Una nuova sistemazione, finalmente pubblica, per un quadro già appartenuto ad una chiesa di Castel Bolognese
Si tratta della pala del Gennari, già nella chiesa di Santa Croce, oggi a Riolo Terme
di Paolo Grandi
Sul numero 3 del 26 gennaio 2023 del settimanale “Il nuovo Diario – Messaggero”, nella pagina di Castel Bolognese e Valle del Senio è apparsa la notizia che il quadro del titolare della chiesa di Mazzolano, trasportato dalla Curia imolese nel 2019 nei depositi del Museo Diocesano per salvarlo dal degrado in quanto quella chiesa è collabente ed inagibile, su desiderio di alcuni parrocchiani è stato consegnato ed esposto nella chiesa di Riolo Terme, sulla parete di sinistra sopra il confessionale, dallo scorso 16 gennaio.
Questa opera d’arte, realizzata da un importante pittore del XVII secolo ha avuto una storia singolare che parte da una chiesa, oggi soppressa, di Castel Bolognese e che merita di essere ricordata.
Il locale ove oggi sorge la gelateria La golosa in realtà nacque come chiesa della Confraternita del Santissimo Crocifisso e nel suo ridotto spazio era uno scrigno di opere d’arte. Infatti sull’altare maggiore si ammirava il “Calvario” di Alfonso Lombardi oggi conservato nell’ancona dell’altare maggiore di San Petronio, mentre nell’altare di sinistra c’era un quadro dipinto probabilmente nel 1646 dal Guercino (Gianfrancesco Barbieri) e raffigurante San Pietro Martire, mentre a destra, quasi contemporaneamente, viene posto sull’altare dedicato all’Angelo Custode un pala della scuola del Guercino, opera di Ercole Gennari (1) che raffigura la Vergine col Bambino Gesù in braccio; alla sinistra l’Angelo Custode ed alla destra Sant’Antonio Abate.
Chiesa e confraternita furono soppressi dal governo napoleonico; spogliata nel 1796 delle migliori argenterie e di arredi sacri assai preziosi, come li definisce padre Gaddoni, la chiesa fu chiusa al culto nel 1798 e mai più riaperta. I sui locali, si ricorda, hanno ospitato poi un Caffè, e nel secondo dopoguerra l’Ufficio Postale, un negozio di tessuti e confezioni (quello gestito da Maria Landi) poi la Maison de la mode di Fedora Michelacci, ed infine oggi la gelateria.
Le opere d’arte conservate in quella chiesa subirono diverse destinazioni: il gruppo del Calvario fu trasportato in San Petronio, il San Pietro Martire del Guercino, dopo un travagliato percorso che lo ha portato fino a Parigi è oggi esposto alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, mentre il quadro del Gennari fu acquistato dalla famiglia Tassinari che lo comprò assieme ai locali della chiesa soppressa. Le figlie dell’acquirente attorno al 1850 lo rivendettero al pievano di Mazzolano don Giovanni Dall’Osso il quale, per porlo sull’altare maggiore dedicato a San Martino, riferisce: “… gli ho fatto ricoprire a guazzo gli emblemi di Sant’Antonio e l’ho convertito in San Martino senza guastarlo” (2). Non sappiamo chi operò quello che oggi sarebbe considerato comunque un guasto ma che, all’epoca, era cosa assai comune. Forse il castellano Francesco Borghesi, detto Giapité, che in quella chiesa aveva già operato sopra un altro quadro, trasformando un personaggio in Sant’Antonio Abate, giudicato già dal Gaddoni “deturpato” e di cui parlerò in un altro scritto.
Il quadro del Gennari sente il peso del tempo e necessita di restauro; il prevosto di Riolo, il castellano don Gabriele Tondini, ha auspicato che “un Ente o un privato” vi possano provvedere. Sarebbe bello se la Banca locale, sempre sensibile a queste necessità, se ne facesse promotrice riportando il dipinto al suo primigenio splendore anche togliendo, se possibile, le superfetazioni ottocentesche.
(1) Ercole Gennari (Cento 1597 – Bologna 1658), figlio del pittore Benedetto e di Giulia Bovi, dopo i primi studi intraprese la professione di chirurgo e, conoscendo il Guercino, suo concittadino che era stato allievo di suo padre, ne frequentò spesso la casa, fino a sposare la sorella Lucia nel 1628 e ad apprendere, sotto la guida del cognato, il disegno e la pittura, come il fratello maggiore. Dopo la morte del fratello del Guercino, Paolo Antonio, principale collaboratore e amministratore dei suoi affari, il Gennari si trasferì con la famiglia a Bologna, in casa del Maestro il quale, senza una famiglia propria, aveva necessità che qualcuno curasse i rapporti con i clienti e amministrasse i propri beni, che egli lasciò in eredità ai giovani nipoti ai quali aveva anche insegnato a dipingere. Ercole Gennari fu sepolto nella cappella di famiglia della chiesa bolognese di San Nicola degli Albari. Il suo stile si colloca nella Scuola Bolognese.
(2) Così riporta il Gaddoni rilevandolo dalle cronache.
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