Il contributo di Castel Bolognese per la costruzione della cappella italiana a Dachau

Venne innalzata per ricordare i caduti italiani in tutti i campi di concentramento. Ben tre papi e diversi artisti importanti contribuirono alla sua realizzazione.
Fu inaugurata alla presenza delle più alte autorità politiche e religiose italiane e tedesche. Per poi venire dimenticata.

di Paolo Grandi

La collina del Leitenberg a Dachau-Etzenhausen

Verso la fine della guerra, col mancare del carbone necessario al funzionamento dei forni crematori, il Comando del Campo di concentramento di Dachau, nei pressi di Monaco di Baviera, decide di disfarsi dei prigionieri deceduti seppellendoli in alcune fosse comuni sulla collina del Leitenberg, a Dachau-Etzenhausen. Sono 4.138 i corpi che vi vengono seppelliti prima della liberazione del Campo, avvenuta il 29 aprile del 1945. Altri 1.979 corpi di internati e soldati tedeschi caduti nei combattimenti vi verranno seppelliti fino al 18 maggio 1945. Su ordine della 7a armata americana sono gli stessi cittadini di Dachau che devono trasportare i morti fino ai luoghi di sepoltura, attraversando la città con le salme deposte su carri, affinché tutti vedano quanto è successo al campo. I corpi di detenuti di altri campi di concentramento in Baviera vi verranno seppelliti negli anni successivi. Oggi vi riposano
7.609 salme ma di solo 204 delle quali è nota l’identità.

La cappella italiana sul Leitenberg

Dopo la guerra, in seno all'”Associazione Veneta Volontari della Libertà di Verona” nacque l’idea di erigere una cappella in onore di tutti i caduti italiani nei campi di concentramento. L’Associazione era federata alla “Federazione italiana volontari della libertà” – fondata da Enrico Mattei e Raffaele Cadorna il 14 aprile 1948 e che riuniva partigiani cattolici ed autonomi di estrazione anticomunista – ed era diretta dal Generale di Corpo d’Armata Gaetano Cantaluppi (Milano 1890 – Verona 1984), reduce dall’internamento nel Campo di concentramento di Flossenburg.
Nel 1955 venne formato il “Comitato pro erigenda Cappella Votiva a Dachau” – con Presidente lo stesso Gen. Cantaluppi – e si decise di consacrare la Cappella a Maria “Regina Pacis” cioè Regina della Pace. Durante gli anni della progettazione e della costruzione, il Comitato organizzò continue visite e manifestazioni ufficiali sul colle del Leitenberg, con importanti presenze sia italiane che tedesche.
La costruzione della Cappella raccolse numerosi sostenitori: contributi arrivarono dal Governo italiano e da quello tedesco ed il Governo bavarese concesse il terreno per la costruzione. Ben tre Papi intervennero per aiutare il progetto: Papa Pio XII donò un prezioso calice in oro, Papa Giovanni XXIII alcuni paramenti sacri, il Cardinale di Milano Giovanni Battista Montini (futuro Papa Paolo VI) il marmo di Candoglia – lo stesso di cui è costruito il duomo di Milano – per l’altare. Fondi per la cappella arrivarono anche da scuole, università, enti, privati: a tutt’oggi sono visibili nella cripta della cappella le targhe dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), dell’Associazione dei Comuni Italiani decorati al Valor Militare, del Generale Medaglia d’Oro Enrico Martini Mauri.
L’ing. Enea Ronca (Vigasio (VR) 1904 – Verona 1994) «offrì il suo ingegno e la sua perizia tecnica» per la stesura del progetto, lo scultore Arrigo Minerbi (Ferrara 1881 – Padova 1960) fuse nel bronzo la statua della Madonna della Pace che sovrasta l’altare e con marmo di Montegrotto Terme lo scultore Vittorio Di Colbertaldo (Forlì 1902- Verona 1979) creò la Via Crucis antistante la Cappella. Si trattava di tecnici ed artisti importanti: l’ingegner Ronca era un esperto nell’architettura ecclesiale, lo scultore Minerbi fu autore di una delle porte del Duomo di Milano ed opere del Di Colbertaldo sono esposte in tutto il mondo. I disegni esecutivi della Cappella portano la data del 25 maggio 1958 ed i lavori di costruzione – condotti dalla locale ditta Otto Reischl – durarono dal 1958 al 1963.
L’inaugurazione avvenne mercoledì 31 luglio 1963 alla presenza del Presidente della Repubblica italiana, Antonio Segni assieme al Ministro degli Esteri italiano Attilio Piccioni, del Presidente della Repubblica Federale tedesca, Heinrich Lübke e del Primo Ministro bavarese, Alfons Goppel e sul palco presero posto il cardinale di Bologna Giacomo Lercaro, il Nunzio apostolico a Bonn arcivescovo Corrado Bafile, il vescovo ausiliario di Monaco di Baviera Johannes Neuhäusler, l’ambasciatore italiano nella Repubblica Federale tedesca Gastone Guidotti, il Presidente del Comitato per l’erezione della Cappella generale Gaetano Cantaluppi, il Ministro dell’Agricoltura bavarese Alois Hundhammer, il presidente del Senato bavarese Josef Singer e numerosi esponenti del mondo politico, sociale e religioso locale.
Da Roma era anche giunta la Banda dei Carabinieri al completo (102 orchestrali), diretta dal maestro Domenico Fantini. Gli aderenti alle organizzazioni degli ex-partigiani ed ex-deportati presenti erano oltre 500. Numerose le delegazioni di Comuni e Province italiane e di associazioni d’arma.

Il contributo di Castel Bolognese

Con delibera di Giunta n. 120 del 19 aprile 1957, su sollecitazione dell’Associazione Veneta Volontari della Libertà di Verona, sono erogate 5.000 lire come contributo per la realizzazione della Cappella votiva, prelevate dal “fondo spese impreviste”. La Prefettura approvò la delibera.

La Cappella Votiva, oggi

Terminate le cerimonie, sulla Cappella italiana e sul Cimitero del Leitenberg cadde il silenzio, rotto raramente da qualche articolo di giornale o da qualche visita sporadica di associazioni italiane.
Il monumento a tutti i caduti italiani nei Lager è oggi quasi dimenticato. La Cappella, amministrata dal Ministero della Difesa italiano, soffre del passare del tempo e mostra segni di usura: lastre di marmo staccatesi dal muretto circostante, pavimento della cripta sconnesso in alcune parti, illuminazione esterna recisa. L’auspicio è che le autorità italiane possano e vogliano riscoprire questo nostro “pezzetto” di storia e d’arte, per valorizzarlo e farlo conoscere, ravvivandone l’attualità e rendendo così onore a coloro cui è dedicato, agli italiani “morti per la libertà di tutti i popoli”.

Visita artistica

Alla cappella, una costruzione circolare in stile rinascimentale, si giunge percorrendo una via crucis le cui stazioni – potenti blocchi di marmo grezzo di Montegrotto Terme – sono opera dello scultore Vittorio di Colbertaldo.
Sulla scalinata antistante sono affisse due targhe: “Repubblica Italiana. Tempio votivo ai caduti italiani” e “Repubblica Italiana. Ministero Difesa. Commissariato Generale Onoranze Caduti in guerra”. La porta d’ingresso, affiancata da due leoni, è sormontata da un rilievo marmoreo rappresentante il Cristo risorto e la scritta “REGINÆ PACIS DIC.” (consacrato – dicatum – alla Regina della Pace).
Al piano terreno si trova l’altare sul quale è posta la pregevole statua in bronzo “Maria Regina Pacis”, alta 2,5 metri, opera dello scultore Arrigo Minerbi. A destra v’è un affresco rappresentante San Francesco d’Assisi – sormontato dalla scritta “Nel crudo sasso tra Tevere ed Arno / da Cristo prese l’ultimo sigillo / che le sue membra due anni portarono / Dante Par. XI” – e la vetrata con le immagini della basilica e di San Marco (Patrono di Venezia). A sinistra l’affresco con Santa Caterina da Siena – sormontato dalle scritte “Io cammino sul sangue dei martiri il sangue / dei martiri bolle ed invita i vivi ad essere forti” e “bisogna / sentire tra / le spine / l’odore della / rosa prossima / ad aprirsi” – e la vetrata con le immagini della basilica e del santo San Zeno (Patrono di Verona).
Le vetrate sono opera di Gian Franco Ghidoli e prodotte nello Studio S. Ballardin a Verona nel 1962 (come si può leggere nella vetrata di destra), mentre gli affreschi dei due santi patroni d’Italia sono rifacimenti del luglio 1984 sugli originali andati distrutti (come scritto ai piedi dell’affresco di San Francesco).
Sopra il portale d’ingresso una lapide in italiano, tedesco, inglese e francese ricorda “Tempio votivo eretto dal Popolo Italiano a ricordo dei suoi morti per la libertà di tutti i popoli”.
La cupola sovrastante è ricoperta da un mosaico dorato sul quale una fascia blu reca la scritta “qvasi lilia in transitv aqvae – qvasi flos rosarvm in diebvs vernis – qvasi arcvs refvlgens inter nebvlas”. Una colonnina di marmo con capitello romano è il dono del Presidente Segni e riporta la data dell’inaugurazione.
Al piano sottostante c’è una cripta con l’altare. Sul pavimento il simbolo scaligero richiama la città di Verona. Alle pareti le targhe di marmo ricordano gli ideatori del progetto, Cantaluppi e Ronca, ed italiani caduti a Dachau. Affisso in una cornice, un documento del “Comitato pro erigenda cappella votiva di Dachau”, scritto in latino, italiano e tedesco il 5 agosto 1960 – in occasione del 37° Congresso eucaristico internazionale a Monaco di Baviera – ringrazia il Governo bavarese per il suo consenso all’erezione della Cappella ed afferma che il monumento è “testimonianza di superamento delle passate contese e della volontà di pace fra i due popoli italiano e tedesco nel più ampio dominio delle riconquistate libertà democratiche”.

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