minori Conventuali, ci furono quattro francesi e due transpadani. I nomi dei francesi rimasero ignoti. I due transpadani erano Giovanni Zanoccio di Lodi e Vincenzo Bellenghi. I suddetti confortati dall’estrema unzione e morti in questo stesso giorno furono sepolti nel cimitero”. In data 3 febbraio: “Un soldato francese gettato dalla finestra dai suoi compagni morì subito, senza sacramenti e fu sepolto”. In data 20 Marzo 1797: “Un soldato milanese gravemente ferito alla testa fu trovato per la strada e, trasportato in questo ospedale, munito dei sacramenti, morì poche ore dopo”.

I frati minori conventuali nei tre secoli e mezzo della loro dimora a Castel Bolognese si resero altamente benemeriti della religione e della scienza. Ebbero uno studio fiorente, frequentato da chierici e laici, il quale formava una vera gloria per la citrina. In principio del XVI secolo emersero, per dottrina e saggezza di governo, il p. Giovanni Malerba degli Ammoni e i padri Antonio Beltramino e Francesco Pallantieri. Religiosi insigni furono i padri Girolamo e Gian Paolo Pallantieri e padre Agostino Garavini che nel 1606 pubblicò a Bologna una cronichetta di Castel Bolognese. Altre importanti figure cresciute nel convento castellano furono padre Serafino Gottarelli e padre Giovanni Damasceno Bragaldi. Si ricorda infine il padre maestro Pietro Sangiorgi morto a Cavi (Roma) il 13 settembre 1771. Nel 1798 “l’Agenzia dei Beni Nazionali” requisì il convento e nel 1861 l’edificio fu definitivamente ceduto all’Amministrazione comunale, che lo utilizzò in vario modo: ospedale, asilo, scuola; attualmente ospita la Residenza Municipale. La parte più antica dell’archivio del convento è andata perduta. Incominciava nel 1447, come da alcune memorie conservate nell’archivio parrocchiale di San Petronio. La parte moderna, a cominciare dal 1774, si conserva presso l’Archivio di Stato di Faenza.

L’attuale Palazzo Mengoni conserva in gran parte la più recente struttura del convento, sviluppata attorno un chiostro porticato, così come si rileva dalla pianta di Giuseppe Alberti del 1760. Al piano terreno stavano i bassicomodi, la cucina, il refettorio e la dispensa, mentre la sala capitolare e le celle dei frati erano poste al piano superiore. L’ingresso al convento avveniva da Piazza Bernardi, appena passato il voltone di via Calcavinazze, mentre la porta carrabile era su quest’ultima strada appena prima del confine con la proprietà Ginnasi. Un accesso dal chiostro portava alla sagrestia della chiesa ed un’altra scala, a fianco del coro, portava dalla chiesa alle celle. Un pozzo esisteva nel centro del chiostro, mentre le cantine, poste lungo l’attuale via Ginnasi, conservavano, e conservano tuttora, i resti delle mura del primo castello del 1389. In seguito alla requisizione, l’immobile, oltre a svariati usi, subì pure numerose modifiche. La più appariscente fu quella apportata alla facciata di Piazza Bernardi dall’architetto Giuseppe Mengoni (1829-1877) nel 1862, di cui è una delle migliori opere: per ingentilirne le forme, egli aprì i volti del chiostro verso la piazza, allargandola così verso l’interno del palazzo; sopra ogni volto aprì una grande finestra, munendo la centrale di balcone e finte finestre laterali. Per darle slancio in altezza realizzò agli angoli due torrette munite di finestre. Una di queste, forse, era già presente nella costruzione in precedenza, come si può vedere in un quadro ex-voto conservato nel museo parrocchiale. Nel retro del palazzo, verso via Rondinini e la proprietà Ginnasi, venne realizzato nel 1919 il Teatro Comunale.

Durante la seconda guerra mondiale palazzo Mengoni subì notevoli danni e nel dopoguerra fu riparato alterando tuttavia l’architettura originale. Il liutaio castellano Nicola Utili progettò di raddoppiare il porticato su Piazza Bernardi, al fine di ricavare più spazio al piano superiore e per dare maggior consistenza ai muri che avrebbero dovuto sostenere, al centro della facciata, una terza torretta con l’orologio, in sostituzione della torre civica andata distrutta. Il progetto di Nicola fu realizzato solamente in parte, limitandosi al raddoppio del portico. Il teatro comunale, andato distrutto, non è più stato ricostruito ed al suo posto è stata ricava una piazza ed una nuova ala del palazzo comunale, innalzata alla fine degli anni ’70 del secolo scorso. Anche al disposizione interna dei locali non è più fedele all’originale, essendo stata trasformata per accogliere gli uffici comunali.

Al centro del porticato, ove un tempo sorgeva il pozzo del convento, è ospitato dal 1962 il monumento alle vittime civili di guerra opera dello scultore Angelo Biancini.
Sotto i porticati del palazzo comunale si conservano statue in cotto di San Petronio e della Madonna della Concezione, provenienti dalla precedente residenza comunale, stemmi araldici e iscrizioni provenienti dal distrutto palazzo pretorio o del Podestà, altre lapidi commemorative di castellani illustri.

PAOLO GRANDI

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Ex voto ante 1862. E’ possibile notare sulla sinistra il convento dei francescani così come si presentava prima della risistemazione operata dall’architetto Giuseppe Mengoni nel 1862

BIBLIOGRAFIA:

GADDONI S.: Le chiese della Diocesi di Imola – I – Imola, 1927.
CORBARA A.: L’architetto Francesco Fontana per S. Francesco di Castel Bolognese in: Studi e memorie su Castel Bolognese, Imola, 1973.
DREI I.: La Chiesa e il Convento di San Francesco in: Il voto della Pentecoste e la tradizione religiosa castellana, Galeati, Imola, 1981.
SANGIORGI P.: La Madonna di Castel Bolognese, Castel Bolognese, 1993.

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