Il reliquiario di San Francesco

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L’altare delle reliquie

È posto in un’ampia cappella, a sinistra per ehi entra dall’ingresso principale, proprio dirimpetto a quella dell’Immacolata Concezione. L’insieme è di gusto barocco-manieristico, ma si inserisce perfettamente nella grandiosità della chiesa. In luogo dell’ancona si trova un grande armadio, dorato e verniciato, decorato con intagli. L’altare è composto da più parti e, come si vedrà in seguito, ricorda al fedele le Virtù Teologali.

La mensa, ricostruita nel dopoguerra su disegno originale, è ad urna “per corpo santo” posata su modiglioni a zampe con finestratura ovata in fronte; al suo interno è visibile una statua raffigurante San Verecondo martire deposto sul letto di morte. Sugli arti, in opportune aperture, sono conservate le reliquie ossee del santo. È completamente scomparso il fregio a testine di cherubini che decorava la parte superiore dell’urna. Dietro di essa si estende in latitudine una zoccolatura a lesene munite in fronte di modiglioni dai quali pendono festoni. Sulla zoccolatura posa un fregio a prominenze corrispondenti ai modiglioni, che forma anche lo scaffale per i candelieri ed il tabernacolo. La pianta di questa parte è mossa in modo da far avanzare il corpo centrale, che ha i fianchi sfuggenti verso l’incavo formato verticalmente alle ali. Sopra questo prende forma un secondo stilobate, più alto del precedente e completamente intagliato, il quale presenta tre prominenze: la centrale, più grande fa da base all’armadio; le altre due, erette simmetricamente agli estremi, reggono due belle statue.

La seconda parte dell’altare è formata appunto dalle statue della Fede (a destra) e della Carità (a sinistra) entrambe in legno dipinto. La Fede, ricoperta da un ampio panneggio bordato d’oro, tiene nella mano sinistra una croce, mentre l’altra è sollevata nell’atto di reggere un calice, distrutto o trafugato con gli eventi bellici. La Carità, vestita anch’essa di un panneggio dal bordo dorato, regge con una mano un bambino ignudo aggrappato al seno, mentre con l’altra sta nell’atto di proteggere un secondo fanciullo che sta abbracciandola ai fianchi, come in cerca di riparo. Ai piedi delle due statue, gli stemmi dell’ordine francescano a sinistra e della famiglia Bragaldi a destra. La terza parte dell’altare è l’armadio vero e proprio, completato da due ali che occupano tutta la parete, facendo da sfondo alle statue della Fede e della Carità. L’intera struttura è dipinta, come il resto dell’altare, in una tonalità neutra verdino-chiara ed è sformellata a pannelli in parte arricchiti da intagli dorati, in parte dipinti, entro riquadri o rigidi o mistilinei, oppure ovati come i quattro dominanti all’esterno gli sportelloni. Mentre infatti le ali rimangono fisse, i due sportelli aprendosi e nascondendo ali e statue, pongono in vista nel loro spessore una composizione di loculi contenente i reliquiari.

L’ultima parte, cioè la cimasa a tempietto con i quattro angeli, è tutto frutto di recente ricostruzione ad eccezione dei quattro angioletti. L’alzato a tempietto frontonato curvo è affiancato da due basi disposte di sbieco sulle quali siedono due angeli. Lo sormonta una semplice croce. Più a lato stanno altri due angeli in piedi. Nella fronte del tempietto, entro un ovale guarnito di intagli dorali, v’è una tela dipinta, copia recente di scuola locale riproducente quella scomparsa con la guerra, raffigurante la morte di San Giuseppe come espressione della terza virtù teologale: la Speranza.

Le vicende dell’altare

Nella ricostruita chiesa di San Francesco iniziata nel 1703 su disegno di Francesco Fontana, la cappella fu dedicata a San Giuseppe sotto il giuspatronato della famiglia Bragaldi. Il Padre Giovanni Damasceno Bragaldi, formò a partire dal 1708 la raccolta delle reliquie da inviare in patria, che giunsero in due spedizioni, la seconda delle quali conteneva quelle più preziose, e, ottenuto da Clemente XI il 12 luglio 1715 l’autorizza/ione alla costruzione del reliquiario, invitò i frati francescani di Castel Bolognese ad occuparsi della realizzazione dell’altare, che commissionarono al maestro Cesare Fabri di Lugo stipulando con lui il 10 ottobre 1715 un regolare contratto, al prezzo di 200.000 scudi. Il reliquiario fu inaugurato il 22 maggio 1717. lunedì di Pentecoste, “con una solenne processione a cui intervennero una moltitudine di forestieri da ogni parte della Romagna”, ma fu praticamente ultimato con l’indoratura solo nel 1725.

Sino all’ultimo conflitto mondiale l’altare, per quanto sconnesso, era in buone condizioni. Durante la sosta del fronte sul Senio esso subì con la chiesa danni gravi accentuati, secondo il Corbara, dall’intervento successivo con cui la ditta esecutrice dei lavori di ripristino dell’edificio demolì, per rifarlo, il coperto soprastante. Diversa sorte subirono le reliquie, tutte salvate grazie alla solerzia di Don Antonio Garavini e di alcuni cittadini, i quali provvidero per tempo a svuotare l’armadio del prezioso tesoro ed a metterlo m salvo entro le mura inviolabili del Monastero delle Domenicane.

Il restauro dell’armadio fu assunto nel 1962 dalla Soprintendenza alle Gallerie di Bologna che lo affidò alla ditta Villa Èrcole e Pietro di Castel Bolognese, la quale procedette ad una precisa e meticolosa opera di recupero delle parti rimaste, in attesa di ulteriori finanziamenti per il completamento dei lavori. L’attesa è durata trenta anni; grazie all’interessamento dell’Arciprete don Gian Luigi Dall’Osso, sotto la guida della Sovrintendenza delle Belle Arti di Ravenna, col contributo di Enti, Banche e fedeli, si sono potute così ricostruire le parti mancanti e completare i restauri del dopoguerra, ridonando alla cappella il suo antico splendore.

Le pareti laterali della cappella

A coronamento dell’altare, le pareti laterali della cappella ospitano due monumenti simmetrici che ben completano a mo’ di quinte lo scenografico insieme. Nella parete del lato dell’Epistola, entro un nicchione ovale, trovasi il busto di Giovanni Damasceno Bragaldi e, sotto di esso, una grande targa, recentemente restaurata, il tutto coronato da un trionfo di angeli e di drappeggi, a stucco, che, partendo dalla trabeazione della cappella, scende fino al livello del basamento dell’armadio. Si sconosce l’autore dell’opera, che fu costruita nel 1731 alla maniera di Angelo Piò bolognese. Il testo dell’epigrafe, che di seguito si riporta, ricorda l’opera e le virtù del Bragaldi.

D.O.M.
REV.MO PATRI MAGISTRO
IOANNI DAMASCENO BRAGALDI,
E CASTRO BONONIENSI ORDINIS MIN. CON.
QUI NON AD UNIUS PROVINCIAE NATUR DECOREM.
IN AEMILIA VITAM, IN LATIO GLORIAM OBTINUIT
HIC
OB PROBITATEM, ET DOCTRINAM
SUMMIS PONTIF ALEX. VIII ET INNOC. XII. IOSEPHO I IMPERATORI,
NEC NON CARDINALIBUS, PRINCIPIBUSQ. APPRIME CHARUS, UNIUS
HAERESIS ODIA SIBI COMPARAVIT:
OLIM. FAEL. MEM. CLEM. PP. XI ASSISTENS DOMESTICUS,
SACRUM CONGRETATIONUM
S. OFFITII, INDICIS, RITUUM, INDUEGENTIARUM CONSULTOR,
AC CONCISTORIALIS VOTANS, ETC.
DIGNITATES ISTAS TAM STRENUE GESSIT,
UT ALIIS IN DIES CUMUEARI MERERETUR
QUAMVIS ULTRO OBLATAS ETIAM INFULAS NON SEMEL RECUSAVERIT
ET TAMEN NIHIL INDISTRIS MODESTIA PROFU1SSET
FRETUS ENIM VIRTUTE
ET LAUDIBUS PLENUS, EMINENTEM ATTIGISSET HONOREM
NISI COELO PRAETIOSIOR EXTITISSET QUAM UT DIUTUS VIVERE
PATERETUR
VIRO IGITUR TAM EGREGIO
DE RELIGIONE, DE PATRIA ET DE COENOBIO HOC
QUAE INNUMERIS SELECTISSIMISQUE SS. RELIQUIIS
ORNAVIT
OPTIME MERITO
AMANTISSIMI HUJUSQUE CONVENTUS PATRES
ISTUD HONORIS ET GRATI ANIMI MONUMENTUM
POSUERE ANNO DOMINI MDCCXXXI.

Traduzione: A Dio Ottimo Massimo. Al Rev.mo Padre Maestro Giovanni Damasceno Bragaldi da Castel Bolognese, dell’Ordine dei Minori Conventuali che, nato non per l’onore di una sola regione, ottenne la vita in Emilia, la gloria nel Lazio. Questi, per la rettitudine della vita e per la dottrina, sommamente caro ai Sommi Pontefici Alessandro VIII ed Innocenzo XII e all’imperatore Giuseppe I come pure a Cardinali e a Principi, di un’unica eresia si attirò gli odii. Prelato delle Sacre Congregazioni del Santo Offizio, dell’Indice, dei Riti, delle Indulgenze e Consultore Votante della Concistoriale esercitò codesti incarichi tanto attivamente da meritarsi di giorno in giorno di ottenerne altri, sebbene non una sola volta avesse rifiutato anche la dignità episcopale pergiunta offertagli, tuttavia nonostante la sua opposizione, nulla avrebbe giovato la modestia nella sua attività; basandosi, infatti, sulla virtù e pieno di merito avrebbe raggiunto un’alta carica se non fosse apparso più prezioso al Cielo di quanto gli permettesse il vivere più a lungo. A un uomo dunque così eminente, tanto benemerito della religione, della Patria e di questo cenobio, il quale ornò (questa cappella) di innumerevoli e sceltissime reliquie, gli affezionatissimi Padri di questo convento posero codesta testimonianza di una stima e di grato animo l’anno del Signore 1731.

Nella parete del lato del Vangelo il simmetrico monumento è dedicato a Papa Clemente XI (1700-1721), del quale si può ammirare il busto, mentre l’epigrafe sottostante ricorda il breve dello stesso Pontefice che infligge la scomunica “latae sententiae” a chiunque porti fuori della cappella le reliquie conservate nell’armadio. Questo il testo:

D.O.M.
AD PERPETUAM REI MEMORIAM
CLEMENS. PP. XI.
PRO. CONSERVATIONE ET MANUTENTIONE SS. NUM. RELIQ. UM
PROHIBET. QUIBUSQUMQ. CUJIUSVIS GRADUS ET CONDITIONIS.
SUB. POENA. EXCOMUNICATIONIS.
LATAE. SENTENTIAE
EXTRAHERE SS. RELIQUIAS SEU RELIQUIARIA
AD HAC CAPPELLA SEU ARMARIO
ET ULTERIUS REGULARIBUS
INDICIT PRIVATIONEM VOCIS ACTIVAE ATQUE PASSIVAE
IPSO FACTO INCURRENDAM
ET HAEC OMNIA SUMMO PONTIFICI RESERVATA
UT FUSIUS IN BREVI EXISTENTE
IN ARCHIVIO HUJUS CONVENTUS
SUB DIE XII. JULII MDCCXV
PONTIFICATUS SUI ANNO XV

Traduzione: a Dio Ottimo Massimo. A perpetua memoria del fatto Papa Clemente XI, ai fini della conservazione e della manutenzione delle Sacre Reliquie, proibisce a chiunque di qualsiasi grado e condizione sotto pena di scomunica “latae sententiae”, di portar fuori le Santissime Reliquie o i reliquiari e inoltre notifica che i sacerdoti regolari incorreranno “ipso facto”, nella privazione della facoltà di parlare in pubblico, di votare e di essere votati e che tutto sia riservato al Sommo Pontefice, come più ampiamente è esposto nel Breve esistente nell’archivio di questo Convento del 12 luglio 1715, anno XV del suo Pontificato.

Completano il decoro della cappella una semplice balaustra di sasso ed una coppia di angeli scolpiti a tutto tondo in legno che reggono le lampade votive dell’altare.

Le reliquie

Le oltre 575 reliquie sono conservate dentro bustini, estensori, urne e medaglioni posti nelle nicchie ricavate all’interno dell’armadio e degli sportelloni. Ho contato, in totale 539 reliquiari (salvo errori), dei quali 213 ospitati nel fondo dell’armadio, 160 nello sportello sinistro e 166 in quello di destra. Né la statua di S. Verecondo, ne gli estensori posti sul piano dei candelieri fanno parte dell’altare originale, ma furono ivi collocali in tempi successivi. A loro difesa papa Clemente XI emanò e fece stampare il 12 luglio 1715 un breve, copia del quale si conserva nell’Archivio Parrocchiale, comminante la scomunica a chi ardisca di estrarre le reliquie dall’armadio. Durante l’anno il reliquiario rimane chiuso; per tradizione viene aperto solamente il lunedì di Pasqua, il lunedì di Pentecoste ed il giorno della Solennità di tutti i Santi, ove era pure tradizione celebrare le Messe a questo altare. Oggi si sono aggiunte aperture straordinarie in altri giorni dell’anno.

A questo punto è interessante vedere chi siano i Santi dei quali si conservano reliquie, scorrendo il catalogo stampato in occasione della certificazione di autenticità, copia del quale si trova nell’Archivio Parrocchiale: per pura curiosità rammento che ho contato circa 258 santi colà rappresentati e, quindi, ne mancano molti di quelli per i quali si fa memoria sul calendario. Per esempio non vi è alcuna reliquia di San Petronio patrono cittadino.
Nella parte centrale dell’armadio vi sono due grandi urne: quella di sinistra è il “Sancta Sanctorum” con resti della Croce, di Gesù Cristo, di Maria Vergine, degli Apostoli; quella di destra contiene le ossa di San Clemente. Così vengono descritte: “Un’urna o sii cofano di ebano, con cristalli e fogliami dorati entro il quale vi è un baldacchino di damasco cremisi con merli e frange d’oro, e strato uniforme sotto il quale vi è una cassettina di due palmi di lunghezza ed uno di altezza foderala dentro e fuori e suggellata nella quale vi sono le reliquie più insigni, che si trovano in Roma tanto di N.S.G.C, quanto della B.V, Apostoli e tra l’altri vi sono cinque pezzi di legno della SS Croce che però è intitolata Sancta Sanctorum. Un altro cofano pur di ebano con cristalli angeli statue e fogliami di ottone o bronzo dorato tutto foderato di seta cremisi con guarnizioni ed ornamenti di oro e cuscini di seta finiti in oro e di argento entro il quale si trova (con molta arte) disposto e collocato tutto il corpo di S. Clemente Martire con un’ampolla del suo sangue”.

Altri quattro simili cofanetti più piccoli si trovano negli sportelli; questi contengono “Varie reliquie, Agnus Dei di Innocenze XI e Pasta dei S. Martiri con altre divozioni ecc.”.
In quindici statuette dorate ed argentate si raccolgono le reliquie dei Pontefici S. Gregorio Magno, S. Leone Magno, S. Callista (i Busti dei primi sono nella parte di fondo rispettivamente a sinistra e a destra del grande ostensorio centrale, mentre quello del terzo trovasi nello sportello destro in basso a destra): dei Santi Lodovico da Tolosa (sportello sinistro in alto a sinistra), Nicola di Bari (sportello destro in basso a sinistra), Liborio, Giovanni Damasceno (parte centrale in alto a sinistra), Pietro Martire (Sportello sinistro al centro), Filippo Neri (sportello destro al centro), e delle Sante Pudenziana patrona di Castel Bolognese (parte centrale sopra il grande ostensorio), Agata (a destra di S. Pudenziana), Maria Maddalena (a sinistra di S. Pudenziana), Margherita da Cortona (Sportello sinistro in basso a sinistra), Teresa d’Avila (parte centrale in alto a destra). Lucia (parte centrale in basso sotto il grande ostensorio).

Il grande ostensorio centrale conserva le reliquie senza dubbio più preziose, cioè diciassette reliquie di Nostro Signore Gesù Cristo, di Maria Vergine e “degli altri della sua sacrosanta famiglia”. Di Gesù si conserva: una goccia di sangue (posta nella parte superiore dell’ostensorio a mo’ di sole dal quale partono i raggi), “de’ panni con li quali fu involto nel presepio”, “del presepio”, della mensa dell’ultima cena, del sudario, della spugna. Di Maria Vergine si conservano parte del velo (in altra zona dell’armadio) ed alcuni capelli, mentre di San Giuseppe frammenti del mantello, del cingolo e del bastone. Altri resti appartengono ai Santi Gioacchino, Anna, Zaccaria, Elisabetta, Giovanni Battista, Maria Cleofe e Maria Salome. In un ostensorio posto sopra, fra i busti di S. Giovanni Damasceno e S. Teresa si conservano tre pezzi della Croce. I due grandi ostensori posti in alto uno in ogni sportello dovrebbero contenere ognuno otto reliquie dei Santi Apostoli ed Evangelisti, fra cui un frammento di veste di San Giovanni Evangelista.

In altre quattro coppie di ostensori posti negli sportelli ed in una coppia conservata nella parte centrale si trovano: sedici reliquie di Santi Pontefici Romani Martiri e Confessori, fra le quali il manipolo di S. Martino e parte della Mitria e della stola di San Silvestro Papa; sedici reliquie di Santi Vescovi e Martiri fra i quali S. Gennaro, Santo Stefano, Sant’Ignazio di Antiochia (si conserva parte del cranio). San Simeone (si conserva parte del braccio); sedici reliquie di Santi Martiri fra i quali Faustino (parte della coscia), Agapito, Valeriane, Aurelio (parte del braccio); sedici reliquie dei Santi Padri e Dottori della Chiesa fra le quali il rocchetto e la berretta di San Carlo Borromeo, i precordi di San Francesco di Sales, ossa di San Tommaso d’Aquino e dei Santi Ambrogio, Agostino, Cirillo, Giuseppe d’Arimatea, Rocco; sedici reliquie di Santi Confessori fra i quali San Paolo Eremita, Sant’Antonio Abate (parte della coscia). San Bernardo di Chiaravalle (parte della mascella). San Francesco di Paola, San Benedetto da Norcia, San Brunone di Calabria, San Francesco Saverio e San Gaetano da Thiene (brandello di veste); sedici reliquie di Santi Confessori dell’Ordine dei Minori ed alcune Sante Vergini Martiri e Vedove. Spiccano fra queste il cilicio di San Francesco d’Assisi, parte della veste di San Giacomo della Marca, ossa di San Bernardino da Siena, di Santa Chiara da Montefalco, di Santa Apollonia, di San Bonaventura, di San Pasquale Baylon e delle Sante Elisabetta di Ungheria, Elena, Monica e Francesca Romana. In due calici di cristallo, che attualmente non si espongono perché troppo fragili, sono conservati i resti di San Claro prete e di Sant’Austero Martire.
L’elenco non dà ulteriori indicazioni sull’ubicazione delle reliquie e, fino ad oggi, non esiste un censimento delle stesse. Mi limiterò quindi ad elencarle per categorie come ha fatto l’autore del catalogo, sapendo che si trovano negli altri ostensori ed in tutti i medaglieri dell’armadio. Seguono, in ordine di preziosità, sedici reliquie dei Santi Apostoli ed Evangelisti e settantanove dei Santi Pontefici Romani Martiri e Confessori. Di questi, si conserva una reliquia per ognuno dei primi 55 papi (escluso S. Pietro), di altri pontefici dei secoli VI. VII, Vili e IX e, per ultimi, di Celestino V (1294) e di Pio V (1566-1572). Quattordici reliquie appartengono ai Santi Vescovi e Martiri fra i quali Sant’Apollinare, San Gennaro, San Cirillo e San Biagio, e ben sessantasette sono dei Santi Martiri. Dall’esame dell’elenco risultano oltre ad alcuni resti dei quattro santi maccabei e a due ossa appartenute ai Santi Innocenti, un osso arrostito ed un pezzo della graticola sulla quale fu martirizzato San Lorenzo, un brandello dello stendardo di San Giorgio, un dente di San Pelagio, nonché “tre pozzetti di sangue gelato dei SS Martiri sepolti nel cimitero sotto la chiesa di S. Pudenziana a Roma” e resti dei Santi Stefano, Sebastiano, Agricola, Cassiano e Cristoforo.

Un’altra serie di ventun reliquie sono quelle appartenenti ai Martiri dell’Ordine dei Frati Minori martirizzati in Marocco, in Giappone ed a Gorcon (Olanda) nel 1572.
Seguono, sempre nell’ordine proposto dal catalogo, sedici reliquie di Padri e Dottori della Chiesa appartenenti ai Santi Ambrogio, Agostino, Girolamo, Giovanni Crisostomo, Attanasio, Gregorio, Basilio, Gregorio Taumaturgo, Giustino, Ilario, Giovanni Damasceno, Beda, Bernardo di Chiaravalle, Anselmo, Bonaventura e Tommaso d’Aquino. Altre ventiquattro reliquie appartengono ai Santi Vescovi Confessori: fra questi si annoverano Nicola di Bari, Martino di Tours, Paolino da Nola, Francesco di Sales, Carlo Borromeo del quale si conserva una goccia di sangue, un brandello di camicia e del mantello di porpora. Sono invece ventisette le reliquie dei Santi Confessori fra cui San Rocco, Vincenzo Ferreri, Francesco Saverio (parte dei precordi), Nevolone da Faenza, Giovanni della Croce, Luigi Gonzaga ed il Beato Pietro d’Imola Gran Priore di Roma del quale si conserva un brandello di pelle con carne.

Il catalogo annovera, a questo punto, due importanti gruppi di reliquie: il primo è quello dei Santi Confessori e Vergini dell’Ordine dei Frati Minori, con ventisette reperti, cinque dei quali (due pozzetti di tela bagnati nel sangue delle stimmate, parte del cilicio, del cingolo e dell’abito) appartengono a San Francesco d’Assisi, tre (parte del cranio, della pianeta e dell’abito) a Sant’Antonio da Padova, due (un dente ed un brandello d’abito) a San Bernardino da Siena. Altri resti appartengono a Santa Chiara, a Santa Elisabetta di Ungheria ed a Santa Elisabetta del Portogallo. Il secondo gruppo riguarda trenta reliquie dei Santi Fondatori e Propagatori degli ordini Regolari, che raccoglie frammenti ossei di Sant’Antonio Abate, San Macario, San Romualdo, San Giovanni Gualberto, San Benedetto da Norcia, San Bernardo di Chiaravalle, San Brunone di Calabria, San Domenico di Guzman, San Francesco di Paola, San Giovanni di Dio. Meritano inoltre menzione, per la particolarità dei reperti, quelle di Sant’Ignazio di Lodola (“Giupone”), San Gaetano da Thiene (“Pluviale”), Santa Teresa d’Avila (“scrittura di suo pugno con le parole in idioma spagnolo AUT PATI AUT MORI e sua sottoscrizione”) e di San Filippo Neri (“Fazzoletto con cui si asciugava la notte in cui morì”).
Altre diciannove reliquie appartengono a Santi Imperatori, Imperatrici, Re e Regine fra cui Sant’Elena, Santo Stefano d’Ungheria, Sant’Edoardo d’Inghilterra, San Venceslao di Boemia e Santa Edvige di Polonia.

Appartengono tutte a sante donne le ultime ottantaquattro reliquie divise in quattro gruppi. Quarantaquattro di queste riguardano Sante Vergini Martiri, annoverando fra esse Santa Pudenziana (si conserva un dente), nonché le sante Agata, Lucia, Perpetua, Felicita, Agnese, Prassede, Dorotea, Marta, Innocenzia patrona di Rimini e Barbara. Altre quindici appartengono a Sante Vergini; meritano la menzione Santa Scolastica, Caterina da Siena, Maria Maddalena de’ Pazzi, Rosa da Lima. Gcnoveffa da Parigi. Di Santa Umiltà da Faenza si conserva parte di un abito ed alcuni capelli; di Santa Rosalia da Palermo è venerabile “un osso miracolosamente coperto con panno marmoreo”. Il terzo gruppo di reliquie ne conta quattordici appartenenti a Sante Vedove, delle quali le più conosciute sono Francesca Romana, Monica, Brigida. Il quarto ed ultimo gruppo è quello delle Sante Donne Penitenti e Vergini di ammirabile penitenza, undici reliquie fra le quali si riconoscono quelle di Santa Maria Maddalena e di Santa Maria Egiziaca.

Termina così il percorso di fede che offre il nostro reliquiario. Benché per tante reliquie, nonostante il certificato di autenticità, possa sorgere il dubbio riguardo la loro genuina provenienza, ed alcune di esse appartengano addirittura a santi per i quali la Chiesa stessa dubita sulla loro esistenza, un credente viene profondamente colpito per lo sforzo immane che i nostri predecessori, mossi dalla fede e dalla volontà di testimoniarla, abbiano qui raccolto le prove di oltre 1700 anni di militanza cristiana.

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