La cavalcata di Sant’Antonio

di Giovanni Bagnaresi
tratto da: Valdilamone, n. 4, 1929

Fino a non molti anni or sono, la prima domenica di febbraio, aveva luogo in Castelbolognese una caratteristica festa in onore di Sant’Antonio, fatta a cura e spesa dei mercanti, congregati appunto sotto il titolo del Santo Abate, la quale si chiamava “la cavalarêia d’sant’Antonî”, ossia la cavalcala di Sant’Antonio.
Già all’alba del martedì precedente, si annunziava la festa con un un rumoroso sparo di mortaretti, cui rispondevano dall’alto, suonando a distesa, le campane dell’Arcipretale e della Torre.
La domenica poi, chiunque possedeva un cavallo vi saliva sopra, usando al posto della sella un’ampia coperta, legata con una cinghia al dorso dell’animale. Si radunavano così più di cento cavalli, tutti sfarzosamente bardati, con la testa ornata di pennacchi, di fettucce, di coccarde dai più svariati colori.
Ad ognuno dei cavalieri il Priore regalava una brazadêla (ciambelletta) da due baiocchi, e vino da bere a volontà; si formava quindi il cavalleresco corteo con a capo il Priore fra due compagni, che si avviava verso la Porta del Canale.
Precedevano due trombettieri, che di tratto in tratto davano fiato alle trombe; venivano poi due giovinetti in sembianza di angeli, con le debite ali agli omeri, e vestiti in maglia color carne, con le calze di seta e i guanti dello stesso colore, i capelli lunghi e inanellati cadenti sopra un manto azzurro, un elmo piumato in testa, e una torcia in mano.
Fra l’ammirazione del numerose pubblico passavano i graziosi angioletti cavalcando bianchi cavalli, ed avevano alle staffe due conducenti, che li proteggevano da ogni pericolo di terrena caduta.
Prendeva parte al corteo anche l’asinello dei frati Cappuccini, coperto da un grande tappeto rosso.
Dalla Porta del Canale, la cavalcata piegava alla Porta del Borgo, dove ognuno riceveva ancora in dono una bracciatella; e attraversata la Piazza Maggiore, andava a fermarsi nel sagrato davanti la Chiesa di S. Petronio.
L’Arciprete don Paolo Camerini, che resse il vicariato dal 1778 al 1810 e che compilò una specie di diario, dal quale ho preso in parte queste notizie, aggiunge:
” …ed io, come Arciprete, con cotta e stola, dopo ricevuta l’oblazione delle torce, benedicevo tutta questa gente e cavalli, che passavano dinnanzi a me dopo che avevano avuto il pane benedetto.
Passati tutti facevano altri giri andando alla casa dei compagni, che dovevano anche loro dare da bevere.
Finiti i giri accompagnavano il Priore alla propria casa, il quale poi veniva in Chiesa con i compagni e gli angeli ad assistere al panegirico.
I giovani poi, in molti, si mettevano a correre coi cavalli da una Porta all’altra ed anche sino in Borgo e andavano così delle mezze ore. Avevano questi giovani molto più popolo spettatore, che concorreva dai paesi vicini allo spettacolo, che non il panegirista…”.
Era questa di S. Antonio una delle feste più care alla popolazione non solo di Castelbolognese, ma anche delle campagne e paesi vicini, da cui accorreva sempre grande folla, e molti coi loro cavalli si univano a prendere parte alla cavalcata.
Il paese si preparava ad accogliere degnamente i numerosi forestieri: le osterie avevano le frasche nuove d’insegna su la porta e all’angolo della via: le salsamentarie mostravano la ricchezza dei salami tra foglie di lauro; i fornai erano affaccendati a cuocere pane e quei bracciatelli biscottati a croce, che sono tanto gustosi a mangiarsi con due fette di roba di maiale e un buon bicchiere di vino.
Per tutta la giornata si correva, si gridava, si cantava, e soprattutto si andava alla casa del Priore, dove si beveva e beveva ottimo vino, pagandolo con entusiastiche grida di evviva al Priore, al vicepriore, e anche a S. Antonio abate.
E verso sera, quando le teste erano riscaldate, non era raro il caso, di vedere l’apparire dentro ad un pubblico esercizio un cavallo con il rispettivo cavaliere…
La tradizionale festa si spense con l’anno 1865, chi dice a motivo di una mascherata che si introdusse per ischerno nella cavalcata, chi allega ragioni economiche e commerciali per le mutate condizioni dei tempi, chi altro.
Sic transit!

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