Il centenario dell’omicidio di Carlo Gaddoni (1922-2022)

La sera del 5 febbraio 1922, lungo la via Emilia alle porte di Imola, fu trovato il cadavere del colono Carlo Gaddoni, un giovane ventiseienne abitante alla Serra (al podere Colombarina, ndr). Faceva ritorno a casa in bicicletta, dopo aver visitato la fidanzata ad Ortodonico quando, all’altezza della Madonna della Grattugia, venne fulminato da un proiettile che gli perforò la testa. Il Gaddoni, che apparteneva ad una famiglia contadina di estrazione cattolica, era iscritto alle Fratellanze Coloniche di Castelbolognese, ma non aveva in apparenza nemici nè aveva mai espresso timori per la sua incolumità.
L’autore del delitto è sempre sfuggito alla giustizia, ma dalle voci correnti veniva identificato in una persona che sarebbe stata tratta in inganno dalla rassomiglianza fisica del Gaddoni con un fascista che intendeva assassinare. Per il mistero che lo ha sempre circondato, questo delitto suscitò una profonda impressione, come dimostrò l’imponente trasporto della salma al cimitero del Piratello: fu accompagnata da tremila persone ovvero, come scrisse Il Diario (dell’11/2/1922, ndr), da “tremila liberi organizzati”.
Il parroco della Serra, Don Guerrino Gentilini, scrisse nella memoria funebre dedicata al Gaddoni: “Meglio è morir Abele che viver Caino”.

Testo tratto da: Stefano Borghesi, Socialisti, popolari e fascisti. I cattolici tra le due guerre (1915-1945) in Il movimento cattolico a Castelbolognese, 1861-1945, guida alla mostra, Castelbolognese, Centro stampa del comune, 1983

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