Storia del torrione-studio dello scultore Cesare Ronchi
di Valerio Brunetti
(introduzione) Dal 9 maggio al 9 giugno 2025, si tiene la mostra “Cesare Ronchi. La poetica, la scultura”, un percorso espositivo diffuso che omaggia la figura e l’opera dello scultore scomparso nel 2024. L’iniziativa è promossa dal Comune di Castel Bolognese in collaborazione con la famiglia Ronchi, la curatela dell’artista Stefano Zaniboni e la consulenza dell’architetto Mario Giberti. La mostra è articolata su due sedi espositive: l’ex chiesa di Santa Maria della Misericordia (Via Emilia 86/a), dove sono ospitate una trentina di opere e lo studio dell’artista in Via Guidi 18, aperto eccezionalmente al pubblico.
Soprattutto nello studio vive l’anima di Cesare Ronchi che, nella seconda metà degli anni ’90, ebbe la lungimiranza e il coraggio di acquisire il torrione che da alcuni anni versava in un miserabile stato di conservazione, a seguito di numerosi crolli subiti negli anni precedenti. L’impegno profuso nel restauro e il risultato eccellente ottenuto dopo i lavori (durati diversi anni) sono encomiabili e dobbiamo essere grati a Cesare Ronchi per aver salvato dalla rovina un angolo importante del vecchio Castello. Pubblichiamo un testo sulla storia del Torrione, scritto appositamente da Valerio Brunetti per la famiglia Ronchi, e numerose fotografie storiche dal nostro archivio e da quello della famiglia Ronchi. Un grazie ad entrambi per aver concesso la pubblicazione sul sito (A.S.)
Cenni su Castel Bolognese
Il Castello nasce, ad opera dei bolognese, alla fine del XIV secolo come terranuova, cioè come centro di nuova fondazione.
Inizialmente edificato solo a monte della via Emilia, nei primi decenni del XV secolo si amplia, fino a racchiudere all’interno delle proprie mura un tratto della via Emilia
Il torrione est, studio dello scultore Cesare Ronchi
In questa seconda fase, con l’ampliamento del castello, nasce il torrione est della cinta muraria. Inizialmente ha la forma di quelli esistenti a monte della strada maestra: torrioncini alti e slanciati, di diametro modesto, con merlatura, com’erano quelli di altri castelli dell’area bolognese. Tutte difese predisposte per l’uso di armi “a mano”, tipo archi e balestre.
Dalla metà del XV secolo comincia a diffondersi l’uso delle armi da fuoco. Le strutture dei castelli e delle rocche vengono lentamente adeguate, ribassando le difese e aumentando lo spessore delle murature per poter resistere ai colpi d’artiglieria.
Sicuramente anche per Castel Bolognese, in questo periodo, si profila un progetto delle strutture difensive ma non ne conosciamo i limiti. Le uniche testimonianze certe superstiti erano rimaste la porta del castello, lato Imola, fatta demolire negligentemente dalla Municipalità alla fine del XIX secolo, e il torrione est. Sono i testimoni di un rinnovamento che doveva essere ancora in corso nel 1501, quando Cesare Borgia, ottenuto il castello dai Bolognesi, ne fece atterrare tutte le difese ad opera di milleduecento guastatori appositamente inviati nell’estate di quell’anno. La certezza dell’avvenuta demolizione è stata fornita dallo scavo archeologico del torrione dell’Ospedale, che ha fornito dati di riscontro.
A questo punto possiamo ipotizzare che il torrione est della cinta muraria (oggi Ronchi), debba il suo aspetto “degradato” ad una incompleta opera di distruzione da parte dei guastatori, davanti ad un’architettura militare di nuova generazione, per quanto noto l’unica esistente in tutto il castello. Ipotizziamo che davanti alla consistenza della struttura il “lavoro” non sia stato completato.
Trascurando le scarse notizie sulle vicende della rocca, in parte sicuramente aggiornata, abbiamo invece la certezza che nel 1485 questo torrione era stato terminato.
L’aspetto esterno, con muro a forte scarpa, bocche da fuoco (una superstite, verso la via Emilia, murata all’interno), con cordoli semicircolari e beccatelli destinati a sostenere il coronamento merlato, è simile a quello dei torrioni circolari delle vicine e coeve rocche di Riolo Terme e Bagnara. Purtroppo la struttura interna è andata completamente persa. Rimangono tracce delle volte che coprivano gli ambienti. Prima dei recenti restauri aveva una copertura posticcia, a cui ha rimediato l’attuale sistemazione.
L’architettura militare quattrocentesca si coglie dalla presenza delle tre “casematte”, predisposte per contenere le nuove artiglierie, ricavate nello spessore dei muri, poste in difesa della cinta muraria e verso il campo aperto. Va sottolineato che le quote, che oggi definiamo stradali, all’esterno del torrione, sono aumentate di almeno 1,20/1,50 metri, rispetto a quelle originarie.
Durante i restauri, lo svuotamento del riempimento interno è stato eseguito sotto sorveglianza. Non sono emersi depositi archeologici, in quanto durante l’ultimo conflitto mondiale era stato ricavato un rifugio sottoscavato, accessibile dall’esterno a nord, con lo sventramento di una delle antiche postazioni d’artiglieria, intervento ancora oggi ben leggibile.
Dallo scavo è emersa una curiosità costruttiva: la nuova struttura tardo quattrocentesca, è stata addossata al torrioncino preesistente, come si può vedere dal piano più basso dell’attuale sistemazione. Fortunatamente il restauro ha bloccato il degrado dell’intero complesso.
Diciamo che la storia di questo torrione si fa per ipotesi e confronti, mancando quasi totalmente una documentazione relativa alle sue vicende.
Conosciuto in tempi recenti con il nome “Torrione di Duilio”, dall’idraulico (Duilio Monti (1915-1975), ndr) che l’aveva trasformato nel suo laboratorio, poi come “Torrione del macello” dalla vicinanza di quella struttura.
Tra Ottocento e Novecento, la casa vicina a ridosso delle mura, di cui il torrione faceva parte, era la residenza della famiglia del famoso pittore castellano Giovanni Piancastelli.
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