Beneficenza Castellana: l’Istituto Dotale Zitelle Bianche
L’11 maggio 1616 il cardinale Ginnasi decise di fondare a Castel Bolognese un Istituto Dotale, destinato ogni anno a provvedere alla dote di otto zitelle che dovessero sposarsi, ma fossero prive di mezzi.
Nominò pertanto suo mandatario alla fondazione il nipote Francesco Serughi Ginnasi, figlio della sorella Lucrezia il quale, alla presenza del Notaio, nel Palazzo vescovile di Imola, con l’assistenza del Vicario Generale monsignor Marcello Padovani, dettò il regolamento dell’Istituto.
Il Cardinale ne aveva assegnato alla Confraternita dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia la gestione e, pertanto, Francesco Serughi Ginnasi trasferì a Marco Antonio Pignattini, Vittorio Regoli e Sante Pini, rispettivamente Rettore e Priori della Confraternita le seguenti entrate:
-Censo di lire 400 di Romagna imposto dal Cardinale ad Arrigo Arrighi da Castel Bolognese con la garanzia di Dionisio Antolini;
-Censo di lire 2.000 di Romagna imposto dal Cardinale a Cesare Trario con garanzia di Ettore Trario;
-Censo di lire 700 di Romagna imposto dal Cardinale ad Alessandro Trario con garanzia di Cesare Trario;
-Censo di lire 500 di Romagna imposto dal Cardinale a Carlo Steghi con garanzia di Lodovico Steghi;
-Censo di scudi 1.000 imposto dal Cardinale a Giovanni Battista Gottarelli.
La Confraternita avrebbe poi dovuto nominare un esattore per le entrate, da versarsi al Monte di Pietà.
Il Cardinale riservava alla Famiglia Ginnasi, viventi Lucrezia e Zenobia, Francesco Serughi Ginnasi e loro discendenti, il diritto di nominare due zitelle; le rimanenti dovevano essere scelte della Confraternita attraverso il seguente sistema.
L’ultima domenica di settembre di ogni anno doveva chiudersi il bilancio dell’Istituto, stabilendo quale somma destinare in complesso alle doti e quante doti pagare, col limite massimo di otto Nella stessa giornata si votavano otto uomini di almeno 40 anni e di buoni e specchiati costumi; i quattro con maggiori suffragi erano i “visitatori” di quell’anno, cioè quelle persone destinate ad individuare ed a prendere informazioni sulle nubili da maritare. La terza domenica di ottobre doveva riunirsi il Consiglio della Confraternita alla presenza del Notaio. I quattro “visitatori” dovevano imbussolare in segreto i nomi delle proposte e, nella successiva domenica, si estraevano i nomi fino alla concorrenza del numero stabilito. Il cardinale Ginnasi tuttavia stabilì che le zitelle figlie di lavoratori della famiglia Ginnasi fossero preferite senza estrazione.
Le prescelte, che dovevano almeno avere quindici anni, essere di specchiati e casti costumi ed essere nate loro e i loro genitori a Castel Bolognese, avrebbero dovuto trovarsi il 1° novembre in San Petronio, confessate e comunicate, vestite in abito bianco (donde il nome Zitelle Bianche), il volto coperto ed una candela accesa in mano. Alla spesa per il vestito e le “pianelle” provvedeva la Confraternita. Al termine della Messa le giovani, accompagnate ognuna da una donna di età matura, raggiungevano in processione l’altar maggiore ove il Celebrante, presenti il Rettore, i Priori ed i Guardiani della Confraternita, consegnava loro una borsa, simbolo della ottenuta dote.
In realtà la borsa non conteneva i soldi, che non potevano essere consegnati ad una donna secondo le regole del diritto civile, ma una cedola che ne garantiva il pagamento. Al momento del matrimonio la giovane doveva consegnare la cedola ai Priori, “la Vergine verrà visitata da due anziani della compagnia di età matura, e solo trovandola meritevole le daranno licenza“. Il sussidio veniva poi pagato al marito dietro presentazione del certificato di matrimonio, alla presenza del Notaio: ma la dote doveva essere restituita alla Confraternita se la donna fosse stata “di vita disordinata o che moresse senza figli“.
Nell’archivio dell’Istituto, poi entrato nella Congregazione di Carità ed infine nelle Opere Pie Raggruppate, trovansi i bilanci ed i nomi delle beneficate di quasi tutti gli anni fino al 1914; questi i nomi delle ultime zitelle che ottennero il dotalizio: Giuseppina Dall’Oppio nata a Castel Bolognese il 19/12/1889; Giuseppa Mazzolani nata a Castel Bolognese il 20/06/1894; Paola Borzatta nata a Castel Bolognese il 18/08/1884 e Maria Ortelli nata a Castel Bolognese il 06/10/1886. Probabilmente, dopo questa data, il patrimonio dell’Istituto, sempre costituito da crediti o cartelle del debito pubblico, è stato fuso con quello della Congregazione di Carità, forse per mancanza di candidate, forse per la caduta in desuetudine, nella città, della costituzione ufficiale delle doti, benché la legge abbia abrogato questo istituto giuridico solo nel 1975. Pertanto ancora oggi un briciolo delle entrate delle Opere Pie Raggruppate di Castel Bolognese, che da tempo gestiscono con encomiabile zelo la Casa di Riposo Camerini, potrebbe derivare da questa antica beneficenza voluta dal generoso cardinale Ginnasi.
Paolo Grandi
Tratto da: GRANDI P., Il Cardinale Domenico Ginnasi, Faenza 1997.
Aggiornamento ottobre 2019
Recentemente mi è stato esibito il registro della contabilità tra il 1854 e il 1918, rinvenuto fortunosamente in un immobile di proprietà delle Opere Pie e finito lì non si sa come. I minuziosi rendiconti annuali sono tutti chiusi con attivo, più o meno alto a seconda delle doti pagate nell’anno, visto che le entrate, come detto sopra tutte derivanti da crediti o cartelle del debito pubblico erano sempre costanti negli anni finanziari. Un elenco delle beneficiate, allegato al registro, ci permette di osservare come ogni anno si sia mantenuta, grazie alla floridità del bilancio, la possibilità di erogare tre dotalizi.
I contabili che si succedettero nel periodo furono Giacomo Biancini fino al 19 aprile 1867, Francesco Dalprato fino al 1882 e successivamente altri di cui non si fa cenno del nome.
Anhe in questo registro, dopo il 1859 e per qualche anno, la contabilità è tenuta nelle due valute di riferimento: gli scudi papali (con i quali era stato costituito a suo tempo il beneficio) e le lire italiane; anche in questo caso si può notare che i rapporto tra le due valute era di uno scudo papale per circa cinque lire italiane,
Con gli anni ’10 del XX secolo la contabilità si fa molto scarna, dal momento che poche erano le attività nell’anno. Nel 1915 viene pagato il dotalizio a Maria Ortelli, penultima nominata nel 1914 e nel 1916 a Giuseppa Dall’Oppio, ultima beneficiata.
Negli anni 1917 continuano le entrate, sempre per le voci sopra dette e le uscite si limitano al contributo alla Congregazione di Carità per la tenuta dei conti e al pagamento delle tasse di manomorta. Con le stesse voci si chiude con un discreto attivo di 1247,33 lire il bilancio del 1918. Dopo il registro tace e, come detto sopra, probabilmente l’attivo fu incamerato dalla Congregazione di Carità per fusione del beneficio con gli altri gestiti da quell’Ente.
Paolo Grandi
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