La Canta di Castelbolognese

La copertina dello spartito della Canta di Castelbolognese

La copertina del pieghevolino contenente testo e spartito della Canta di Castelbolognese, dato alle stampe dalla Pro Loco qualche mese dopo la prima esecuzione e distribuito come inserto del volume “La Pignataza 1976”

Forse poche persone lo sanno, perché come spesso accade molte cose vengono dimenticate troppo in fretta, ma Castel Bolognese ha una sua Canta. Essa fu scritta dai soliti “noti ” Ubaldo Galli e Fausto Ferlini (ideatori assieme ad Oddo Diversi del premio dialettale triennale “La Pignataza”) e messa in musica da Luigi Bacchilega (1905-1988).

Fu eseguita per la prima volta nell’ Auditorium della Biblioteca Comunale (allora sita nel palazzo dell’attuale Banca di Romagna) il 23 marzo 1976 e viene qui riproposta con tanto di testo e spartito e con la possibilità di ascoltare la registrazione della prima esecuzione cantata dal tenore castellano Domenico Drei accompagnato dal violinista Luigi Bacchilega (Gigiola) e dal chitarrista Giorgio Zotti.
Prima di passare alla lettura del testo e della relativa traduzione, merita in particolare una piccola spiegazione il ritornello della Canta:

“A sèn d’Rumagna a sèn d’Castèll
a jèn e’ gevel in t’al budèll.”

ossia “Siamo di Romagna, siamo di Castello / abbiamo il diavolo nelle budella”. Il detto “a jèn e’ gevel in t’al budèll” nacque in seguito al famoso oltraggio alla Statua della B.V. della Concezione, patrona del paese (si veda a tal proposito il racconto dettagliato dell’episodio riportato nel sito). Il 21 maggio 1893 alcuni ignoti penetrarono nottetempo nella Chiesa di San Francesco e decapitarono la Statua della Patrona, gettando la testa mozzata nel pozzo del cortile della Chiesa. L’episodio ebbe vasta eco anche al di fuori delle mura del paese, ed ebbe proprio come conseguenza più duratura il fatto che il paese perdette molta reputazione tra i forestieri, tanto che i castellani venivano definiti “quelli con il diavolo nelle budella”.

A sèn di bôn amigh

A sèn tot bon amigh, amigh sinzir
ch’a s’atruven t’al ca’, par la campagna,
davanti a un piatt d’salàm e a un bichir
d’aibana d’ór, dal nost culén d’Rumagna

Rit. A sèn d’Rumagna a sén d’Castell
a jèn e’ gevel in t’al budèll.

U s’piis d’canté, u s’piis la puisèia,
U s’piis d’bagnè t’è vén un brazadèl,
quell da la crôs ch’é scrocla a maravéia
e us gofia a moll, cumpagna è zambudell.

Rit. A sèn d’Rumagna a sén d’Castell
a jèn e’ gevel in t’al budèll.

Burdèll, a sèn a què, quist a sèn nô,
è côr t’al man, la pènna in s’é capél,
e quand ch’a d’gèn amigh, al dgén da bon:
c’mè féva i noster vecc; quii d’è Castèl.

Rit. A sèn d’Rumagna a sén d’Castell
a jèn e’ gevel in t’al budèll.

Siamo dei buoni amici

Siam tutti buoni amici, amici sinceri
ci ritroviamo nelle case, in campagna,
davanti a un piatto di salame e a un bicchiere
di albana d’oro, delle nostre colline di Romagna.

Rit. Siam di Romagna siam di Castello
abbiamo il diavolo nelle budella.

Ci piace cantare, ci piace la poesia,
ci piace bagnare nel vino un bracciatello,
quello della croce che scrocchia a meraviglia
e a mollo si gonfia, come un salsicciotto.

Rit. Siam di Romagna siam di Castello
abbiamo il diavolo nelle budella.

Ragazzi, siamo qui, questi siamo noi,
il cuore in mano, la penna sul cappello,
e quando diciamo amici, lo diciamo sul serio:
come facevano i nostri vecchi; quelli di Castello.

Rit. Siam di Romagna siam di Castello
abbiamo il diavolo nelle budella.

Scarica la base della Canta di Castel Bolognese in formato Midi

Lo spartito della Canta di Castelbolognese

Lo spartito della Canta di Castelbolognese pubblicato sul pieghevolino

I bôn amigh

Ingrandimento dell’immagine posta sulla copertina del pieghevolino. Tra i “bôn amigh” riconosciamo con certezza solo Ubaldo Galli, il quarto da sinistra. Notare il bracciatello della croce, specialità tradizionale castellana (in mano all’amigh raffigurato a destra) e sullo sfondo la Torre Civica.

esecuzione_canta_1976

Rara fotografia della prima esecuzione in pubblico della Canta di Castel Bolognese. Al centro il tenore Domenico Drei accompagnato dal violinista Gigiola Bacchilega. Al tavolo sono riconoscibili Achille Linari, Stefano Borghesi con la sua inseparabile sigaretta e Ubaldo Galli, coautore del testo della Canta, visibilmente soddisfatto della reazione del pubblico che poteva cantare il testo del ritornello leggendolo su un cartellone appeso al muro. Sulla destra, quasi a vigilare il tutto, il busto di Nicola Utili eseguito dallo scultore castellano Michele Gottarelli.

Copertina dello spartito della canta, con musica e testo trascritti da Giuseppe Borzatta (Jusafè d’Carspen) e il disegno originale di Fausto Ferlini (Archivio Pro Loco).

Cronaca della serata pubblicata su Vita Castellana dell’aprile 1976.

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