Giovanni Pirazzini e Antonio Gaddoni

Giovanni Pirazzini, detto Zvanè d’Zagliòna, nato il 4 giugno 1809, partecipò ben presto al movimento cospirativo dimostrando serietà e capacità in quella difficile attività. Si arruolò anche per combattere a Vicenza nel 1848, al fiume Savena nel 1849 e nello stesso anno in difesa di Ancona. Per la sua posizione di patriota valoroso oltre che di affiliato alla Carboneria e alla Giovine Italia, con la caduta della Repubblica Romana, la polizia pontificia ed i locali suoi avversari, imbastirono un’accusa a proposito dell’uccisione di un detenuto comune, il bandito Giovanni Budini. Il fatto avvenne nel 1847 durante il trasferimento di questi dalle carceri di Castelbolognese a quelle di Imola e il Pirazzini, in quell’occasione, era il comandante la pattuglia della guardia civica incaricata della scorta del detenuto stesso. Veniva anche imputato di avere fatto fucilare, nel Febbraio del 1849, sempre nella sua qualità di ufficiale della guardia nazionale, quattro aggressori che avevano derubato il conte Gaetano Zampieri, Giuseppe Spadoni e Giovanni Conti di Castelbolognese. Avvisato del mandato di cattura che pesava su di lui, Pirazzini non voleva saperne di nascondersi, ma venne forzato a rifugiarsi nella vicina Repubblica di San Marino. Insofferente all’isolamento, tornò in paese il 18 Dicembre 1849 ed il giorno seguente si recò a Lugo, al mercato. Colà fu arrestato. Condotto a Roma, venne riportato a Castelbolognese, dopo cinque anni di carcere, per essere giustiziato il 19 Dicembre 1854.

Antonio Gaddoni, detto il Brandolino, compagno di fede e di martirio del Pirazzini, anch’egli fervido patriota e combattente a Vicenza nel ‘48 ed a Roma nella difesa della Repubblica Romana, venne imprigionato e condannato alla pena capitale perché indiziato, e perciò senza prova alcuna, di avere ucciso il 29 Marzo 1849 il dott. Francesco Contoli, nota personalità clericale del paese.
E’ stato tramandato fino a noi il ricordo di quella mattina quando i due nostri concittadini vennero decapitati davanti ad una folla commossa e sgomenta. Si rammenta che il Pirazzini raccomandò al boia di risparmiargli la fluente barba e che per facilitargli il compito se la sorreggesse quando dovette chinare il capo sul ceppo infame. Per la loro posizione di giustiziati furono sepolti fuori del Cimitero.
Dieci anni dopo, il 2 novembre 1864, i cittadini posero una lapide, sotto il loggiato del convento dei cappuccini, in loro memoria ed il 6 giugno 1887 i resti mortali dei due vennero posti in due cassette entro le quali si mise uno scritto firmato dai parenti ed amici repubblicani, facenti parte del “Fascio Operaio”. Nel 1921, con una manifestazione popolare, promossa dalla locale sezione del Partito Repubblicano, le due casse vennero portate nel Cimitero urbano assieme alla citata lapide e definitivamente sistemate nel famedio riservato ai patrioti castellani

lapidepirazzinigaddoni

Ecco il testo della lapide:

A

GIOVANNI PIRAZZINI E ANTONIO GADDONI

FRATELLI NELL’AMORE DI LIBERTA’
E NEL MARTIRIO.
_________

IL VICARIO DI DIO IN TERRA
VOI
CONDANNAVA ALLA MORTE
IL DIO DEL CIELO
VI ACCOGLIEVA NELLE SUE BRACCIA
E I VOSTRI CONCITTADINI
ISPIRANDOSI NELLA VOSTRA MEMORIA
SULLA POVERA ZOLLA
ONORATA DALLE OSSA VOSTRE
QUESTA CROCE E QUESTI FIORI
SEGNO DI MARTIRIO E D’AFFETTO
IL 2 NOVEMBRE 1864
DEPOSERO.

In un articolo apparso su La Piè nel 1931, Francesco Serantini riporta la testimonianza della nonna Oliva, testimone oculare della decapitazione, e racconta le varie fasi dei processi a cui furono sottoposti Pirazzini e Gaddoni. Sempre su questo fatto il Serantini scrisse anche un elzeviro nel quale la protagonista è nonna Oliva.

Riportiamo anche la cronaca dell’intero episodio, tratta dal diario di don Tommaso Gamberini, parroco all’epoca dei fatti.

Infine, un rapporto di polizia dell’epoca ci racconta le ultime ore di vita di Antonio Gaddoni.

Biografie tratte da: Un paese di Romagna: Castelbolognese fra due battaglie: 1797-1945 / Pietro Costa. – Imola : Galeati, 1971.

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