Domenico Ginnasi (1550-1639)

Un grande prelato romagnolo

Ritratto del cardinale Domenico Ginnasi, un tempo conservato (e poi rubato) a Castel Bolognese nella Sala Consigliare del Municipio.

1. Da Castel Bolognese a Manfredonia (1550-1586)

Domenico Ginnasi nacque nel 1550 a Castel Bolognese, terzogenito di Francesco e Caterina Pallantieri, nell’attuale casa Marzocchi, sulla Via Emilia, di fronte alla Chiesa di Santa Maria dello Spedale. Il padre, Francesco, eccelse nell’arte medica, tanto da essere nominato lettore nell’Università di Bologna “e molti Principi d’Italia nelle occorrenze più pericolose della loro salute, si prevalsero con esito felice della di lui opera“. Fin da piccolo il futuro Cardinale è descritto molto devoto e pio. Dal padre, che ne aveva conosciuto le doti, il giovane Domenico fu avviato agli studi in Patria sotto scelti maestri, dopodichè si trasferì a Bologna assieme ai fratelli studiandovi la legge e le materie morali, teologiche ed anche la medicina. Nel 1572 ottenuta la laurea in utroque jure ed applicatosi quindi agli studi teologici e alla sacra erudizione, si trasferì a Roma presso i genitori. Non si conosce quando il Ginnasi fu consacrato sacerdote e se questo fu in Bologna, durante gli studi, o a Roma; sicuramente ciò avvenne durante il pontificato di Gregorio XIII (Ugo Boncompagni 1572- 1585), il quale fu il primo pontefice ad assegnargli incarichi, certamente non attribuibili a laici.

Sia l’influenza e la fama che ancora il padre di Domenico riscuoteva alla Corte Pontificia, sia la felice coincidenza di trovar seduto sul Trono di Pietro un bolognese, Gregorio XIII, favorirono l’ingresso a Corte del Ginnasi, ove iniziò a partecipare ai congressi della Prelatura ottenendo stima ed ammirazione da vari Prefetti che gli procurarono la nomina a Prelato domestico e Referendario dell’una e dell’altra Segnatura, ove si distinse particolarmente quale relatore in quella di Grazia.

Sisto V (Felice Peretti 1585-1590) gli conferì l’ufficio di Vicelegato della Provincia di Campagna, dove necessitava una persona forte, ma equilibrata per estirpare, cosa che fece, ladri banditi e sicari, rendendosi amabile nonostante il rigore nell’esercizio della Giustizia. Dallo stesso Pontefice, il 17 dicembre 1586, ricevette la consacrazione a Vescovo, e fu destinato pastore della Diocesi di Manfredonia.

2. Domenico Ginnasi Vescovo di Mafredonia (1587-1600)

Il solenne Concistoro si tenne in San Pietro il 14 gennaio 1587, dopodichè Domenico Ginnasi raggiunse la Diocesi Garganica, la cui Cattedra Episcopale era stata trasferita, dall’antica e semidistrutta Siponto, a Monte Sant’Angelo, luogo più sicuro e da sempre meta di pellegrinaggi per il celebre santuario di San Michele. In quel tempo tuttavia Manfredonia era tanto cresciuta di importanza sia per il fiorente commercio, sia grazie alla pesca, potendo rivaleggiare con Monte Sant’Angelo, e perciò reclamandone il predominio amministrativo e religioso.

Il giovane Vescovo esortò alla devozione, alla modestia, all’esempio i sacerdoti che voleva puntuali nell’adempimento del loro ministero; impegnò le sue forze nella rappacificazione fra Sipontini e Garganici, conducendo anche i restauri della antica Cattedrale di Santa Maria di Siponto. Ricondusse la Diocesi, nella quale si celebravano le Sacre Funzioni col rito greco, al rito latino, riportando la sede diocesana a Manfredonia.. Dapprima promosse una visita pastorale, indi due Sinodi diocesani convocati presso la nuova Cattedrale di Manfredonia nel 1588 e nel 1592.

Domenico Ginnasi si distinse per la generosità: oltre a sovvenire vari parroci di campagna privi di mezzi, a sollievo dei poveri eresse in Manfredonia il 12 marzo 1598 il Monte di Pietà. Il 21 novembre 1592 fondò nella stessa città il Monastero di Santa Chiara, indi innalzò ed istituì il Seminario Arcivescovile per 25 chierici della Diocesi. Egli infine provvide ad arricchire la Cattedrale di pitture, suppellettili, statue e calici; a Monte Sant’Angelo invece, allargò la Cappella Maggiore del Santuario di San Michele al fine di tenervi Messe pontificali, e rifece tutto l’altare maggiore, ingrandendolo e circondandolo di marmi. Gli offrì poi in dotazione una nuova Croce e nuovi candelabri d’argento e d’oro. Dalla Puglia il Ginnasi non si dimenticò della sua città natale, e volle onorarla di un dono tanto singolare, quanto prezioso: la Colonna di San Michele, tolta da Santuario di Monte Sant’Angelo.
Domenico Ginnasi rimase sicuramente a Manfredonia fino al 1595. Da quell’anno, cominciò a spostarsi, assentandosi per vari incarichi assegnatigli da papa Clemente VIII e dai suoi successori, vivendo prevalentemente a Roma, ma non tralasciando di ritornare nella sua Diocesi di tanto in tanto. Rassegnò le dimissioni il 5 novembre 1607 a favore del nipote Annibale Serughi Ginnasi. E’ probabile che già dal 1597 quest’ultimo fosse in Manfredonia per sostituire, in qualità di Vicario, lo zio, poichè è difficile pensare che la Sede vescovile sia rimasta vuota, pur col beneplacito del Papa, per dieci anni.

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Stemma vescovile di Domenico Ginnasi posto sul portale d’ingresso all’atrio della cosiddetta “Tomba di Rotari” a Monte Sant’Angelo.

3. Da Manfredonia a Madrid (1595-1603)

Fu un periodo di intenso lavoro per Domenico Ginnasi, quello a cavallo fra il XVI ed il XVII secolo: papa Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini 1592-1605) infatti, conoscendolo bene, se ne servì per molti incarichi. Con breve del 18 febbraio 1595 lo nominò Vice Governatore di Fermo in nome del nipote Cardinale Pietro Aldobrandini, ove tuttavia rimase non più di un anno, probabilmente sino all’arrivo del successore incaricatovi l’8 giugno 1596, ritornandosene a Manfredonia. Il Pontefice gli offrì, in questo stesso tempo, l’incarico di Tesoriere Generale della Camera Apostolica, che il Ginnasi rifiutò; davanti a questa ferma volontà, lo destinò pertanto quale Legato straordinario a Firenze, presso il Granduca di Toscana Ferdinando I. Qui si distinse per le sue qualità, ma, ancora una volta, l’incarico fu di breve durata, in quanto il Papa lo richiamò a Roma per inviarlo in Spagna, presso re Filippo III quale Nunzio straordinario. Fu questo, sicuramente, fra tutti quelli avuti dal futuro Cardinale, l’ufficio più delicato, necessitando ampia dimestichezza nella diplomazia e buona dottrina teologica. Il compito infatti non era semplice: la Spagna, che, oltretutto, dominando sul Regno di Napoli, era uno Stato vicinissimo fisicamente a quello Pontificio, aveva da poco concluso una guerra con la Francia e stava entrando in un periodo di forte crisi, mentre, all’interno della sua Chiesa si muovevano fremiti di indipendenza e di riscossa da Roma, al cui capo vi era la potentissima ed influente Inquisizione Spagnola. Partì, dunque, il Ginnasi per la nuova destinazione nel gennaio del 1600 per assumervi le funzioni dal mese di febbraio, colà rimanendovi fino alla notizia della morte di Clemente VIII nel 1605, intervenendogli nel frattempo la nomina a Nunzio Ordinario di quella Nazione.

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Busto marmoreo del Cardinale Ginnasi attribuito allo scultore Gian Lorenzo Bernini. Roma, Galleria Borghese.

4. La nomina a Cardinale ed il rientro a Roma (1604-1605)

Clemente VIII, procedette alla sua sesta promozione cardinalizia il 9 giugno 1604. Dei nominati, dodici erano benemeriti italiani, e fra costoro v’era monsignor Domenico Ginnasi arcivescovo di Manfredonia e Nunzio in Spagna. Il Ginnasi, trovandosi a Madrid, fu avvisato della nomina attraverso un corriere. Accolta la notizia, ascoltata la lettura del Breve di nomina, si portò ai piedi del Crocifisso per ringraziare Dio ed ordinò che nel giorno successivo si celebrassero per questo motivo molte Messe e si crescesse la quantità delle elemosine che quotidianamente faceva dispensare ai poveri. Di tutto ciò fece partecipe il Re, che si rallegrò con lui e gli fece poi recapitare ben 16.000 scudi per contribuire al sussidio delle spese che gli sarebbero occorse per il rientro a Roma, ma il Ginnasi li rifiutò con la sua abituale modestia, cosa che il Re apprezzò. Grandi furono i festeggiamenti che Castel Bolognese tributò al suo diletto figlio.

La notizia della morte di Clemente VIII, avvenuta il 10 febbraio 1605, colse il cardinale Ginnasi nella capitale spagnola. Egli si preparò pertanto a partire per Roma al fine di partecipare al Conclave, ma, “per gli ostacoli pericolosi che incontrò nel mare“, non fece in tempo a raggiungere il Sacro Collegio, anzi arrivò a Roma che il nuovo papa Leone XI (Alessandro Ottaviano de’ Medici), eletto il 1° aprile, era già morto, dopo appena ventisette giorni di Pontificato. Nel Conclave che si aprò appena terminati i funerali di Clemente VIII il Ginnasi, benchè assente figurò nella rosa dei papabili, ma la candidatura cadde dopo le prime votazioni. Sepolto Leone XI, il Sacro Collegio si trovò di nuovo riunito, ed anche in questa occasione più volte il Ginnasi figurò fra i papabili, ma in pochi giorni l’intesa si formò attorno al cardinale Camillo Borghese, di nobile famiglia romana, che prese il nome di Paolo V (1605-1621). Terminate le feste per l’elezione, il Ginnasi ottenne dal nuovo Pontefice, nel solenne Concistoro del 2 giugno 1605, il Cappello Cardinalizio, mentre il seguente 20 giugno gli fu assegnato il titolo di Cardinale di San Pancrazio, passando poi a quello dei Santi Dodici Apostoli il 30 gennaio 1606, che mantenne per ben ventidue anni.

5. Il Cardinalato (1605-1639)

Non appena il Ginnasi fu libero da impegni, e comunque nello stesso anno 1605, si recò a Loreto e nella sua Diocesi pugliese. Rientrato in Roma, il Cardinale visse fino alla morte nel suo palazzo di Via delle Botteghe Oscure, vicino alla Chiesa di Santa Lucia, assieme alla nipote Caterina. Chiesa e palazzo sono stati sacrificati alle esigenze della Nuova Roma Imperiale nel 1936, e l’attuale edificio, sorto nell’angolo fra Via Botteghe Oscure e ciò che resta di Via Arco dei Ginnasi, fu voluto da Flaminio Ginnasi su disegno dell’architetto G.B. Milani. L’originario immobile era stato costruito del XVII secolo in una zona che, all’epoca, doveva conservare ancora consistenti avanzi monumentali.

Modestia e moderazione furono il suo stile di vita, tanto da apparire avaro; con la famiglia si comportò da padre amoroso, procurando di aiutarla in qualunque momento. Essendo già di suo benestante, rinunciò a duemila scudi di pensione che gli provenivano dalla Chiesa arcivescovile di Manfredonia a favore dei domestici, dai però pretendeva cortesia e virtù.
Domenico Ginnasi fu particolarmente devoto al Sacramento della Eucarestia, per cui volle che il Monastero delle Monache Teresiane, da lui fondato in un’ala del palazzo, si chiamasse del Corpus Domini. Grande fu anche la sua venerazione per la Passione di Gesù Cristo, della quale spesso parlava ed amava leggere libri. Venne iscritto nella Compagnia del Crocifisso, una delle principali Arciconfraternite romane, che frequentava con sommo piacere, attendendo con attenzione agli uffici cui era addetto. Desideroso di beneficare anche le persone lontane, scrisse ai ministri che curavano i suoi beni a Castel Bolognese affinchè, con il frutto di seimila scudi annui, dispensassero con larga mano nel suo palazzo, durante i mesi d’inverno, ogni venerdì in memoria della Passione, ai poveri della città pane, vino e legna, ordinando che lo stesso trattamento fosse riservato anche ai pellegrini ricoverati nello Spedale di Santa Maria della Misericordia.

La carità e la generosità del cardinale Ginnasi, peraltro nota in tutta Roma, non si limitò solamente alle elemosine; egli beneficò attraverso la istituzione di monasteri, di cappelle, di opere benefiche ogni luogo che lo vide nascere, Vescovo o Cardinale.
Domenico Ginnasi rimase Arcivescovo titolare di Manfredonia fino al 5 novembre 1607, quando era già Cardinale con il titolo dei Santi Dodici Apostoli. Successivamente, il 16 settembre 1624, ottenne il titolo di San Lorenzo in Lucina, indi, il 2 marzo 1626, fu nominato Vescovo di Preneste e, il 20 agosto 1629, Vescovo della Diocesi suburbicaria di Porto e Santa Rufina, per poi passare, il 15 luglio 1630, come Vescovo nella Diocesi suburbicaria di Ostia e Velletri. Come componente del Sacro Collegio, di cui diventò nel 1630 il decano, occupò vari uffici. Fu Ponente e, successivamente, Prefetto della Congregazione dei Vescovi e Regolari che si riuniva solitamente in casa sua, mentre il papa Paolo V lo volle spesso suo consigliere e non mancò di incaricarlo di compiti delicati ed importanti.

Paolo V morì il 26 gennaio 1621 dopo quasi sedici anni di pontificato; su 70 cardinali componenti il Sacro Collegio, 46 dei quali nominati dal defunto Papa, solo 52 arrivarono a Roma in tempo per il Conclave. Il Ginnasi era anche fra i candidati alla Tiara; tuttavia, per la terza volta, la candidatura cadde alle prime votazioni mentre il giorno 9 febbraio 1621 venne elevato al Soglio Pontificio il bolognese Alessandro Ludovisi (1621-1623) con il nome di Gregorio XV. Questi morì nel Palazzo del Quirinale l’8 luglio 1623. Pochi furono i Cardinali riuniti in Conclave per l’elezione del nuovo papa: appena 54. Il cardinale Ludovisi tenne alta la candidatura del Ginnasi, anche mirando a tener divisi gli Spagnoli dai Francesi, ma ebbe poco successo. Di nuovo il nome del Ginnasi rispuntò invano in altre votazioni, tormentate da contrasti e dalle malattie portate dall’eccessivo caldo; ma si dovette aspettare il 6 agosto per avere la notizia del nuovo papa eletto, che prese il nome di Urbano VIII (Maffeo Barberini 1623-1644).

Domenico Ginnasi non amava viaggiare, benchè la cosa sarebbe potuta essergli utile per la salute, ed usciva di rado dal palazzo di Via delle Botteghe Oscure; non trascurò tuttavia di visitare per bel due volte Castel Bolognese: nel 1608 e nel 1613. Se lo faceva, era per recarsi alla sua villa nei pressi di Santa Sabina, o per intervenire a funzioni presso Cappelle Pontificie e Cardinalizie, a Concistori, alle esequie di qualche collega; oppure per partecipare a qualche solennità di Santi, alle prediche, alle fondazioni letterarie di filosofia e teologia. Il Cardinale trovò quindi il tempo per scrivere alcune opere, benchè solo una sia stata pubblicata.

Nel 1636 fu dato alle stampe, in Roma l’opera in due tomi in folio “Enarrationes in omnes psalmos David” un commentario illustrativo dei salmi di Davide; non videro invece la pubblicazione sia il Commentario sul Pentateuco, sia un volume intitolato “Contra Judaeos“, sia i manoscritti di orazioni, discorsi e lettere. Il cardinal Ginnasi fu intimo amico di San Giuseppe Calasanzio (1556-1648), il quale, pare gli predicesse la data della morte, e di San Camillo de Lellis (1550-1614) del quale fu protettore del suo ordine di religiosi. Appassionato di musica, fu protettore di Giovanni Francesco Anerio .

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Frontespizio del primo tomo dell’opera Enarrationes in omnes Psalmos David. Castel Bolognese, collezione privata.

6. Gli ultimi giorni, la morte e le solenni esequie

Malato di gotta, verso la fine del mese di febbraio del 1639 un attacco più virulento del solito lo assalì improvvisamente con febbre alta, costringendolo a letto, facendo rinviare l’adunanza della Congregazione sugli affari dei Vescovi e Regolari che quel giorno si sarebbe riunita nel suo palazzo. Accorgendosi che la morte si avvicinava, volle che subito gli fosse portato il Santissimo Viatico che ricevette con estrema devozione alla presenza di tutta la famiglia, che era in pianto per l’imminente perdita del padrone. Ottenne la Benedizione Pontificia e munito della Estrema Unzione morì il 12 marzo 1639.

La nipote Caterina si occupò del suffragio dell’Anima dello zio, in casa e fuori, ordinando orazioni, distribuzioni di elemosine straordinarie e Sante Messe nelle principali chiese di Roma.

La notizia della morte del Cardinale, già da nove anni decano del Sacro Collegio, fu accolta con dispiacere a Corte; si radunarono in Palazzo Ginnasi molti Cavalieri Bolognesi con Ufficiali e Confratelli dell’Arciconfraternita della Nazione Bolognese in copioso numero, con le torce accese, per accompagnare la salma in processione per varie strade ed infine in Santa Lucia delle Botteghe Oscure dove fu esposta su di un alto catafalco con solenne apparato e più di duecento fiaccole accese.

Dentro e fuori Roma furono celebrate Messe di suffragio, specialmente nella Chiesa di San Giovanni della Nazione Bolognese in Roma, ove egli era protettore, nella Cattedrale di Velletri ove era Vescovo e nelle Chiese di San Petronio, San Francesco, Santa Maria della Misericordia, del Rosario, del Monastero della Santissima Trinità e di Santa Croce in Castel Bolognese.

Sempre in suffragio dell’anima del Cardinale, la nipote istituì sei Cappellanie con obbligo per i Sacerdoti occupanti a celebrare quotidianamente una messa.
Finalmente il giorno 14 marzo si celebrarono le solenni esequie in Santa Lucia delle Botteghe Oscure, con l’intervento di molti Cardinali, l’orazione funebre fu tenuta dal padre Francesco De Luca, gesuita, che la stampò nel 1639. Il Ginnasi venne sepolto nella stessa Chiesa di Santa Lucia, in una cappella, di fronte alla tomba della cognata Faustina Gottardi; al suo fianco verrà successivamente seppellita la nipote Caterina. “E parve che Roma tutta fosse colà trasfusa a vedere questa lagrimabile funzione“.

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Atto di morte del Cardinale Domenico Ginnasi.
Roma, Archivio del Vicariato dell’Urbe.

7. Le opere istituite e lasciate dal cardinal Ginnasi

La generosità del cardinale Domenico Ginnasi ci ha lasciato numerose istituzioni, alcune delle quali sono oggi ancora viventi. A Castel Bolognese, sua terra natale, istituì il monastero Domenicano della Santissima Trinità che vide l’ingresso delle prime suore il 2 novembre 1613, l’Istituto Dotale Zitelle Bianche fondato l’11 maggio 1616 e destinato ogni anno a provvedere alla dote di otto zitelle che dovessero sposarsi, ma fossero prive di mezzi, e fu insigne benefattore del Monte di Pietà nel 1622. A Roma destinò una parte del suo palazzo a monastero delle Teresiane sotto il nome di Monastero del Corpus Domini o delle Ginnasie, ed altra parte a Collegio ove potessero essere ricevuti otto alunni di Castel Bolognese i quali avessero vocazione per la vita ecclesiastica, inoltre beneficiò più volte la chiesa di Santa Lucia alle Botteghe Oscure. Ad Ostia provvide a costruirvi un ospedale per gli infermi e per i pellegrini dotandolo di suppellettili e di rendite, ed una attigua Chiesa dedicata a San Sebastiano, mantenendo inoltre, a sue spese, un medico in quell’ospedale ed un cavallo con carro che serviva per portare gli ammalati più gravi negli ospedali di Roma. Alla Cattedrale di Velletri donò svariati calici e vasi in argento; vi eresse poi una cappella “a proprie spese magnifica ed elegante, con altare ornato di porfido e di altri preziosi marmi, ad onore de’ santi protettori della città“. A Carpentras, assegnò al Capitolo della Cattedrale di Carpentras una annua rendita perchè fossero celebrate messe in suffragio dell’anima del fratello e di altri defunti e “perchè si provvedesse in certi tempi dell’anno a far mangiare un copioso numero di mendicanti“.

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Reminescenze del Cardinal Ginnasi. La città di Roma ha intitolato alla famiglia Ginnasi la breve strada che conduce da Corso Vittorio Emanuele a Via delle Botteghe Oscure; chiamasi Via Arco de’ Ginnasi poichè è  affiancata da un ponte coperto che unisce i palazzi al di qua e al di là di una strada interna, un tempo tutti della famiglia. Dietro l’attuale palazzo di famiglia, di fronte all’arco che dà il nome alla strada, si apre il largo Ginnasi.

PAOLO GRANDI

tratto da: GRANDI P., Il Cardinale Domenico Ginnasi, Faenza 1997.

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