Ricordo del dottor Giam Battista Borzatta
di Andrea Soglia ; con contributi di Lodovico Santandrea
Un altro pezzo del vecchio Castello se ne va con Giam Battista (o anche Giovan Battista) Borzatta, scomparso ad Imola, sua città di adozione, l’8 luglio 2025. Ed è un pezzo altamente significativo perché il dottor Borzatta discendeva da due storiche famiglie castellane, i Borzatta e i Bagnaresi (Bacoc) e perché nella sua memoria erano impressi tanti personaggi caratteristici castellani che lui aveva conosciuto e che con lui è come se scomparissero una seconda volta.
Il dottor Borzatta era nato nel 1939 da Mario Borzatta, dentista, ed Enrichetta Bagnaresi, figlia del notissimo Giovanni Bagnaresi, già segretario comunale e dottissimo cultore delle memorie castellane e, soprattutto, del folklore romagnolo. Il suo nome composto era un omaggio al nonno Giovanni e allo zio Battista Bagnaresi, morto ancor giovane di tifo a metà degli anni ’20.
Enrichetta scomparve pochissimi anni dopo la nascita del figlio e quindi il giovane Battista crebbe nell’ambiente caratteristico dell’Osteria della Marchina (sita in via Gottarelli e attiva fino agli anni ’60) dove il padre Mario si recava giornalmente a mangiare portando il figlio con sé. Il dottor Borzatta ricordava con nostalgia quegli anni e tutti i personaggi castellani che frequentavano l’Osteria, a partire ovviamente dall’ostessa, la Marchina, la quale, persona tutto sommato pacifica, diventava una furia se qualcuno degli avventori, quando doveva segnare i punti delle partite a carte sulla lavagna, osava chiederle “e zezz”, che lei voleva fosse chiamato “e bianc”, perché “e zezz” per lei alludeva a qualcosa di volgare. Battista raccontava spesso dei fratelli Bagnaresi (i Cetoni) e mi aveva detto di aver conservato a lungo un disegno di Fredino Cetoni che illustrava la torre di Castello trainata in volo da alcuni cavalli: speravo che un giorno lo ritrovasse per poterlo visionare e riprodurre, ma così non è stato.
Lodovico Santandrea, suo storico amico, ricorda che “dopo il liceo classico a Imola si era iscritto alla Facoltà di Medicina ma la voglia di studiare all’epoca non era molta, così aveva dato pochi esami, e quindi per ragioni economiche aveva iniziato a lavorare come informatore scientifico alla Pfizer da cui era stato assegnato alla zona di Padova. Si era sposato con Donatella Daghia e con lei si era trasferito a Padova ma da vecchio castellano appena poteva ritornava a Castello e mi confidava che aveva in ballo una novità senza però dirmi di cosa si trattasse. Poi un giorno, orgogliosissimo, disse che si era laureato in Medicina e che avrebbe iniziato la professione di medico dentista. Aprì l’attività a Imola e ristrutturò e rimodernò l’antico ambulatorio odontotecnico castellano del padre”. Successivamente l’attività, nella quale è stato affiancato dal figlio Pierfrancesco, si era estesa anche a Modigliana.
Tante le sue passioni e le sue appartenenze ad associazioni di vario genere, che sicuramente conosciamo solo in parte.
In gioventù, come ricorda Lodovico, ai bei tempi della goliardia, Battista era stato cavaliere della Balla del Feudo Romagnolo, cosa che gli fece guadagnare il soprannome di “E cavalir”, che si affiancava ad un altro soprannome “E virus” che gli aveva affibbiato Armando Lolli (e Patatè).
Altra passione le automobili, sportive e d’epoca. Era socio del Club Romagnolo Auto e Moto d’Epoca (CRAME) per il quale ha curato per molti anni il classico incontro estivo a Modigliana, in stretta collaborazione con la locale Pro Loco.
Battista, come altri castellani, era un grande amante dei cani boxer, senz’altro indirizzato in questa passione dal veterinario castellano Tomaso Bosi, esperto rinomato a livello internazionale di quella razza canina.
Era anche appassionatissimo di cucina, e faceva parte dell’Accademia Italiana della Cucina. Nell’ultima riunione conviviale del 2022 la delegazione di Castel Del Rio e Firenzuola dell’Accademia Italiana della Cucina gli aveva consegnato l’attestato di delegato onorario, riconoscimento tributatogli per “la sua dedizione all’Accademia e come meritato riconoscimento per l’impegno profuso verso la valorizzazione della cucina italiana nel territorio”.
Ma la sua passione più grande era per il vecchio Castello, dove era cresciuto nella sua casa dentro alle mura, nell’angolo fra le vie Camerini e Biancini. Immancabili le sue puntate a Castello, specialmente di domenica, per ritrovare i vecchi amici di un tempo al bar Commercio. Lodovico Santandrea ricorda che il suo più grande amico è stato Nicodemo Montanari e insieme a lui e a Leio Galli avevano formato un trio di giovani gaudenti. Forte anche l’amicizia con Lodovico, favorita anche dal fatto di essere vicini di casa: “la sera, quando tornavamo dai bar – ricorda Lodovico – ci fermavano all’inizio di Via Camerini davanti a casa mia a chiacchierare, poi io lo accompagnavo in fondo a Via Camerini davanti a casa sua a continuare a chiacchierare e l’andirivieni proseguiva per diverse volte”. “Io in porta e lui in attacco formavano a calcio balilla una coppia quasi imbattibile” rammenta ancora Lodovico.
Il dottor Borzatta sorrideva sotto i baffi nel sentire parlare, ultimamente, di street art, lui che oltre 40 anni fa sulla facciata della casa aveva fatto realizzare (non senza poco penare per ottenere i permessi) un trompe-l’oeil che raffigurava un gatto affacciato alla finestra. Sembra quasi reale quel micio alla finestra, dipinto con abilità da Rosetta Tronconi. E Borzatta mi aveva raccontato che quel gatto era realmente esistito: si chiamava Spiciù ed era appartenuto a Bona Sandrini, una cara amica imolese di Battista, la quale di tanto in tanto veniva a Castello a “rivedere” il suo adorato micio, una volta che era scomparso.
Prima di concludere questo ricordo è giusto parlare anche del culto che Borzatta aveva per il nonno Giovanni Bagnaresi, figura davvero importante per la Romagna tutta. Una ventina di anni fa aveva donato molti diari del nonno alla Biblioteca comunale, affinché confluissero nel Fondo Bagnaresi, già istituito negli anni ’60 da suo zio Giacomo. Aveva sempre collaborato alle varie iniziative per ricordare il nonno, in special modo alle pubblicazioni e agli studi di Giuseppe Bellosi, principale studioso della figura e degli scritti di Giovanni “Bacocco” Bagnaresi.
Non so se Battista abbia mai saputo che le carte di suo nonno, incautamente conservate nel piano interrato della biblioteca, erano state travolte dall’alluvione del maggio 2023. Io non ho avuto il coraggio di dirglielo. Speriamo che sia possibile recuperarle e restaurarle, sarebbe il miglior modo per omaggiare non solo la memoria di Giovanni Bagnaresi, ma anche quella di Giam Battista Borzatta.
Lascia un commento