Le nostre origini romagnole

Storia di Santina Vigili, castellana emigrata, e dei suoi discendenti francesi alla ricerca delle loro origini romagnole.

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1907: il matrimonio di PASQUA PLAZZI ed ANTONIO VIGILI

di Maria Landi ed Anna Ragazzini

Capitolo 1

Ogni storia che si possa chiamare tale, ha sempre un’origine, talvolta dovuta al caso, a una scoperta, a una circostanza particolare, a un insieme di fatti che concorrono a dare un principio alla storia stessa.
Quella che mi accingo a raccontare è la storia di una vita, anzi di un insieme di esistenze e delle loro travagliate vicende, delle quali non ero assolutamente a conoscenza prima d’ora, poichè non appartengono alla sfera abituale in cui si svolge la mia vita.
Il caso volle che in un piovoso pomeriggio di settembre 2003, forse l’unico giorno di pioggia di quella lunga e torrida estate, fossi chiamata al telefono dal nostro parroco, che mi chiedeva di aiutarlo a capire le richieste di due signore francesi. In un bar del centro trovai due ragazze, giunte in mattinata ad informarsi presso gli avventori e gli stessi baristi, per avere notizie di alcuni loro parenti vissuti in paese più di 80 anni fa.
Devo confessare che all’inizio non riuscii ad afferrare bene lo scopo della loro visita: mi parlavano di nonne, bisnonni, orfanotrofio, frazioni di Castelbolognese indicate con semplici lettere, emigranti, parentele… Mi feci rispiegare la questione e dopo poco rimettemmo ordine nella marea di informazioni date e richieste. Cercavano notizie della nonna di Annette, Santina Vigili, nata nel 1912 e vissuta a Castelbolognese fino al 1929, anno in cui era emigrata in Francia. Ella era orfana di madre sin dalla più tenera età ed il padre, Antonio, partito per la Francia dopo la morte della moglie, aveva lasciato la piccola Santina nell’orfanotrofio del paese e aveva portato con sè il figlio Primo, di poco maggiore. Nel 1929 Antonio, ormai inserito con il figlio nel lavoro come minatori nel nord della Francia, era tornato a prendere la figlia già grande, per ricomporre al meglio la sua sfortunata famiglia.
Non sapevo proprio come aiutare Annette nelle sue ricerche. Gli uffici comunali erano già chiusi; il parroco aveva cercato di contattare le Opere Pie per avere informazioni sull’archivio dell’orfanotrofio, ma ci voleva tempo. Ci recammo in biblioteca a cercare antiche pubblicazioni, ma non trovammo niente di utile. Provammo al cimitero, nel settore delle vecchie tombe, per cercare la mamma di Santina, la Pasqua Plazzi morta in giovane età, ma niente: il fatto che la frazione dove abitavano fosse indicata con una lettera e non con il nome per esteso, ci impediva di sapere di che frazione si trattasse.
Come ultima carta decisi di portarle a casa mia, sia per parlare con mia madre, castellana da sempre, sia per sfogliare insieme qualche libro riguardante la storia del paese. Scoprimmo così che il locale orfanotrofio sito in Via Garavini, era stato soppresso nel 1923 per inagibilità e riadattato ad appartamenti ad uso civile. Il nuovo orfanotrofio era stato costruito in altra zona e inaugurato nel 1935 per la munificenza di una ex-allieva divenuta per matrimonio contessa Ginnasi. Ecco la nostra prima scoperta, purtroppo di nessun aiuto per Annette, che ora, come noi si chiedeva dove fosse vissuta Santina negli anni che vanno dal 1923 al 1929. Oltre a questo, esistevano in paese parenti e conoscenti che ricordavano Santina? Dov’era la casa nella quale abitava la famiglia Vigili? Nessuno era in grado di dare risposte a queste domande. Purtroppo la Seconda Guerra Mondiale aveva infierito notevolmente sul nostro paese, distruggendolo quasi totalmente e le antiche case crollate erano state sostituite da nuove costruzioni.
Incuriosita dalla storia che via via Annette mi raccontava, chiesi il perché della sua tardiva ricerca, ora che la nonna Santina era morta da oltre vent’anni, anche perché ora risultava difficile trovare persone sue coetanee o più grandi di lei, che potessero ricordarla! La risposta fu che Annette aveva sempre sentito la nonna raccontare con amore del suo paese natìo, ripetere spesso ciò che ricordava e decantare nostalgicamente il suo luogo di nascita, che idealizzava e sognava.
Un giorno di due anni fa, navigando in Internet, Annette trovò il sito di Castelbolognese e della sua storia, fu presa dal desiderio di trovare le antiche radici e le origini della sua famiglia. Si mise in contatto con il sito, ma non trovò notizie sufficienti. Coinvolse nel suo entusiasmo anche altri parenti e cominciò a studiare l’italiano. Oggi era qui, sperando di venire a capo di qualcosa di concreto. Era venuta a Castel Bolognese, contando di trovare, nel breve spazio di un pomeriggio, notizie importanti che appagassero un po’ la sua curiosità. Soggiornava con un’amica a Rimini, dove la nonna aveva trascorso le estati al mare presso le suore della stessa congregazione di quelle che gestivano l’orfanotrofio di Castello, le Figlie della Carità, le “Cappellone”. Aveva svolto alcune indagini anche là, ma non era venuta a capo di niente. Era la prima volta che veniva in Italia e lo aveva fatto per vedere Castel Bolognese!
Ora tornava a casa, profondamente delusa ed amareggiata. Istintivamente provai simpatia per Annette, che tra l’altro ha la mia stessa età. Cercai di immaginare quanto sia profondo il desiderio di trovare le proprie radici, l’origine della propria famiglia. Non avevo mai pensato a questo, essendo i miei famigliari tutti in zona e gli antenati facilmente rintracciabili nel giro di pochi chilometri. Promisi ad Annette di indagare e mi feci dare il suo indirizzo di Arcachon, sull’Atlantico, nei pressi di Bordeaux. Sperai che fosse un po’ rincuorata dalla mia promessa, ma non ero sicura di riuscire ad aiutarla. Era passato così tanto tempo! C’era stata una guerra così devastante! Tutto era cambiato: le cose, le case, le persone.
Il pensiero di Annette che confidava in me non mi dava pace, ma non sapevo come muovermi. Aspettavo notizie dall’archivio delle Opere Pie, ma non ebbi alcun riscontro. Le persone che di solito si interessano alla storia del paese, non sapevano niente dell’orfanotrofio. Un po’ di tristezza mi venne nel constatare che non sono certo le persone normali, anche un po’ sfortunate a passare alla storia. Pensai di contattare telefonicamente tutti i Plazzi riportati nel nostro elenco telefonico, ma non nutrivo poi così tante speranze.
Poi il caso mi aiutò e in pochi giorni venni a capo di qualcosa di concreto. Una sera cercai al telefono una mia amica e mi rispose la madre. Nel sentire la sua voce, mi venne in mente che aveva avuto contatti con l’orfanotrofio e le chiesi se sapeva qualcosa delle orfanelle degli anni Venti e di dove fossero finite tra il 1923 ed il 1935. Lo sapeva per certo: erano state trasferite al Collegio Emiliani di Fognano, una degnissima istituzione, che ospitava vari ordini di scuole. Si trattava di un gruppo di dieci/dodici orfane, per lo più di guerra.
Telefonai immediatamente alle suore che gestiscono l’istituto e la madre mi invitò a recarmi sul luogo, anche se pensava di non trovare più documenti di quel tempo. La guerra aveva infuriato anche lì, ma almeno l’edificio è rimasto. Pensai ad Annette, alle foto che avrei fatto per lei, ricordai che le sarebbe piaciuto vedere le sale dell’orfanotrofio di Castello, il refettorio, il dormitorio…
Avevo già fissato l’appuntamento con la madre superiora di Fognano, quando un venerdì mattina, al mercato, incontrai Gemma Plazzi, una signora di nostra conoscenza, e mia madre ne approfittò subito per chiederle se per caso aveva parenti in Francia. Emozionatissima, Gemma gridò: “Santina!”. In un lampo capimmo che avevamo fatto centro, di nuovo e ancora meglio di Fognano. Questa era la prima cugina di Santina, essendo figlia del fratello di Pasqualina Plazzi. Annette aveva avuto ragione: c’erano ancora dei parenti a Castello, e quanti! Gemma ha tre fratelli, tutti con figli e nipoti.

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1920: orfanotrofio a Castel Bolognese

Non riuscii a resistere ed inviai subito una cartolina ad Annette per metterla al corrente delle mie scoperte. Le avrei in seguito scritto una lettera con il materiale trovato a Fognano e da Gemma. Gioivo per lei, anzi eravamo in molti a gioire…
Con mia madre, coinvolta emotivamente nella vicenda, mi recai a Fognano, presso il Collegio Emiliani. Trovammo le suore dispostissime ad aiutarci, ansiose di comunicarci gli esiti delle loro ricerche. Purtroppo nessun documento, ma una fotografia, risalente al 1920 e raffigurante un gruppo di bambine con due suore dal “cappellone”. Guardai la foto senza capire subito bene di chi si trattasse, ma sul retro in bella calligrafia, erano elencati i nomi delle bambine della fila inferiore. Mi saltò subito agli occhi il nome di Vigili Santina e girai la foto per capire quale fosse. L’emozione era tanta, come se avessi trovato la foto di mia nonna da bambina.
La suora che ci aveva portato la fotografia, continuava ad affermare che lì da loro c’era ancora una suora di allora, proprietaria della foto, in buona salute, ma con problemi di memoria. Devo confessare che ero talmente emozionata che non afferrai subito l’importanza della cosa. Mi chiedevo che suora fosse: una suora dell’orfanotrofio già suora nel 1920? Doveva essere ultracentenaria! Invece si trattava di un’orfana, nata nel 1914, compagna di Santina, che poi era diventata suora nel convento di Fognano. Pensavamo non si ricordasse niente, ma ci accompagnarono da lei. Seduta in chiesa, intenta a sgranare il suo rosario, stava una suorina minuta, piccola come una bambina, che ci venne presentata come Suor Teresa Caterina. Era l’unica superstite di quel gruppo di dodici bambine che nel 1923 erano state trasferite lì da Castelbolognese. Orfana di guerra – il padre era morto nel 1915 – ricordava perfettamente Santina, ci parlò a lungo, lucidamente della loro vita prima a Castelbolognese, poi a Fognano. Dichiarò anche che Santina era una sua cugina, ma ciò lasciò perplesse le altre suore, che giudicarono la cosa poco attendibile dato lo stato attuale della sua memoria.
Ero veramente entusiasta: ora avevo qualcosa di concreto, di tangibile, da inviare ad Annette. Avevo fotografato i locali del collegio, la chiesa, la suorina… La madre superiora mi aveva dato alcuni dépliants, avevo la fotocopia della fotografia e un sacco di notizie dei sei anni trascorsi da Santina in quel collegio.
Dopo poco, incontrai Gemma Plazzi, per parlare più diffusamente dei suoi ricordi. Mi informò della parentela con la famiglia Naldi, i cui discendenti sono ancora a Castello. Mi informò che i suoi fratelli erano molto interessati alla scoperta e che avevano trovato persone anziane che ricordavano bene la famiglia Vigili. Nel cimitero di Biancanigo ci sono le tombe della nonna di Santina, degli zii e della mamma Pasqua, la tomba della quale era però stata rimossa per lavori di ampliamento del cimitero. Andai a fotografare le tombe dei parenti di Annette e gliele spedii ad Arcachon, insieme a tutte le notizie e al materiale raccolto.
Annette mi rispose con immensa gratitudine e riconoscenza. Mi scrisse che nel guardare le fotografie e nel leggere la mia lettera, la mamma Micheline, prima figlia di Santina, e lei, avevano pianto a lungo di commozione. Tutto ciò era bellissimo; ormai mi sentivo così vicina ad Annette che mi sembrava di conoscerla da sempre. Mi chiese se potevo rintracciare qualche notizia del bisnonno Antonio Vigili, nato nel 1883 e si domandava pure come mai Santina, anche avendo parenti, fosse stata affidata ad un orfanotrofio. Non avevo bisogno di chiedere: sapevo di quel triste periodo di povertà, in cui a volte affidare i propri figli ad un istituto era l’unico modo di garantire loro la sopravvivenza.
Santina in collegio non avrebbe sofferto la fame e gli stenti che troppo spesso causavano la morte dei bambini.
Per avere notizie del bisnonno, in municipio scandagliammo i registri dei nati e dei residenti di quel periodo. Trovammo alla fine un accenno a Vigili Antonio, nato a Lugo il 15/10/1883.
Nel frattempo un altro cittadino francese, si era messo in contatto via e-mail con Andrea, il ragazzo che cura il sito Internet della storia di Castelbolognese, per avere anch’esso notizie di Antonio Vigili. Scoprimmo poi che il nuovo personaggio che si era venuto ad inserire nella storia , era Alain, lo zio di Annette, il figlio minore di Santina. Cominciò così la collaborazione con Andrea, ben più avvezzo di me alle ricerche genealogiche, per mettere insieme più notizie possibili.
La corrispondenza con Annette si faceva via via più serrata; mi spedì anche alcune specialità della sua terra, che apprezzai molto e splendide cartoline per la mia collezione.
Mi recai a Lugo, all’archivio comunale, dove scoprii che Antonio Vigili era stato trovato nella ruota degli esposti, dal custode della stessa, a circa tre ore di vita. Il neonato era vestito di tutto ciò che può indossare un neonato. Il custode che l’aveva trovato, aveva provveduto a dargli nome e cognome, dopo di che era stato mandato al Brefotrofio di Imola.
Intanto i ritrovati parenti italiani si erano scambiati lettere, fotografie, notizie, tanto entusiasmo e voglia di conoscersi personalmente. Per qualche tempo, tra gli anni Trenta e Quaranta, avevano tenuto una sporadica corrispondenza con Santina e suo padre, poi, a poco a poco, tutto era finito. Probabilmente i nuovi scombussolamenti che travagliavano l’Europa di quei tempi e dietro ai quali ci si preparava a vivere una nuova, terrificante pagina di storia, avevano interrotto i fili e disperso i contatti familiari. Gemma racconta che in casa c’era una bellissima fotografia del matrimonio di Primo Vigili, ma che con la guerra e gli sfollamenti della famiglia, andò persa o distrutta.
Sempre dai ricordi di Gemma avevo appreso che nel 1929, quando Santina lasciò il Collegio Emiliani per andare in Francia, si fermò alcuni giorni ospite della famiglia dello zio Antonio, fratello della madre. Qui abitava anche la nonna Antonia, la quale, nei pochi giorni che ella restò, volle a tutti i costi insegnarle a fare la sfoglia alla maniera romagnola, perché diceva che nel posto in cui si recava, non avrebbe certamente imparato. Gemma ricorda benissimo questo particolare, nonostante non fosse che una bambina di pochi anni.
La comune nonna Antonia aveva altri fratelli e anche fra i loro discendenti, alcuni abitano ancora a Castelbolognese. Non fu difficile contattarli: in paese ci si conosce quasi tutti. Contattammo così le cugine Lucia e Jolanda Naldi, spiegando loro un po’ la vicenda e promettendo di tenerle al corrente degli sviluppi.
Lo zelo di Andrea aveva portato a nuove scoperte. Da ulteriori ricerche in archivio aveva scoperto che Santina e suor Teresa Caterina erano veramente cugine di secondo grado, essendo le loro nonne, Antonia e Santa Naldi, sorelle. Quindi i ricordi della suora erano giusti.
Andrea ha trovato anche il completamento della famiglia Vigili. Dopo Primo, nato nel 1908, c’era Santina, nata nel 1912 e ancora Guerrino, nato nel 1914, che morirà nel 1918 e ancora Stefano, che vivrà appena quattro mesi, precedendo di venti giorni la fine della povera mamma Pasqua, morta di broncopolmonite a soli ventiquattro anni. Antonio, dal canto suo, si era in seguito risposato con un’altra signora italiana, Dosolina Dal Beo, dalla quale non ebbe figli. Egli morì nel nord della Francia il 18/12/1942.
La sorella maggiore di Gemma, alla quale venne dato il nome della sfortunata zia Pasqua, ha aggiunto altri particolari interessanti. Anch’essa ricorda che Antonio Vigili, detto “Gnè” era un bellissimo giovane e che la nonna ripeteva sempre che anche la sua Pasqua non era da meno ed insieme i giovani sposi formavano una coppia perfetta, anche se, purtroppo si rivelò molto sfortunata.
Grazie anche alle informazioni di Amleto, che con Vanda completa la famiglia Plazzi, abbiamo scoperto dove la famiglia Vigili aveva la sua abitazione. Ora, al posto delle modeste case di inizio secolo, vi sono alcune villette ubicate in in una striscia di terreno fra il fiume Senio e il Canale dei Mulini. La meno recente di quelle case, anche se restaurata, sarebbe l’autentica casa dei Vigili.
In quel gruppo di povere case, negli anni 1914/15 avevano risieduto con tutti i loro figli, i miei bisnonni materni e probabilmente i bambini avevano giocato insieme………….
Le nostre ricerche sono quasi terminate e per fortuna! La settimana prossima Annette con Alain e la moglie, arriveranno a Castel Bolognese per conoscere finalmente i loro parenti e i loro luoghi d’origine. Li aspettiamo con impazienza. Ho avvertito tutti i parenti interessati, ho preso accordi per un incontro con il sindaco e con Don Gianni, ho fatto in modo che Annette e gli zii passino una notte al Collegio Emiliani.
Tutti coloro che sono venuti a sapere di questa storia, anche se non coinvolti direttamente, sono stati concordi nel dire che è una cosa bellissima. Io mi sentirei di aggiungere che è veramente commovente!

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1927: il collegio Emiliani a Fognano

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1927: Santina

Capitolo 2

La storia, che oramai non è più soltanto una storia, ma una realtà, continua. Gli italo-francesi sono arrivati, animati da un grande entusiasmo e da una scalpitante impazienza. Sono in tre, in rappresentanza di un numeroso gruppo di discendenti dell’antico ceppo che si rifà ad Antonio Vigili e Pasqua Plazzi. Vi è Annette che oramai conosco molto bene e che considero una cara amica. E’ lei che ha acceso la curiosità negli altri e che non ha mai disperato di trovare importanti riscontri qui a Castel Bolognese.
Per fortuna Annette parla un po’ italiano; lo sta studiando tuttora e con grande profitto. Sarà la motivazione così forte e così sentita, che la porta a fare progressi così notevoli. Mi aiuterà nei numerosi incontri predisposti e mi sarà utile, anche perché non sono al meglio della forma: non mi sento affatto bene da ieri, ho la tosse e temo di essermi buscata l’influenza, anche perché mia madre ha la febbre da qualche giorno. Non posso permettermi di stare male proprio adesso, io che non mi ammalo mai! E’ troppo importante la mia presenza e ci tengo troppo a vivere in prima persona un altro capitolo, forse il più emozionante, di questa lunga storia che ormai è entrata a far parte della mia stessa vita.
Alain, lo zio che ha deciso di accompagnare Annette, è un simpatico personaggio animato da una curiosità estrema per tutte le notizie che riguardano in qualche modo la sua famiglia di origine. Egli è il figlio minore di Santina, la protagonista della nostra ricerca, che era nata a Castelbolognese e che aveva lasciato l’Italia nel 1929, per raggiungere il padre ed il fratello Primo, emigrati in Francia da qualche anno.
Alain non parla l’italiano e nemmeno lo capisce un po’ e ciò mi incuriosisce e gli chiedo come mai, essendo figlio di italiani. La risposta è che i suoi genitori non hanno mai parlato italiano con i figli, forse temendo che l’uso di due lingue li confondesse, visto che dovevano crescere, studiare e vivere “in francese”. Purtroppo nessuno dei figli di Santina ed Edoardo Poli conosce la nostra lingua, ma essi ricordano che i genitori parlavano italiano fra di loro, quando giocavano a carte, per esempio, per fare in modo che nessuno capisse i loro accordi.
Alain ha condotto con sè la moglie Maryse, una dolcissima signora, molto “francese”, la quale, anche se non capisce la lingua, sa ispirare e comunicare una grande simpatia, arricchita da una speciale carica di umanità.
Ho pensato di farli soggiornare a Riolo Terme, perché, quando ho avuto conferma del loro arrivo, qui faceva un tempo da lupi: neve, ghiaccio e freddo polare, in definitiva, erano i giorni più brutti dell’inverno. Non me la sono sentita di prenotare l’agriturismo che avevo contattato, perché difficile da raggiungere in condizioni di maltempo. La scelta è quindi ricaduta su un albergo di Riolo Terme, in posizione comoda e vicino al nostro paese, dove si svolgeranno gli incontri.
Il sabato dell’arrivo, dopo una sosta a casa mia, Andrea ed io siamo invitati a cenare con loro, all’hotel Alma, dove continueremo la conversazione iniziata nel pomeriggio. Le notizie e le richieste di informazioni si intrecciano, con il coinvolgimento di moltissime fotografie portate apposta per essere mostrate a noi ed ai parenti che l’indomani, domenica, andranno ad incontrare. Una parte della famiglia Plazzi si troverà, nel primo pomeriggio, alla chiesa di Biancanigo, dove si celebrerà una messa di suffragio per il marito di Gemma, scomparso alcuni anni fa.
Nella mattinata della domenica, in attesa del fatidico incontro, i francesi gironzolano da turisti per il paese. Si recano anche al cimitero dove Annette ricorda di avere visto, la volta scorsa, una tomba di defunti Naldi, nome che riconduce alla parentela della nonna di Santina. C’è una signora presso quella tomba e Annette, interpellandola, scopre che si tratta di Jolanda, figlia di Angelo Naldi, qui sepolto insieme alla moglie e quindi loro cugina di un qualche grado. E’ una fatalità che Jolanda sia uscita per recarsi al cimitero, nonostante abbia da poco subito un intervento alla vista ed anche che si sia trovata lì proprio nello stesso momento. Si tratta della prima parente incontrata, scoperta da soli e per caso.

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I cugini di Santina: Pasquina, Amleto, Vanda e Gemma

A Biancanigo, mentre i Plazzi seguono la loro funzione in chiesa, andiamo insieme a vedere il luogo dove sorgeva la casa abitata dalla famiglia Vigili. L’emozione è tangibile: fotografie, commenti e speranze che la meno ristrutturata delle case attuali, sia quella che desiderano vedere e ricordare. Alain lascia l’auto per scendere fino al fiume e raccogliere un pugno di terra, da portare con sè in Francia.
L’incontro con i Plazzi, avvenuto a casa di Gemma nel pomeriggio, coinvolge una trentina di persone emozionate e imparentate in qualche modo fra di loro, discendenti tutti dallo stesso ceppo. Si sfogliano fotografie antiche e moderne di ambo le parti; si cercano e trovano somiglianze fisiche con questo o quell’individuo particolare, tratti somatici comuni, colore di capelli, occhi, formato del viso, espressione……
Ognuno ha la sua storia da raccontare ed io, malconcia e con la raucedine, cerco di spiegare ad ognuno quanto ha appena detto l’altro. E’ bellissima la confusione che si crea, perché tutti parlano contemporaneamente, tutti vogliono sapere e capire, tutti sono emozionati e felici. Annette che fra l’altro non sta bene, si arrangia a farsi capire e a capire, e ne tiene a bada alcuni. Alain, che non capisce cosa dicono gli altri, anche perché parlano tra di loro in dialetto, mi fa notare divertito: “Senti, senti, dicono tutti Pirò di Sumèr”, rilevando che la conversazione verte sul soprannome di Pietro Naldi, fratello della nonna di Santina.
Fioccano gli inviti da parte dei Plazzi: tutti vogliono accogliere i ritrovati parenti francesi nelle loro case. Facciamo un po’ di programma, ma il tempo è poco e le cose da fare sono tante. Decidiamo quindi di recarci subito da Amleto, che fra l’altro abita nella casa di famiglia, dove Santina fu ospitata nel ’29 prima di trasferirsi in Francia. La casa è stata ampliata e ristrutturata, ma ci sono ancora tracce del passaggio di Santina, come la madia sulla quale imparò a fare la sfoglia, quella sfoglia che tirerà tante volte in Francia, per fare quella pasta all’italiana che piace tanto ad Annette, ad Alain e anche a Maryse, che cucina italiano, grazie agli insegnamenti della suocera.
Con Amleto e la moglie che ci mostrano la loro casa e le foto dei figli, termina questa giornata così piena di emozioni, dove gli antichi ricordi sono affiorati dall’oblio e sviscerati fino nel più profondo. Tutto sommato si tratta dei discendenti di una stessa stirpe che le vicende della vita aveva diviso, allontanandone una parte, andata a vivere in un paese diverso. A poco a poco la distanza aveva annullato i ricordi e si erano perse le tracce degli uni e degli altri. Oggi in questa eccezionale circostanza, si sono ritrovati per la gioia di entrambe le parti.
Nei pochi giorni a loro disposizione, i Francesi, instancabili, si sottopongono ad un vero e proprio tour de force. Era doverosa una visita al parroco, per ringraziarlo della disponibilità dimostrata verso Annette nel primo incontro avvenuto lo scorso settembre. Don Gianni mette a disposizione l’archivio parrocchiale nel quale visionano, spulciano e fotografano atti di battesimo, matrimonio e morte dei componenti la famiglia Vigili. Grazie alla preziosa collaborazione di Andrea, vero esperto di documenti d’archivio, risalgono a generazioni molto anteriori a quella della nostra storia che conta poco più di un secolo.
Tutte le informazioni trovate contribuiranno a completare l’albero genealogico della famiglia, che Alain sta redigendo per farne dono alla nipotina Lisa che al momento ha solo quattro anni. E per avere ulteriori notizie si recano all’archivio comunale di Lugo, dove un paio di mesi fa avevo rintracciato la storia della nascita di Antonio Vigili. Purtroppo la ricerca per adesso si arresta al Brefotrofio di Imola. Esiste un archivio di questo e Andrea ed io l’avevamo visionato, ma poi siamo stati fermati dalla burocrazia e dalle leggi sulla privacy, quindi le ricerche continueranno dietro richiesta dei parenti stessi. L’obiettivo è ritrovare il curriculum vitae di Antonio Vigili fino al matrimonio avvenuto nel 1907.
Visitiamo anche l’archivio comunale di Castel Bolognese: ci sembra importante che essi vedano con i propri occhi i documenti che riguardano i propri antenati.
L’incontro con il sindaco è uno dei momenti più significativi del loro pellegrinaggio. Egli li intrattiene amabilmente, offre loro alcuni rari libri di storia e fotografie del paese, affinché realizzino com’era ai tempi dei loro avi. E’ una fortuna avere avuto quelle preziose pubblicazioni, oramai esaurite da tempo. Ricevono anche in dono il gagliardetto, copia del gonfalone del nostro comune. Visitiamo le varie sale del municipio e il sindaco si sofferma volentieri a illustrarle. E’ presente anche la mamma di Andrea, che voleva conoscere le persone che da tempo si scambiano e-mail con il figlio. Poiché i tempi sono sempre più stretti, ho fatto in modo che un’altra parente, Lucia Naldi, che li avrebbe voluti ricevere a casa sua, fosse almeno presente all’incontro in comune. I Francesi sono piacevolmente sorpresi di avere trovato così tanti parenti, cosa che non avrebbero mai immaginato.
Il pranzo a casa di Gemma è un ulteriore momento di felicità: essa ha preparato i cappelletti romagnoli, che anche Santina cucinava per la famiglia nei giorni di festa. Per secondo abbiamo un coniglio proveniente dall’allevamento di Amleto. Ci fa compagnia il nipote di Gemma, Enrico, cugino di terza o quarta generazione, coinvolto comunque nella vicenda. Durante la cerimonia dei saluti, svoltasi nel giardino di Gemma, complice la bella giornata di sole, si verifica un piccolo imprevisto, che ci farà allarmare, ma che poi si risolverà felicemente e in brevissimo tempo. Involontariamente Alain chiude la porta di casa di Gemma, che è fuori con noi e non ha chiavi con sè. Ci sono anche Vanda ed Amleto, che si sono uniti a noi nel dopopranzo, ma nessuno ha idea di come fare. In breve rintracciamo un artigiano che lavora negli infissi e che molto cortesemente e con sollecitudine, ci solleva dall’impiccio. Alain torna a sorridere e Gemma, che lo chiama “Alex”, lo abbraccia soddisfatta.
Partiamo alla volta di Fognano, dove i Francesi trascorreranno la notte e la fase sicuramente più emozionante del loro soggiorno. Trovarsi nel meraviglioso complesso dove Santina visse l’adolescenza e la sua prima giovinezza, in quelle sale che poco hanno di diverso da allora, percorrere quegli infiniti corridoi che tante volte l’avranno vista correre con le compagne, mangiare nello stesso refettorio di sempre e passeggiare in quei bellissimi giardini ove si svolgevano i giochi delle educande, è veramente un po’ come far rivivere Santina, come sottolinea con un filo di voce il figlio Alain.
La costanza di Annette e la disponibilità delle suore, porta a ulteriori ricerche e a importanti ritrovamenti di fotografie di Santina. La piccola Suor Teresa Caterina, dal nome più grande di lei, è felice di essere al centro dell’attenzione e racconta continuamente quello che riesce a ricordare, ma purtroppo la sua memoria si fa ogni giorno più confusa.
Li lasciamo alle prese con fotografie e ricordi lontani. E’ bello che siano potuti restare qui a dormire. Domani mattina partiranno per Venezia: non l’hanno mai visitata e l’attrazione è forte, anche se la giornata non è delle migliori. Una fitta nebbia disturba il viaggio e la visione della Serenissima. Inoltre il tempo è poco e per apprezzare al meglio la città, necessitano condizioni diverse. Comunque la breve visita li induce a pensare di tornarvi: Venezia è maliarda e affascinante e sa catturare e avvincere i suoi visitatori.
Il tempo è tiranno e scorre velocemente, soprattutto se porta gioia e felicità. Questi cinque giorni sono volati come il vento, lasciando il rimpianto per cose che non si sono potute fare e il rammarico di non essersi soffermati più a lungo nei luoghi vagheggiati e con le persone ritrovate.
Il programma dell’ultimo giorno da trascorrere insieme ci porta a Faenza, alla ricerca di ceramiche da acquistare e portare a casa. Non abbiamo dovuto parlare di Faenza e della sua magnifica produzione artistica: ci sono arrivati da soli, ammirando nelle case visitate, numerosi esemplari di questa arte. Per impiegare meno tempo, visto anche il traffico e le difficoltà a trovare parcheggi nelle nostre affolatissime città, ho contattato la bottega di un gruppo di artisti, i “Maestri Maiolicari Faentini”, che si trova al di fuori del centro urbano. Sarebbe stato bello visitare il centro storico di Faenza, sarei stata orgogliosa di mostrare loro gli angoli più pittoreschi della cittadina, dove si respira la storia, come dice Maryse a proposito di quello che ha visto nella nostra zona.
Purtroppo il tempo che ci resta dobbiamo spenderlo diversamente. Siamo attesi, nella tarda mattinata, da Pasquina, la maggiore dei fratelli Plazzi, che ci condurrà con la figlia Nives a visitare “Itaca”, la casa editrice fondata dal marito Eugenio. Siamo tutti piacevolmente colpiti da questa opportunità che ci viene così gentilmente offerta. Eugenio, che se la cava egregiamente a capire e ad esprimersi in francese, non manca di fornirci spiegazioni e di offrire in dono pubblicazioni che hanno a che vedere con Castel Bolognese.
Il pranzo a casa loro si protrae nel pomeriggio: Alain che, serio serio, al mattino aveva detto che voleva partire prestissimo per Firenze, non accenna ad alzarsi da tavola. E’ completamente a suo agio, come lo siamo tutti del resto, nonostante i problemi della lingua, felicemente superati dalla gioia di stare insieme. Continuano i discorsi, i ricordi, scorrono le fotografie, comprese le vecchie foto di nozze di Antonio e Pasqua e del figlio Primo con la moglie, inviata a suo tempo dalla Francia. Queste ultime erano in possesso di un’altra cugina, la signora Domenica Altieri, della parentela della quale non ero a conoscenza e quindi non ho potuto contattare per farla partecipe di questo incontro.
Annette – che ormai capisce l’italiano come noi – ed io, cerchiamo di spiegare ancora una volta come ci siamo incontrate e come è iniziata questa storia. Non mi stanco mai di ripeterla: è talmente bella! Ha portato anche a me tanto entusiasmo e tanta emozione! Ho lavorato nelle ricerche, come se fosse stato per la mia famiglia. Confesso che a volte mi sono sentita così vicina ai protagonisti della storia, che mi sembrava veramente di far parte di loro. Quando Alain, sorridendo, mi chiede se anch’io sono una loro cugina, potrei rispondere quasi di sì. Ho coinvolto emotivamente le persone che mi sono vicine e anche coloro alle quali abbiamo chiesto aiuto o semplicemente sono venute a sapere di questa cosa.
Annette, alla quale ho dato una prima copia di uno scritto che rievoca l’avventurosa ricerca delle origini della sua famiglia, insiste perché venga letta ad alta voce. E’ Eugenio che si presta e che alla fine lancia l’idea di pubblicarlo a beneficio di parenti e amici interessati.
Per mancanza di tempo, non abbiamo incontrato il signor Minzoni, vicino di casa in gioventù della famiglia Vigili, della quale conserva nitidi ricordi.
Si è fatto tardi e i nostri amici devono assolutamente partire per la Toscana. Domani raggiungeranno Pracchia, per cercare notizie degli antenati del padre di Alain. Ci scambiamo gli ultimi baci ed abbracci, promesse di ritrovarci, vagheggiamenti di un possibile gemellaggio fra i nostri paesi ed infine ci lasciamo, consapevoli di avere creato qualcosa di positivo. I Francesi sono partiti con il cuore pieno di nuovi affetti e con la certezza assoluta che la loro cara Santina aveva vissuto bene durante i lunghi anni che le tristi circostanze avevano costretto a vivere in Italia da sola.

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Andrea, Annette, don Gianni e Anna.

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Il sindaco, Alain, sua moglie, Andrea,
Anna e la signora Naldi

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