Chiesa di San Francesco: itinerario artistico

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L’edificio che si può ammirare attualmente è quello disegnato dall’architetto Francesco Fontana, pur se mutilato in alcune sue parti: le distruzioni belliche hanno travolto il coro, che si aggettava su via Rondanini (un tempo Calcavinazze), arretrando pertanto lo spazio dietro l’altare maggiore e dividendo per sempre la chiesa dal suo convento, ora palazzo comunale, il campanile e l’ampia sacrestia che dava su Piazza Bernardi; nel dopoguerra una nuova sacrestia è stata realizzata dalla parte opposta, occupando in parte il cortile della chiesa.

Il progettista romano, rifacendosi seppure in proporzioni minori all’idea del Pantheon di Roma, idealizza la forma sferica con una cupola a tutto tondo che copre un’aula ottagonale irregolare, avente quattro lati grandi, ove sono collocate le cappelle maggiori e l’ingresso monumentale, e quattro piccoli ove prendono posto gli altari minori. L’ambiente interno, ricco di luce proveniente da quattro lunette posta sopra gli altari minori e da altre quattro finestre poste nei lati corti delle cappelle maggiori, oltre un finestrone a fianco dell’altare maggiore, è caratterizzato da una buona acustica. La chiesa, piuttosto alta rispetto alle strade circostanti, è realizzata nell’ordine corinzio e misura circa m. 40 x 30, con un’altezza al culmine della cupola interna di m. 28. Un motivo a festoni vegetali corre lungo tutto la trabeazione, interrompendosi solo nelle due cappelle laterali principali e nella cantoria. La cupola non è portante, ma realizzata in arelle intonacate, sostenute da una complicata travatura nascosta dal possente tamburo, accessibile dall’esterno (un tempo attraverso il campanile) tramite quattro finestre. L’amorfo e tenue colore dato in tutta la chiesa nel dopoguerra senza rispettare le tinte originali non fa risaltare appieno l’agile architettura della chiesa e la profondità di altari e cappelle. Si è tuttora in attesa del permesso dell’autorizzazione della Soprintendenza ai monumenti per provvedere alla ridipintura.

L’accesso principale al Tempio è situato sotto i portici prospicienti la via Emilia. Entrando nell’edificio si passa sotto il soppalco della Cantoria rifinito con una balaustra settecentesca. È andato perso per sempre l’antico organo Chianei, costruito dall’artigiano veneto nel 1770. In mezzo alla parete, nel fondo, è stata collocata da qualche tempo la pala moderna opera, datata 1968, del pittore faentino Domenico Matteucci, che rappresenta San Francesco e Santa Lucia in atto di benedire dal Cielo Castel Bolognese e l’Italia intera che si vede di profilo a volo d’uccello nello sfondo. Questo grande quadro era prima esposto in fondo alla parete dell’altare maggiore, in sostituzione del precedente perito con gli eventi bellici, cioè una tela del pittore Angelo Gottarelli rappresentante i Santi Patroni Lucia e Francesco e gli Arcangeli Michele e Raffaele.

A destra dell’ingresso, una lapide posta nel 1976, a dieci anni dalla morte, ricorda l’encomiabile opera svolta da don Antonio Garavini. Un manoscritto incorniciato ricorda che questa chiesa francescana gode del beneficio di poter ottenere il cosiddetto “perdono d’Assisi”, particolare indulgenza lucrabile il 1° ed il 2 agosto di ogni anno a determinate condizioni. È stata qui sistemata la prima opera del percorso bianciniano della chiesa: si tratta de “I pastori”, bronzo del 1969. Di fronte, un altro bronzo coevo: San Giorgio.

La prima cappella minore, a destra, che ci accoglie (sec. XVIII) è dedicata al SS. Crocifisso. La mensa d’altare è affiancata, ad un’urna, da due putti in piedi; l’ancona a muro possiede due alte colonne composite, lisce all’estremità, con allacciatura a festoni, scanalate in alto. Le due penne di frontone affiancano l’anconetta, munita del simbolo in rilievo del pellicano e due angeli reggono la picca e la canna, elementi tipici della Passione di Cristo. Nel centro, un sacello a croce custodisce un Crocifisso ligneo a tutto tondo della fine del XV secolo di probabile arte altoatesina o tedesca. Sovrastante il tabernacolo è posta la scritta: O INESTIMABILIS DILECTIO | CHARITATIS.

All’estremità della pianta crociata si innalza la cappella settecentesca della B. V. della Concezione o dell’Immacolata, incorniciata da quattro colonne che scandiscono la profonda cappella, con volta a botte, e due pareti laterali. Nella parete destra, in basso, un incoerente cappelletta, costruita nel dopoguerra, conservava fino a qualche tempo fa un immagine di don Bosco, oggi sostituita da un ovale del Sacro Cuore di Gesù . Si tratta di un olio su tela di autore ignoto Settecentesco, forse proveniente dalla distrutta chiesa del Suffragio. Il quadro rappresenta l’iconografia classica del Sacro Cuore: il Cristo frontale a mezzo busto che mostra il proprio cuore crociato raggiante sul petto e sullo sfondo alcuni Cherubini. La cornice ovale è cerchiala in basso da spighe di grano allacciate al centro da un nastro. La mistica castellana Francesca Maria Barbieri era solita soffermarsi in preghiera dinnanzi a questa immagine, che ella, riferisce nel suo diario, avrebbe visto lacrimare. Nella parete di sinistra, sopra la porta che conduce nei depositi, si apriva l’artistico pulpito intagliato in noce, opera del rinomato intagliatore lughese Natale Nuvoli, costruito negli anni 1791 – 1792 a spese della Comunità. Copre lo spazio vuoto una bella pala, olio su tela, proveniente dall’Oratorio Parini, opera del pittore imolese Giuseppe Righini datata 1759: rappresenta l’Assunzione di Maria (alla quale era dedicato l’oratorio) ed i santi Pietro apostolo e Carlo Borromeo. La parete di fondo della cappella della B. V. della Concezione è occupata da una monumentale ancona in muratura, mentre quelle laterali sono ornate da epigrafi e monumenti celebrativi.

L’altare eretto in onore della Vergine si presenta a urna svasata. L’alzata, di ordine composito, è concava e si erige sopra un alto basamento continuo, a due rialzi, con pilastrature laterali a cui si addossano, disposte in obliquo rispetto all’asse, due colonne verdi. Sul fondo se ne innalzano altre due lisce. Al centro della cappella è posta la nicchia per la statua della Madonna, contornata da gruppi di Cherubini con la cornice sorretta in basso da due angeli. Altri due nella parte alta reggono una corona lignea dorata. Sopra la travatura, ai lati, si notano due penne sinuose di frontone che affiancano la macchinetta centrale a festoni. In mezzo, a doppia raggiera, campeggia la colomba, simbolo dello Spirito Santo. A chiusura dell’edicola ospitante il simulacro della Vergine è dipinta una tela scorrevole (ignoto sec. XVIII). L’iconografia rappresentata non è comune: nel cielo nuvoloso appare Dio munito di globo crociato che indirizza col dito la colomba verso Maria. Ella in piedi calpesta il serpente e regge il Bambino che colpisce con una lunga asta a croce il maligno. L’olio, opera di ignoto, si rifà ai moduli locali tardo-guercineschi.

La parete laterale di destra della Cappella è occupata dal grandioso monumento in stucco e marmo dedicato a Giovanni Paolo Pallantieri (1549-1606). Il disegno ricorda gli analoghi monumenti presenti nella cappella della Reliquie e potrebbe anch’esso essere di Angelo Piò o della sua scuola. È diviso in due parti sovrapposte ad incorniciatura di volute e getti vegetali che includono le lapidi: rettangolare con bassa centina, affiancata da due putti quella superiore, ottagonale quella inferiore. A coronamento sta il busto del vescovo lacedoniese, rivolto verso l’immagine della Vergine.

La lapide superiore contiene il seguente testo:

D.O.M.
IOANNI PAULO PALLANTERIO DE CASTRO BONONIENSI
EX ORDINE MIN. CONVENTUALIUM
PHILOSOPHO AC THEOLOGO EXIMIO
QUI
MEDIOLANI TICINI NEC NON VENETIIS
NOBILIORES ARTES PROFESSUS
A MONACHIS CASSANENSIBUS MANTUAE AC PARMAE
AD SACRAM THEOLOGIAM EDOCCENDAM ADSCITUS
EAMQUE FERRARIAE PUBBLICE INTERPRETATUS
ITA VIRTUTIS FAMAM UBIQUE DIFFUDIT
UT AEQUE OB HANC, AC TYPIS AEDITA
IN PSALMOS, IN SENTENTIAS, IN HYMNOS COMMENTARIA
MORUMQUE INNOCENTIAM
AD EPISCOPATUM LAQUEDONIENSEM CLEMENS VIII.
IPSUM EVEXERIT
NEAPOLI AD SUOS REDDITURUS VII. NOV. 1606 OBIIT
IN PERPETUUM HUIUS COENOBII DECUS
PATRES POSUERUNT

Traduzione: A Dio Ottimo Massimo. A Giovanni Paolo Pallantieri da Castel Bolognese Ordine dei Minori Conventuali, filosofo e teologo insigne che, dopo aver insegnato sì nobili discipline a Milano, a Pavia e a Venezia e dopo essere stato chiamato dai Monaci Benedettini a insegnare Sacra Teologia a Mantova e a Parma e averla pure trattata in una scuola pubblica a Ferrara, così diffusa ovunque la fama della sua virtù che anche per questo e per la pubblicazione dei Commenti sui Salmi, sui Proverbi e sugli Inni e per la purezza dei costumi Clemente VIII lo elevò alla Cattedra episcopale di Lacedonia. Morì a Napoli il 26 ottobre 1616 mentre stava per ritornare alla sua terra. I padri a perenne onore di questo convento (questa memoria) posero.

L’epigrafe su lastra ottagonale alla base del monumento a Giovanni Paolo Pallantieri è riferita all’altare dell’Immacolata:

D.O.M.
ANNO XXX SAECULI XVI
SAVIENTE IN TOTA ITALIA
AC FINITIMIS REGIONIBUS
IMMANI PESTE IMAGO HAEC DEIPARAE VIRGINIS SINE LABE CONCEPTAE
POPULO CASTRI BONONIENSIS
FOEDAE MORTIS TIMORE PERCUSSO
SE IN AERE CONSPICiENDAM DEDIT
EIQUE BENEDICENS
TERRAM HANC IN COMMUNI OMNIUM LUCTU
SERVAVIT INCOLUMEM
HUJUS CONVENTUS PATRES
IN PERENNE
TANTI BENEFICII ARGUMENTUM
POSUERUNT

Traduzione: A Dio Ottimo Massimo. L’anno trenta del secolo XVII (1630), mentre in tutta L’Italia e nelle regioni confinanti infieriva una terribile peste, questa immagine della Beata Vergine Madre di Dio Concepita senza peccato apparve, sospesa in aria, al popolo di Castel Bolognese, sconvolto dal terrore di una crudele morte e, benedicendolo, serbò questa terra incolume dalla generale disgrazia. I Padri di questo Convento collocarono una testimonianza di così grande favore che durasse per sempre.

Appartiene a Padre Girolamo Pallantieri (1510-1591) il secondo monumento, posto sulla parete sinistra della Cappella, che presenta la medesima struttura architettonica di quello di fronte. Anche in quest’opera troviamo i putti muniti di emblemi vescovili. Il santo vescovo di Bitonto è ritratto col volto rivolto verso il popolo.

Questo il testo della lapide:

D.O.M.
SISTE PEDEM VIATOR
ET IN HOC SIMULACRO MIRARE
HIERONYMUM PALLANTERIUM DE CASTRO BONONIENSI
ORDINIS MIN. CONVENTUALIUM
VIRUM
QUI HUMANAE SAPIENTIAE AC SACRAE ERUDITIONI
MAXIMAM PIETATEM ASSIDUAMQUE ORATIONEM
MIRABILITER CONIUGENS
SIXTO V. GREGORIO XIV. AC DIVO CAROLO BORROMEO
APPRIME CHARUS FUIT
BITONTI TANDEM A CLEMENTE VIII. EPISCOPUS RENUNCIATUS
IBIDEMQUE IN CHRISTI OSCULO
X. JAL. SEPTEMBRIS M.D.C.XIX MORTUUS
SANCTITATIS FAMA AC MIRACULORUM GLORIA
CUI HUJUS CONVENTUS PATRES
SIBI DE TANTI VITI MEMORIAM GRATULANTE
ERIGI CURARUNT

Traduzione: A Dio Ottimo Massimo. Ferma il piede, o messaggero, e in questa immagine ammira Girolamo Pallantieri da Castelbolognese dell’Ordine dei Minori Conventuali, un uomo che, all’umana sapienza e alla sacra erudizione congiungendo mirabilmente una grandiosa pietà e un’assidua orazione, fu assai caro a Sisto V, a Gregorio XIV e a San Carlo Borromeo, infine fu nominato Vescovo di Bitonto da Clemente VIII, morto nella medesima località nel bacio di Cristo, il 23 agosto 1619, continua ancora ad essere vivo per la fama della santità e la gloria dei miracoli. In suo onore i Padri di questo convento, rallegrandosi nel ricordo di un così grande uomo, fecero collocare (questo busto).

L’epigrafe su lastra ottagonale alla base del monumento a Girolamo Pallantieri ricorda l’opera di Marcello Mazzolani:

D.O.M.
MARCELLO MAZZOLANI PATR. FAVEN.
EX COMIT. S. SYRI A SERO
S. R. E. PRAESULI
UTRIUSQ. SIGNAT. RELATORI
QUEM PHILOSOPHICIS, THEOLOGICIS,
NEC NON DOGMATICIS DISCIPLINIS
NEMINI SECUNDUM
ALEXANDER VIII
PRAESULIS DIGNITATE ORNAVIT,
CUI EX INNOC. XII CONSILIO
INTERAMNIAE PROVINCIA OBTIGIT
EX QUA, CUM NIHIL SIBI
NIHIL OMNIUM OPINIONI DEFUISSET
URBINUM PROFECTUS TRIENNIUM
PROLEGATI MUNERE PERFUNCTUS EST
OBIIT IN CASTRO BONON. XIX XBRIS
ANNO XPI MDCCXI
IN GRATI ANIMI MON. LAP. HUNC
ETREXIT
DOM.CO MAZZOLANI NEPOS
ET AERES

Traduzione: A Dio Ottimo Massimo. A Marcello Mazzolani patrizio faentino dei Conti di San Siro a Sero, da Sua Ecc.za Rev.ma il Vescovo designato relatore di entrambe le Segnature; egli che negli studi filosofici, teologici nonché nelle discipline dogmatiche fu secondo a nessuno, Alessandro VIII ornò di dignità di Vescovo a cui, per consiglio di Innocenzo XII toccò la provincia di Terni, dalla quale, poiché niente (tenne) a sé e in niente mancò all’opinione di tutti, partì per un triennio per Urbino, ove ricoprì la carica di Prolegato. Morì a Castel Bolognese il 19 dicembre dell’anno del Signore 1711. Con grato animo Domenico Mazzolani, nipote ed erede, eresse questo monumento marmoreo.

Nei pilastri di ingresso alla cappella sono incise due targhe in marmo. Pilastro destro:

D. O. M.
PRIDIE NON. APRILES LDCCLXXXI
TRISTISSIMA VERTENTE NOCTE
TERRA MOTIBUS HORRIFICIS CONCUSSA
AEDIDUS PENE OMNIBUS QUATE FACTIS
INCOLAE HUJUS COENOBII DIVI FRANCISI ALUMNI
OPE PROESIDIOQUE ORDINIS SOSPITAE
INTEMERATAE DEIPARAE
IMPENDENTI EXCIDII PERICULO LIBERATI
BENEFICII NUNQUAM IMMEMORES FUTURI
ANNIVERSARIO DIE SACRUM CUM CANTU
AD ARAM MARIANAM SE PERPETUO FACTURES SANCTE
VOVERUNT

Traduzione: A Dio Ottimo Massimo. Il 4 aprile 1781, nel corso di una tristissima notte, in cui la terra era stata sconvolta da terribili movimenti e quasi tutte le abitazioni erano state colpite, gli abitanti di questo Convento, seguaci di San Francesco, per l’aiuto e la intercessione della Protettrice dell’Ordine, l’intemerata Madre di Dio, liberati dall’incombente pericolo della distruzione con la promessa che non sarebbero mai stati immemori della grazia ricevuta, religiosamente fecero voto di celebrare in perpetuo, nel giorno anniversario, una essa in canto all’altare di Maria.

Pilastro sinistro:

D. O. M.
ALTARE HOC
OMNIPOTENTI DEO
IN HONOREM SANCTISSIMAE IMMACULATAE
CONCEPTIONIS B. V. M. ERECTUM
PRIVILEGIO QUOTIDIANO PERPETUO AC LIBERO
PRO OMNIBUS DEFUNCTIS
AD QUOSCUNQUE SACERDOTES
VIGORE BREVIS BENEDICTI PAPAE XIV
DIE IV OCTOBRIS MDCCLI INSIGNITUM
DIE XXV MENSIS OCTOBRIS
MDCCLII
DESIGNATUM

Traduzione: A Dio Ottimo Massimo. Questo altare eretto a Dio Onnipotente, in onore della SS.ma Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, fu insignito del privilegio quotidiano, perpetuo e libero per qualunque sacerdote di celebrare messe in suffragio di tutti i defunti, in virtù del Breve di Papa Benedetto XIV del 4 ottobre 1751, e fu espressamente designato dal Ministro Generale dell’Ordine il 25 ottobre 1752.

La terza cappella, seconda cappella minore, (sec. XVIII),è dedicata a Sant’Antonio da Padova e si presenta in stile barocco. La parete di fondo è formata da un’alta cornice di stucco senza ornamenti e prive di abbellimenti sono pure le due incorniciature rettangolari delle pareti laterali. Tale sistema dà adito a pensare che il tutto, in origine, fosse destinato ad ospitare affreschi Attualmente a destra è stato sistemato il quadro di San Giovanni bosco, già esposto nell’apposita edicoletta a fianco della cappella dell’Immacolata, mentre a sinistra è esposto un ovale di autore ignoto che ritrae S. Luigi Gonzaga. Nel mezzo della cappella antoniana una nicchia contiene la statua lignea del Santo, opera di ignoto dell’inizio del sec. XVIII. L’incavo è contornato da una ricca cornice in legno. Il simulacro segue l’iconografia popolare: in piedi il santo regge nella mano destra, Gesù Bambino e nella mano sinistra il fiore del giglio. Alta sull’aula, e nella medesima maniera della cappella dell’Immacolata e del Reliquiario, incorniciata da quattro colonne, si pare la cappella maggiore. Ai lati, due confessionali non di pregio e sopra di essi due dipinti di basso pregio.

La cappella maggiore è scandita dal presbiterio, più stretto, ove in fondo è posto l’altare maggiore, composto dalla mensa e da due gradini. Esso risulta lavorato a modanature e lesene a voluta, con composizione di specchi di marmo misti policromi. Sulla mensa è posto il tabernacolo metallico. Dietro ad esso si allarga ciò che rimane del coro ove, nella parete di fondo, è ospitata una gigantesca opera di Angelo Biancini: Gesù Maestro, gesso del 1978. Presbiterio e coro sono voltati a botte.

Nella parete destra del presbiterio si conserva il bel quadro della Resurrezione di Cristo, bella tempera su tela opera di Giovanni Battista Bertucci Juonior, mentre a sinistra si trova esposto il bell’olio su tela di Ferraù Fenzoni, datato 1614, che rappresenta la natività di Maria. Sopra la porta della sacrestia è esposta una grande pala che rappresenta la Madonna con Santi e donatore ecclesiastico, olio su tela del XVII secolo, di autore anomino di scuola locale. Un’antica acquasantiera in pietra è posta a fianco della porta d’ingresso della sacrestia.

La quinta cappella, la terza minore, eretta nella seconda metà del Settecento, è dedicata al francescano Beato Andrea Conti. Originariamente, al centro dell’altare, vi era un dipinto a olio l’effige del vecchio e barbuto frate che invocava Dio a protezione di una folla di donne e bambini; dal cielo un grande angelo in volo, ammantato di rosso, porgeva un drappo a festone. La struttura architettonica della cappella è simile a quella di Sant’Antonio. Essa ospita attualmente opere ceramiche di Angelo Biancini: al centro un gruppo in ceramica del 1980 raffigurante la Madonna col Bambino in trono con alcuni angeli e San Bernardino; sulla parete di desta Il Figliol Prodigo, bronzo del 1968; sulla parete di sinistra: San Martino, scultura in lega metallica del 1958. Si è in attesa delle debite autorizzazioni per il completamento dei restauri. Parimenti incorniciata da quattro colonne, come la cappella della B. V. della Concezione, e di fronte ad essa si apre la cappella di San Giuseppe che contiene l’altare – reliquiario Bragaldi, anche detto di “Tutti i Santi”. Ai lati di essa si aprono i due ingressi laterali della chiesa che danno su Piazza Bernardi e, sopra di essi, sono posti due dipinti: sopra la porta di destra vi è la tela ad olio raffigurante San Sebastiano e Santa Maddalena, opera del pittore Angelo Gottarelli; sopra quella di sinistra una’adoraiozne del bambino, tempera su tela di anonimo.

L’ultima cappella della chiesa di San Francesco, è dedicata a San Giuseppe da Copertino, patrono degli studenti. La mensa dell’altare, squadrata, si presta a contenere reliquie, come rivela la finestrella ovale del paliotto. Davanti, vi è un’alta ancona di ordine composito sulle cui penne di frontone sono disposti due angeli reggenti le insegne di San Giuseppe da Copertino. Nell’ancona è stata adattata la pala originaria dell’altare maggiore della chiesa precedente, posta in sacrestia dopo la ricostruzione settecentesca. Il dipinto, in olio su tela datato 1607, è opera del faentino Giovan Battista Bertucci Junior. In alto, al centro, è raffigurata la Madonna seduta sul trono che sorregge il Bambino benedicente; alla sua sinistra sono collocati Sant’Andrea apostolo e Santa Monica, alla destra Sant’Antonio da Padova e Santa Caterina. In primo piano sono rappresentate le figure di San Francesco inginocchiato, e Santa Chiara; sul pavimento si nota un cartiglio con la firma dell’autore.
Degni di nota sono tre acquasantiere in marmo, poste ai tre ingressi, opera recente dell’artigiano castellano Rocco Altieri e la via crucis policroma.

Paolo Grandi

Galleria Fotografica

Bibliografia:

  • GADDONI S.: Le chiese della Diocesi di Imola – I – Imola, 1927.
  • CORBARA A.: L’architetto Francesco Fontana per S. Francesco di Castel Bolognese in: Studi e memorie su Castel Bolognese, Imola, 1973.
  • DREI I.: La Chiesa e il Convento di San Francesco in: Il voto della Pentecoste e la tradizione religiosa castellana, Galeati, Imola, 1981.
  • SANGIORGI P.: La Madonna di Castel Bolognese, Castel Bolognese, 1993.

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