Il Capodanno a Castel Bolognese. Pregiudizi e costumanze.

di Baccocco Mavena (i.e. Giovanni Bagnaresi)
tratto da RIVISTA DELLE TRADIZIONI POPOLARI ITALIANE, 1 febbraio 1894, fasc. 3, pag. 236-238

PROGNOSTICI D’AMORE

Gli spilli (A gl’egh). – L’ultima sera dell’anno la zitella che fa all’amore prende quattro spilli: l’uno dal capo verde, l’altro dal capo bianco, il terzo rosso e il quarto nero. Prima di coricarsi, senza guardare, pone sotto il guanciale gli spilli. La mattina, appena desta, ne prende uno, al buio. Se cava il verde, ha speranza di sposarsi nell’anno; se il bianco, vive l’anno in perfetta pace coll’amante; se il rosso, sta con lui in continua discordia; se il nero, o lei o lui muoiono nell’anno.
I fagiuoli (I fasul). – Prendono tre fagiuoli. L’uno viene pelato tutto, l’altro a metà, il terzo rimane coll’intera buccia. Ne fanno tre cartoccini, che mettono sotto il guanciale, l’ultima sera dell’anno. La mattina, appena svegliata, la nubile o la vedova ne prende uno. Se piglia il nudo, sposando nell’anno, prende un poveretto; se il mezzo vestito, uno di media fortuna; se l’intero, un ricco.
Variante. — Molte, appena alzate, mettono in saccoccia i tre cartoccini, e nell’andare a Messa lasciano cadere a terra un cartoccino; poi un altro, e spiegano l’ultimo. Se il fagiuolo rimasto è il nudo, sposano il poveretto; se il mezzo vestito, quello di media fortuna; se l’intero, il ricco.
Lo stagno (‘E stagn). — Durante la giornata di capodanno liquefanno dello stagno al fuoco, e così bollente lo versano nell’acqua diaccia di un catino. Se lo stagno prende la forma di un martello, la ragazza, nell’anno, potrà sposare un artiere che adopera il martello, se una sega un falegname, e cosi via. Per lo più lo stagno non prende alcuna forma: pur tuttavia le giovani, coll’accesa fantasia, intravveggono sempre il segno dell’arte o del mestiere del futuro marito.
I quattro canti (I quatter canton). – L’ultimo dell’anno la ragazza fa mettere in uno dei canti della camera un anello, in un altro una chiave, nel terzo un pizzico di cenere e nell’ultimo dell’acqua. Ogni oggetto rimane coperto. La mattina, a digiuno, la giovane va a fermarsi davanti uno dei quattro canti. Se vi trova l’anello, va a marito nell’anno; se la chiave, diventa la padrona della casa; se l’acqua, piange tutto l’anno; se la cenere, muore.
La chiara d’ovo (La céra d’ov). – Si empie una bottiglia di cristallo coll’acqua di sette pozzi, e dentro vi si mette della chiara d’ovo fresco di gallina. Nel coricarsi, la sera del l’ultimo dell’anno, la giovane mette la bottiglia fuori della finestra, al fresco; e la mattina va a vedere che ne è avvenuto. Se la chiara d’ovo ha preso la forma di palazzo, la ragazza sposa un signore; se quella di una capanna, un povero; se una casetta, uno di media fortuna.
La pianella (La pianlazza). – La mattina, presto, del primo dell’anno, quando è ancora digiuna, la ragazza, colla schiena voltata alla porta di casa, butta una pianella dal pianerottolo della scala. Se, nel cadere, la pianella va colla punta verso l’uscio d’uscita, dà indizio che la giovane sposerà o morirà nell’anno; se, invece, colla punta guarda la scala, che la giovane rimarrà nubile ancora.
Il seme di mela (L’anma d’mela). — La giovane mette nello scaldino un seme di mela, dicendo:
“Anma d’mela – dimm e vera dimm dimmel ben še e mi mros um vo’ ben. – S’um vo’ ben, ciocca; s’un min vo’, brusa”.
(Seme di mela – dimmi il vero dimmi il vero dimmelo bene se l’amante mio mi vuol bene. Se mi vuol bene, scoppia; se non me ne vuole, brucia).
Se il seme scoppia, l’amante le vuol bene; se brucia, male.

PER VINCERE AL GIUOCO.

Il filo del cappone (E fil de’ gappon). — Le donne cavano dal cappone di Natale il filo, col quale venne cucito dopo la castrazione, e lo mettono nella saccoccia di una persona che sia solita di giuocare alle veglie, ma senza che questa persona se ne accorga. Se giuoca la notte dell’anno nuovo, come è costume, viene cosi a consacrare, senza accorgersene, il filo, e vince tutto l’anno.

IL PREZZO DEL FRUMENTO.

Le dodici granella di grano (Al dodc garnéll d’gran). — Il primo d’anno i contadini prendono dodici granelli di frumento, dando a ciascuno d’essi il nome di un mese. Mettono nel fuoco la granella di gennaio, e se, nello scoppiare, salta verso la pietra focaia, ne inferiscono che il prezzo del grano non s’alza in gennaio; se salta fuori, cresce; se resta immobile, il prezzo non cambia. Poi prendono quella di febbraio, e così via fino a quella di dicembre. Mercè questa prova molti si regolano a vendere o comprare il frumento.
Variante. – Alcuni contadini sull’aiuola riscaldata del fuoco mettono in fila i dodici granelli, ognuno dei quali ha il nome di un mese. Osservano quelli che, gonfiandosi, saltano avanti o indietro, o rimangono fermi. Se il maggior numero è di quelli che sono andati avanti, il grano cresce di prezzo nel l’annata; se di quelli che sono tornati indietro, diminuisce di prezzo, e se di quelli che non si sono mossi, resta inalterato.

PROVERBI DI PRIMO D’ANNO.

“Cun l’ann nov, la gallena la ven all’ov”.
( Coll’anno nuovo, la gallina viene all’ovo).
“Ann nov, vita nova”.
(Anno nuovo , vita nuova).

PREGIUDIZI.

A capodanno bisogna sforzarsi a non andare a letto durante la giornata, anche se non si sta bene, altrimenti si rimane malaticci per tutto l’anno.
Non bisogna piangere, perchè si piange tutto l’anno.
Non bisogna pettinarsi, se no si patisce di male alla testa tutto l’anno.
Il primo incontro. — La mattina di capodanno si osserva la prima persona che si incontra appena fuori dell’uscio di casa. Se incontrate un vecchio o una vecchia, morite in tarda età; se un prete, o un giovane, in fresca età; se incontrate un gobbo avete fortuna; un frate, disgrazia, ecc.
L’uva. – In tutte le famiglie si mangia l’uva al pranzo di capodanno per avere sempre danaro. L’uva però deve essere regalata. Perciò tra le famiglie amiche si suole, il giorno prima, fare lo scambio dei penzoli d’uva fresca. Se ne deve mangiare sette grane, almeno.
La mela. — Non bisogna mangiare al pranzo la mela, altrimenti per tutto l’anno rimane la goccia al naso. A una persona che sia infreddata, si chiede se mangiò la mela il primo d’anno.

Castel Bolognese, 8 dicembre 1893.

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