Serafino Gottarelli (1641-1706) da Castel Bolognese minore conventuale

Il suo rapporto con l’architetto Francesco Fontana e la costruzione della chiesa di San Francesco a Castel Bolognese

di Paolo Grandi

La recente visita all’archivio della Curia Generale dei Francescani Minori Conventuali a Roma, presso il Convento dei Santi Dodici Apostoli, e la estrema cortesia dell’archivista fra Domenico Castiglione, mi ha permesso di ricostruire in gran parte la vita di questo importante francescano castellano e di confermare, anzi rafforzare, la convinzione che sia stato proprio padre Gottarelli, interessato dai Confratelli castellani, a coinvolgere l’architetto Francesco Fontana nella stesura della lettera ove si offrono le tre soluzioni per la ricostruzione della nostra chiesa di San Francesco.
Serafino Gottarelli nacque a Castel Bolognese il 19 novembre 1641 da Domenico e Lucia; fu portato al Fonte Battesimale di San Petronio nello stesso giorno, gli si impose il nome di Serafino, che manterrà anche nella vita religiosa e il suo padrino fu Michele Gottarelli (1).
Il futuro francescano frequentò le scuole presso i Minori Conventuali della città e probabilmente qui lui maturò la vocazione di spendere la vita nell’Ordine fondato da San Francesco d’Assisi; proseguì poi gli studi a Bologna laureandosi in Utroque Jure. Ebbe dapprima l’incarico di inquisitore del Santo Uffizio per circa 18 anni nella città di Siena, poi dal 1680 al 1683 fu Ministro Provinciale dell’Ordine in Bologna. Il Capitolo si riunì a Ferrara; il Gottarelli aveva solo 39 anni ed era tra i più giovani frati eletti ad una carica così importante. L’arciprete di San Petronio Pier Carlo Guarini annotò nel libro dei battesimi questa memoria: “Essendo stato creato Provinciale in Ferrara il Molto Rev. Padre frà Serafino Gottarelli di anni 39 venne doppo alcuni giorni a Castel Bolognese sua Patria alli 24 novembre 1680. Al arrivo suo si spararono molte bombarde con grande applauso di tutto il Popolo che con varii fochi artificiali dimostrò la vivva allegrezza della Promotione di esso Padre alla Dignità del Provincialato che fu stimato da tutti i presenti mero frutto della heroica sua virtù” (2).
Trasferitosi successivamente a Roma presso la Casa Generalizia dei Santi Dodici Apostoli, occupò l’incarico di Inquisitore nel Santo Uffizio romano, indi il 6 marzo 1702 entrò a far parte del Consiglio dei Padri di Casa, un ristretto consesso dei confratelli più intimi del Guardiano, scelti da lui stesso, che gestiva la vita della Basilica e del convento dei Santi Apostoli, incarico che padre Gottarelli tenne sino alla morte. Questo Consiglio si riuniva normalmente ogni mese ed era composto da non più di cinque frati compreso il Guardiano ed un Segretario, che decidevano a maggioranza dei voti raccolti ed espressi col fagiolo bianco i voti favorevoli, col nero i contrari . Il compito di padre Serafino, assegnatogli nella riunione del 22 febbraio 1703, era quello di occuparsi “dell’entrata e dell’uscita della cera dalla Sagrestia rendendo il conto al Computista del Convento” (3). Non era un incarico di secondaria importanza, in quanto letto con la tecnologia odierna, padre Gottarelli si doveva occupare dell’illuminazione della chiesa e delle candele; si pensi che per ogni Messa era regolamentato il numero di candele da tenere accese e che, grazie all’economia nell’acquisto della cera si ricavò una notevole somma con la quale qui si fabbricò il nuovo Tempio di San Petronio del Morelli. Serafino Gottarelli tuttavia non fu mai Arciprete della Basilica, come alcuni storici hanno riferito ma solo Parroco come da Patente del Padre Guardiano del 4 giugno 1703. Tuttavia in aggiunta ai vari incarichi ebbe anche il delicato compito di governare i lavori e le maestranze dedite alla ricostruzione della Basilica. Infine, nella successiva riunione del 5 marzo 1703 gli fu assegnato l’incarico del governo della cantina (4) che comprendeva anche le scorte dell’olio, e della “Canova”. Anche questi compiti non erano di second’ordine in un Convento che ospitava più di un centinaio di confratelli, oltre i laici ed i conversi, per i quali occorreva il vino sulla tavola quotidiana e quello per le Celebrazioni Eucaristiche. La “Canova” riguardava l’affitto e la riscossione dei relativi canoni delle pigioni di quella parte del Convento ceduta, anche temporaneamente, in affitto ai privati; poteva trattarsi di una o più celle o di un intero appartamento. Anche queste rendite servivano per la costruzione della nuova Basilica. Il 26 giugno 1705 poi, padre Gottarelli fu eletto “Ufficiale Principale del Convento”.
L’impegno del Gottarelli per la ricostruzione della Basilica dei Santi Dodici Apostoli è certificata dai verbali delle riunioni del Consiglio dei Padri di Casa. Ad esempio nella riunione del 12 dicembre 1702 quel Consesso esaminò i Capitoli proposti dall’architetto Francesco Fontana per la regolamentazione del lavoro del Capomastro e degli Operai con puntigliosi adempimenti relativi ai progressivi pagamenti in corso d’opera; si pensi che il costo totale dell’opera era stimato in ventunomila scudi; i primi dodicimila da pagarsi nei successivi tre anni e gli ultimi novemila dopo i suddetti tre anni, a saldo ed in contanti sempre al Capomastro. I lavori nelle Cappelle con Giuspatronato sarebbero stati a carico delle famiglie che le detenevano, mentre gli stucchi e gli ornamenti della Basilica sarebbero tutti stati fatti a gusto e piacimento dell’architetto Fontana; i Reverendi Padri li avrebbero comunque pagati senza reclamo alcuno. Ancora, nella riunione del 12 gennaio 1704 si prese atto della morte del Capomastro Carlo Muggiani e della necessità sia di proseguire comunque la costruzione della nuova Basilica, sia di tenere monitorate la spesa, la presenza ed il lavoro delle maestranze in attesa di nominare un nuovo Capomastro ed in proporzione alle entrate del Convento. Pertanto si deliberò che tutti i componenti del Consiglio di Casa fossero di fatto i Fabbricieri della Basilica e che, a turno di un mese, sovrintendessero al cantiere anche tramite il padre laico fra’ Egidio che avrebbe verificato giornalmente la presenza di muratori e garzoni oltre all’ingresso dei materiali, e fu scelto per quel mese di gennaio lo stesso padre Gottarelli. In particolare, veniva poi stabilito che, stante la situazione finanziaria corrente, non fossero presenti nel cantiere più di tre muratori e carrettieri oltre ai loro garzoni e che l’aumento o la diminuzione della forza lavoro sarebbe stata autorizzata solo dal Padre Guardiano assieme al Fabbriciere del mese, verificati i conti di cassa. Così pure nella seduta del 19 agosto 1705 il Consiglio decise di interpellare l’architetto Fontana in merito alle richieste di crediti pretesi avanzate dagli eredi del capomastro Muggiani per la loro liquidazione e che ciò si facesse per ogni credito rivendicato nei confronti della Fabbrica della Basilica.
Relativamente alla sua morte, si apprende che, forse per favorirgli il respiro e toglierlo dalla cattiva aria che ammorbava Roma in estate, padre Serafino Gottarelli verso fine settembre fu accompagnato al convento di Santa Maria delle Grazie di Albano (5), dove peraltro ricevette tutti i conforti religiosi e l’estrema unzione ma, aggravandosi la sua salute, fu riportato ai Santi Dodici Apostoli il successivo 21 ottobre e qui morì il giorno 26 dello stesso mese. Dopo l’esposizione solenne della salma in chiesa, qualche giorno dopo, alla presenza di Autorità religiose, di tanti parroci romani e di folto popolo gli furono celebrate solenni esequie funebri.
Queste brevi note, sorrette dalle fonti storiche, corroborano quanto già scritto ma solo immaginato per ipotesi dallo scrivente anni fa, cioè che padre Serafino Gottarelli sia stato sicuramente il tramite romano tra i confratelli del Convento di Castel Bolognese e l’architetto Francesco Fontana per risolvere il problema dell’edificazione della nuova chiesa di San Francesco rispettando le esigenze avanzate da quei frati. Non v’è quindi dubbio, ora, che la paternità di quell’opera debba attribuirsi all’architetto Francesco Fontana il quale con San Francesco di Castel Bolognese portò in Romagna la pianta centrale, fino ad allora mai adoperata in una chiesa della nostra regione e che da quel momento verrà replicata in molti altri edifici sacri, tra i quali la Basilica della B. V. di San Luca a Bologna.

(1) Archivio Parrocchiale di San Petronio in Castel Bolognese, Registro dei Battezzati vol. V.
(2) Archivio Parrocchiale di San Petronio in Castel Bolognese, Registro dei Battezzati vol. V, c. 33v.
(3) Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali, Libro dei Consigli 1687-1727, verbale del 22 febbraio 1703.
(4) Curiosa la delibera degli stessi Padri che, preso atto dal Gottarelli della circostanza che il vino rosso della loro vigna non era risultato di buona qualità e si faticava a venderlo, lo si desse alla mensa del Padri per il pasto quotidiano. Cfr: Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali, Libro dei Consigli 1687-1727, verbale del 19 luglio 1703.
(5) Si tratta di un convento di grande importanza per la famiglia francescana minoritica. Qui nel 1692 fu nominato Padre Guardiano il castellano Giovanni Damasceno Bragaldi, che poi farà costruire nella nuova chiesa di San Francesco a Castel Bolognese il monumentale altare – reliquiario. Lo stesso Bragaldi in anni successivi alla morte del Gottarelli entrò nel Consiglio dei Padri di Casa al convento dei Santi XII Apostoli.
Cfr: TEOLI B., COCCIA A., La Provincia romana dei frati minori conventuali dall’origine ai nostri giorni, Roma, 1967, pag. 497.

Bibliografia:
Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali, Libro dei Consigli 1687-1727, ms.
Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali, Registro dei Morti, vol. V, ms.
Archivio Parrocchiale di San Petronio in Castel Bolognese, Registro dei Battezzati vol. V.
TEOLI B., COCCIA A., La Provincia romana dei frati minori conventuali dall’origine ai nostri giorni, Roma, 1967.

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