Giovanni Bernardi (1494-1553)

bernardi

Ritratto di Giovanni Bernardi, eseguito da Giovanni Piancastelli.
Cm. 64×49,5. Olio su tela
(Prop. Comune di Castel Bolognese)

Vita e attività artistica

Nato nel 1494 a Castel Bolognese, Giovanni Bernardi proviene da una famiglia di valenti orafi come il padre Bernardo (1464-1553) ed il fratello Orfeo. Iniziato alla glittica dal padre, nella cui bottega apprese i primi rudimenti dell’arte dell’incisione e dell’intaglio, Giovanni ebbe il modo di avviare ufficialmente la propria attività produttiva -come afferma il Vasari– durante i tre anni di permanenza a Ferrara alla corte del duca Alfonso I d’Este (1476-1534).
Fra le migliori produzioni di questi anni, si distinguono un conio in acciaio per medaglie –Ritratto del Duca e Gesù preso dalle turbe– ed un cristallo intagliato –Battaglia della Bastia– riproducente la riconquista da parte del duca di Ferrara del castello della Bastia, vicino ad Argenta, avvenuta nello stesso giorno -31 dicembre 1511- della sua presa da parte dello spagnolo Pedro Navarro.
Tuttavia il nostro conseguì pienamente la fama e l’affinamento artistico solamente dopo il suo trasferimento a Roma avvenuto nel 1530 su suggerimento dello storico Paolo Giovio (1483-1552). Questo passaggio di ambiente permise al Bernardi di operare per i cardinali Giovanni Salviati e Ippolito de’Medici e di attingere in breve tempo alla possibilità di ritrarre papa Clemente VII in un incavo per medaglie che ricorre ancora nei versi di due differenti bronzi : Quando Giuseppe si manifesta ai fratelli e Gli Apostoli Pietro e Paolo. Il lavoro soddisfece del tutto papa Clemente che per esternargli la propria riconoscenza lo insignì della carica onorifica di mazziere pontificio, prerogativa che l’artista, sotto il pontificato di Paolo III, alienò ricavandone ben duecento scudi. Sempre per lo stesso pontefice eseguì su cristallo di rocca l’intaglio dei Quattro Evangelisti ottenendo un ampio e unanime consenso e raggiungendo una fama che da quel momento sancì la costante ascesa della carriera artistica del Bernardi. Ed a conferma di questo basti citare una testimonianza del Cellini (1500-1571) che nella Vita (libro primo, cap. LXV) asserisce …che per essere venuto a Roma un certo Giovanni da Castel Bolognese, molto valentuomo per far medaglie, di quelle sorte che io facevo, in acciaio, e che non desideravo altro al mondo che di fare a gara con questo valentuomo… .
In occasione dell’incoronazione di Carlo V a Bologna il 14 febbraio 1530 in San Petronio, l’artista fece il ritratto dell’imperatore su una medaglia in oro, ricevendone ben cento doble quale riconoscimento per la particolare bellezza della rappresentazione e contemporaneamente l’invito a trasferirsi presso la corte di Spagna cosa che, pur se di grande prestigio, Bernardi rifiutò per non allontanarsi dai suoi due più importanti estimatori e cioè papa Clemente ed il cardinale Ippolito de’Medici. Infatti, rientrato a Roma, eseguì un intaglio su cristallo di rocca commissionatogli dal cardinale Ippolito riproducente La moglie di Dario condotta davanti ad Alessandro Magno e due ovali, sempre in cristallo di rocca con tema Il ratto delle Sabine e Caccia al leone nel circo recanti la firma IOAN.DE.CASTR.BON. e i cui soggetti furono riprodotti su un medaglione in bronzo citato da Seroux d’Agincourt ora disperso.
La perfetta capacità esecutiva conseguita dal Bernardi, gli permise di forgiare opere elaborando i disegni di alcuni dei più famosi artisti suoi contemporanei, dal Perin del Vaga a Michelangelo. Su disegni di quest’ultimo, Giovanni incise i cristalli raffiguranti Tizio, La caduta di Fetonte, Il ratto di Ganimede. Eseguì su diaspro l’Anima dannata riuscendo a trasfondere nel minerale la stessa selvaggia forza espressiva del disegno del Buonarroti; realizzò inoltre un cristallo con tema Rebecca al pozzo e su calcedonio il Ritratto del Cardinale Ippolito de’Medici.
I disegni dei primi tre intagli videro la loro realizzazione tra il 1532 e il 1533 su commissione di Tommaso Cavalieri che in seguito li cedette al cardinale Ippolito; ne fa fede una lettera di ringraziamento del Cavalieri a Michelangelo del 5 settembre 1533 nella quale il mittente afferma di aver ricevuto il disegno del Fetonte, definendolo opera meravigliosa e di averlo mostrato al papa e al cardinale che se ne erano dimostrati entusiasti a tal punto che Ippolito de’Medici, dopo aver visto anche il Ganimede ed il Tizio ne aveva richiesto la riproduzione in cristallo, compito cui già Giovanni Bernardi aveva messo mano.
Questo ci viene confermato anche dal Vasari che così scrive : Ed avendo Michelangelo fatto un disegno al detto cardinale de’Medici d’un Tizio a cui mangia un avvoltoio il cuore, Giovanni l’intagliò benissimo in cristallo ; si come anco fece con un disegno del medesimo Buonarroti un Fetonte, che per non saper guidare il carro del Sole, cadè in Po dove piangendo le sorelle sono convertite in alberi.
Anche Claudio Tolomei, in una lettera indirizzata ad Apollonio Filarete -entrambi al servizio del duca Pier Luigi Farnese- fa menzione della bellezza di tali opere ed il duca fa richiedere al pittore Pietro Buonaccorsi, più noto come Perin del Vaga, disegni che possano servire da modello per alcuni cristalli destinati ad ornare uno scrigno d’argento unitamente a quelli ricavati dai disegni michelangioleschi.
Dalla risposta di Perin del Vaga si rileva come il pittore volesse declinare l’incarico dopo aver visto i cristalli già intagliati e derivati dai disegni del Buonarroti per tema di paragonarsi ad un maestro di tale calibro e non volendo, per troppo ardire, cadere rovinosamente come Fetonte.
In effetti tale modestia si rivelò del tutto ingiustificata tenuto conto dei disegni di ottimo livello che egli in seguito fornì al Bernardi per alcuni cristalli.
Nel 1534 Giovanni Bernardi ricevette la nomina di incisore della zecca pontificia riconosciutagli dal papa con motu proprio unitamente a Tommaso Perugino figlio di Antonio Cristiani detto Fagiuolo, incarico che espletò fino al 1538. Frattanto deceduto nel 1535 il cardinale Ippolito de’Medici, il nostro artista entrò al servizio del cardinale Alessandro Farnese per il quale eseguì numerose opere fra cui vale la pena ricordare un medaglione riproducente l’immagine di Paolo III e due cammei aventi come soggetto Giovanni Baglioni e Margherita d’Austria, figlia dell’imperatore Carlo V.
Sempre dal Vasari, inoltre, apprendiamo che l’artista realizzò in questo periodo molte incisioni su cristallo ed in particolare alcuni pezzi per un crocefisso portante alla sommità del braccio verticale Dio Padre, nei bracci laterali Maria e San Giovanni ed in basso la Maddalena oltre a sei tondi per ornare due candelabri d’argento. Forse sono da ritenere coevi anche alcuni cristalli riproducenti episodi della vita di Cristo di cui sono conosciuti anche alcuni calchi bronzei fra cui l’Adorazione dei Magi e l’Adorazione dei pastori. Pur se nel 1539 il Bernardi si trasferì a Faenza, egli non interruppe la sua attività per i Farnese, come si può constatare da alcune lettere riportate dal Ronchini.
Infatti dalla sua nuova città di residenza Giovanni portò a termine i lavori del Tabernacolo, meglio conosciuto come Ciborio Farnesiano nel 1543 e l’anno seguente parte degli intagli successivamente inseriti nella Cassetta Farnese fra cui quello rappresentante la Battaglia di Tunisi rimasto tuttavia inutilizzato.
Data la raffinatezza dell’opera d’arte, vale la pena di soffermarsi un poco sull’esecuzione di questa Cassetta Farnese, un vero gioiello di arte orafa, realizzata tra il 1548 ed il 1561 in argento dorato dal fiorentino Marino o Mariano Sbarri, conosciuto come Manno, allievo del Cellini.
La sua forma riproduce un tempietto di foggia rettangolare che poggia su lire capovolte sorrette da dieci piedi a zampa di leone di cui otto accoppiati in corrispondenza degli angoli e i rimanenti posti a sostegno dei due lati maggiori. Negli spigoli, quattro sfingi sorreggono statuette raffiguranti Minerva, Marte, Diana e Bacco e le zampe sorreggono cariatidi -quelle centrali portano lo stemma Farnese- sormontate da un capitello ionico.
Sulla sommità del cofanetto è posto Ercole che tiene dei frutti con chiaro riferimento ai pomi del Giardino delle Esperidi mentre i lati sono adorni di numerose figure derivate dalla mitologia classica e soprattutto dalle Fatiche e dalle fasi della vita di Ercole ; il tutto unito da ricchi decori floreali e volute. Nelle quattro facce del cofanetto sono incastonati sei ovali in cristallo di rocca intagliati da Giovanni Bernardi raffiguranti scene allegoriche e sovrastati da targhette in cui compaiono scritte in greco e latino inerenti il soggetto sottostante.
Le incisioni riproducono la Battaglia delle Amazzoni, la Battaglia fra Centauri e Lapiti, un Baccanale, la Caccia al Cinghiale Calidonio, una Battaglia Navale ed una Corsa di quadrighe nel circo.
Le statuette d’angolo servono da contenimento e riferimento ai soggetti trattati nei quattro cristalli posti sui lati più lunghi, Minerva si identifica con la Battaglia delle Amazzoni, Marte con la Battaglia tra Centauri e Lapiti, Bacco con il Baccanale e Diana con la Caccia al Cinghiale Calidonio. Va da sè che la presenza dei cristalli oltre che ad impreziosire, serve ad alleggerire la complessità ornamentale dello scrigno con il suo gioco di trasparenze.
Dei quattro cristalli inizialmente commissionati al Bernardi non ne furono utilizzati che tre ma altri tre furono aggiunti in seguito per portare a sei il numero delle incisioni.
Per l’esecuzione di metà di esse l’artista si avvalse di due disegni preparati da Perin del Vaga. In questi anni la maturità creativa e la capacità di elaborazione dell’artista avevano ormai attinto il massimo livello espressivo e molte ed importanti furono le opere che egli seppe portare a termine unendo, grazie alla notevole esperienza acquisita, sicurezza stilistica e velocità di esecuzione come nel caso della realizzazione di un piatto in cristallo con Il diluvio e l’arca di Noè, della serie della Passione di Cristo e della Conversione di San Paolo. Presso il Tesoro di San Pietro in Vaticano si possono ammirare, tra i pezzi più preziosi, due candelabri con relativa croce, commissionati dal cardinal Farnese, ritenuti opera del Cellini, ma in realtà realizzati da Antonio Gentili da Faenza che portano incastonati quattordici cristalli di rocca di cui tredici intagliati dal Bernardi rappresentanti alcuni dei momenti più salienti della vita di Cristo e le tappe più drammatiche della Via Crucis fino alla Resurrezione.
Bernardi visse fino quasi a sessant’anni (morì il 22 maggio 1553) continuando a produrre capolavori, mantenendo intatta la stima che da tempo oramai si era guadagnata, come testimoniano anche le numerose visite a lui fatte dal cardinal Farnese.
Un ritratto del Bernardi eseguito dal pittore Giovanni Piancastelli (1845-1926), ispirato ad un presunto ritratto dell’artista conservato presso la Pinacoteca di Napoli e di controversa attribuzione, si può ammirare nel Municipio di Castel Bolognese suo paese natale che a tanto figlio ha intitolato la piazza principale (1).

Piccola galleria di opere del Bernardi

Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte.Scrigno in argento dorato di cm. 49 di altezza totale, eseguito da Manno (Marino o Mariano Sbarri) allievo di Benvenuto Cellini, tra il 1548 ed il 1561.

Cassetta Farnese

Castel Bolognese, Museo Civico

La caduta di Fetonte

Washington, National Gallery of Art

Il ratto di Ganimede 

Piatto

Piatto

Washington, National Gallery of Art. Ovale in cristallo di rocca intagliato di mm.106x88.

Cristo caccia i cambiatori di monete dal tempio


Testi e descrizioni delle opere tratti da: Pietre dure e medaglie del Rinascimento : Giovanni da Castel Bolognese / Valentino Donati ; introduzione di Massimo Griffo. – Ferrara : Belriguardo, stampa 1989.

(1) Anche Roma ha dedicato una via a Giovanni da Castel Bolognese, come si può vedere anche nelle fotografie seguenti, scattate da Carlo Zuffa (nota a cura di Andrea Soglia)

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Via Giovanni da Castel Bolognese a Roma

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