Vittime civili: lettere A-B

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Fotografia Nome e cognome Data di nascita Data di morte Causa della morte/notizie varie

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ALBERGHI LUIGI 28-09-1882 24-12-1944 FERITA DI SCHEGGIA

(si ringrazia Sante Alberghi per la fotografia)


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ALMERIGHI SECONDO 02-11-1901 10-04-1945

BOMBARDAMENTO AEREO

morto a Solarolo; residente a Castel Bolognese

Muratore; partigiano, Vice Comand. Batt. della Brigata “Celso Strocchi” Divisione “Garibaldi” Ravenna

Della sua morte parla il volume di Luigi Casadio “Cinquant’anni di lotte agrarie, sociali e politiche nei comuni di Bagnara, Cotignola e Solarolo (1900-1946)”:

“Pochi giorni prima della liberazione il comando partigiano del posto aveva deciso di concentrare nel centro cittadino gli organizzati e le armi, per essere pronti ad insorgere e liberare il paese prima dell’arrivo degli alleati, allo scopo di impedire rappresaglie e maggiori distruzioni. Il 9 aprile […] il territorio di Solarolo fu investito da un intenso cannoneggiamento e da bombardamenti aerei […]. Il mattino del 10, dalle 9 in poi […] il centro e le vicinanze furono investite da pesanti bombardamenti aerei, ad ondate che si susseguirono. Il paese fu interamente sconvolto, interi stabili furono quasi completamente rasi al suolo, rifugi ritenuti solidi cedettero di schianto per la violenza delle esplosioni delle bombe sganciate. […]
Anche il gruppo partigiano subì la sorte della popolazione. Il magazzeno del conte Gamba, presso il quale si era rifugiato, fu investito dalla prima ondata aerea. I feriti furono trasportati presso l’abitazione del falegname [Adamo] Almerighi: poco dopo, anche questa venne colpita da una successiva incursione. Assieme ad altri cittadini trovarono la morte i seguenti partigiani: Secondo Almerighi, Mario Amianti, Francesca Bassi, Giovanni Rambelli, Giovanni Tellarini, Vincenzina Venturi […]”

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AMADEI PAOLO 03-10-1902 25-01-1945

SCHEGGIA DI GRANATA

Residente in via Faenza (attuale via Emilia Levante) n. 6, alla vigilia di Natale 1944 si rifugiò con la famiglia nella cantina della casa di Felice Borghi, sita in Corso Garibaldi 77. Lo scoppio di una granata seminò la morte nel rifugio: morirono Bice Brianzi in Fenara assieme ai tre figli (Arturo, Paola e Ruggero), Itala Cavalieri e Rosa Bernardi.
Paolo Amadei, gravemente ferito, morì il giorno successivo in ospedale a Castello; assieme a lui rimasero feriti il figlio Antonio e la madre Antonia Baldi, che perse il braccio destro. Illesi la moglie e l’altro figlio Aldo.

(si ringrazia Giacoma Bernabè Amadei per la fotografia)

ASSIRELLI DOMENICA 6-10-1904 01-01-1945 MITRAGLIAMENTO AEREO

Residente alla Serra, madre di 7 figli, è attualmente sepolta al cimitero di Zello

assurri_giovanni ASSURRI GIOVANNI
(o ASSURI)
fu Ercole
13-05-1892 05-06-1945 SCOPPIO DI MINA

Morto a Faenza

bacchilega_cesira

BACCHILEGA CESIRA 22-12-1873 12-02-1945 FERITA DA SCHEGGIA

STRAGE DEL BORELLO

BACCHILEGA LUIGI 10-03-1867 29-03-1945

GRANATA

E’ sepolto nel cimitero del Piratello di Imola

bagnaresi_giovanni

BAGNARESI GIOVANNI
fu Giuseppe
14-06-1867 28-01-1944

INVESTIMENTO DA AUTOMEZZO MILITARE

Mentre camminava lungo la via Emilia fu urtato da un automezzo militare tedesco e di conseguenza finì in un fossato nei pressi dell’edificio che ancora oggi fa angolo con la via Casanola.
Successivamente soccorso, fu trasportato all’ospedale di Castel Bolognese dove gli fu riscontrato un trauma cranico e gli fu ordinato di non muoversi dal letto.
La mattina successiva venne trovato morto nel letto. La causa della morte fu “frattura della base cranica”.

(si ringrazia la nipote Maria Cristina Merenda per la testimonianza e la fotografia)

bagnaresi_giuseppe BAGNARESI GIUSEPPE 19-06-1890 23-03-1945 FERITA DA SCHEGGIA

Fu assunto per lo sgombero e la pulizia delle strade dall’Ufficio tecnico comunale su ordine del Comando Tedesco. Un compito rischiosissimo che lo portava ad essere continuamente esposto ai pericoli. Iniziato il servizio il 21 marzo 1945, al terzo giorno, il 23 marzo, fu colpito da scheggia di granata in via Costa mentre stava svolgendo le proprie mansioni. Assieme a lui lavorava Mario Ghetti, che dopo il decesso del Bagnaresi abbandonò il pericolosissimo incarico.
(cfr. Archivio storico comunale, anno 1945, categoria 11, classe 2, infortuni sul lavoro)

baioli_eufemia BAIOLI EUFEMIA 23-06-1926 16-04-1945 FERITA DA SCHEGGIA

BAIONI WANDA 20-02-1934 20-12-1944 FERITA DA SCHEGGIA

Residente in via Casolana 28

(si ringrazia Giuseppina Baioni per la fotografia)

baldini_silvia BALDINI SILVIA 10-06-1869 29-03-1945 FERITA DA SCHEGGIA

Soprannominata la “Marassa”, gestiva una merceria in Piazza Bernardi

bandini_gaspare1 BANDINI GASPARE 1870? 25-01-1945

SCHEGGIA DI GRANATA

garzone; nato e residente a Brisighella, morto a Castel Bolognese, via Canale 5
Il suo nome emerge per la prima volta da ricerche d’archivio; è sepolto nel cimitero di Casalecchio.
Della circostanza della sua morte parla la memoria funebre, fatta stampare dal nipote Pietro nel luglio 1945, una cui copia è conservata nell’archivio parrocchiale di Campiano:
“Il 24 Gennaio nelle prime ore pomeridiane, mentre imperversava un terribile bombardamento proveniente da oltre Senio, GASPARE BANDINI colpito in pieno da una granata di grosso calibro finiva tragicamente la sua vita mortale nei pressi della Villa Ginnasi ove si trovava ricoverato in casa del nipote Pietro.
Nato 74 anni fa a Presiola di Casola Valsento, passò la sua lunga esistenza in qualità di servo in varie famiglie coloniche del Faentino, che ne apprezzarono l’operosità instancabile ed intelligente.
Per il suo carattere buono e mansueto riscosse l’affetto di quanti l’accostarono, in modo speciale del nipote Pietro …”

bandini_renato BANDINI RENATO 11-12-1910 11-12-1944

SCOPPIO DI GRANATA

residente a Imola, morto a Castel Bolognese, via Pozze, nel podere Borgo dove era sfollato. La sua morte viene raccontata in una testimonianza dattiloscritta, non firmata, conservata nell’Archivio comunale di Castel Bolognese:

“Nel mentre si recava a prendere un secchio d’acqua nel vicino Rio Sanguinario, veniva gravemente ferito da schegge di granata in più parti del corpo.
Io presente, tentavo di soccorrerlo, ma un’altra granata scoppiava a poca distanza, colpendo me ed altri miei compagni.
Nella impossibilità di muovermi e mentre attendevo che qualcuno giungesse a soccorrermi, il Bandini cessava di vivere”.

Dopo l’arrivo dei soccorsi il corpo del Bandini fu trasportato all’ospedale di Castel Bolognese. Nessuno dei soccorritori o degli altri feriti fu in grado di fornire le generalità del deceduto, che fu sepolto nel cimitero provvisorio sito nell’orto dell’ospedale come “Innominato di Imola”. Il cappellano dell’ospedale annotò a matita la sua morte nel registro dei defunti con una frase in dialetto: “Quel de Borg”.
A Liberazione avvenuta l'”Innominato di Imola” fu identificato come Renato Bandini, che, però, fino all’aprile del 1947, rimase sepolto, senza bara e a un metro di profondità, nel cimitero provvisorio dell’Ospedale.
I suoi resti furono quindi traslati al Piratello.

barbieri_lina

BARBIERI APOLLONIA
(detta LINA)
17-01-1911 12-02-1945 FERITA DA SCHEGGIA

STRAGE DEL BORELLO
bartoli_primo BARTOLI PRIMO 08-03-1889 13-03-1945 FERITA DA SCHEGGIA

sagoma

BATTAGLIA COSTANTINO 15-09-1936 23-03-1945 FERITA DA SCHEGGIA

sagoma

BATTAGLIA MARIO 10-03-1941 22-03-1945 FERITA DA SCHEGGIA

bedeschi_vincenzo

BEDESCHI VINCENZO
detto “Lampo”
27-12-1906 20-02-1945

FERITA DA COLPI DI CALCIO DI FUCILE

“Verso le 17,30 del 20 febbraio 1945, di ritorno da Imola in compagnia di un tedesco, si fermò per qualche minuto a dialogare con Alberto della “Righetta” davanti al palazzo di Cavallazzi. Il tedesco e Vincenzo furono poi visti entrare nel cortile della cantina Biffi da cui, pochi minuti dopo, il tedesco scappò via da solo correndo.
Sospettando che fosse accaduto qualcosa, Alberto e Carlino, un bersagliere siciliano alloggiato dalla famiglia “Righetta” dopo l’8 settembre, andarono a vedere.
Trovarono Vincenzo seduto a terra appoggiato al muro vicino al portone della cantina con il capo reclinato sulla spalla, la testa tutta insanguinata, il cranio spaccato: gli spruzzi del sangue avevano imbrattato il muro fino ad una certa altezza”

(testo tratto da: Pirazzini Carlo, Una piccola comunità nel turbine del fronte)

bellosi_lorenzo

BELLOSI LORENZO 08-11-1864 17-02-1945

SCOPPIO DI GRANATA

Ricerche d’archivio più approfondite hanno permesso di chiarire le circostanze della sua morte, che erano controverse: infatti nell’archivio del cimitero risultava morto per cause belliche in via Cenisa 3, parrocchia di Casalecchio, mentre altre fonti ne attestavano la morte per cause naturali. Con un atto di notorietà, conservato nell’Archivio comunale di Castel Bolognese e datato 18 giugno 1945, tre testimoni dichiararono:
“Bellosi Lorenzo, fu Antonio, nato a Castel Bolognese nell’anno 1864 ed ivi residente, mentre, causa la sosta invernale del fronte, si trovava rifugiato nella propria stalla, sita in via Cenisa n. 3, una granata colpiva il muro della stalla. In seguito a questo il Bellosi, senza essere colpito da schegge, cadeva a terra e non poteva più rialzarsi perchè moriva subito”.

beltrani_lieto BELTRANI LIETO
fu Mario
23-02-1927 11-10-1945

SCOPPIO DI MINA

Residente a Castel Bolognese; capo rastrellatore di mine, rimase ferito a Fossolo di Faenza e morì all’Ospedale civile di Faenza)

(le informazioni provengono dal luttino stampato in occasione dei funerali)

benati_benso

BENATI BENSO 25-11-1889 23-09-1943

FERITE DA GRANATA

Della sua morte riferisce Il Nuovo Piccolo (periodico della Diocesi di Faenza) del 26 settembre 1943:
“Il ferroviere Benati Benso, mentre nelle ore di riposo mieteva fieno nella stazione di Castelbolognese, urtava una bomba producendone lo scoppio. Il nostro Pronto Soccorso lo ha trasportato all’ospedale in gravi condizioni.
Tre giorni dopo il disgraziato che ha 54 anni e lascia moglie e due figli decedeva fra atroci sofferenze.”

L’incidente, avvenuto il 20 settembre 1943, era stato preceduto di appena due giorni da un fatto simile avvenuto nella vicina Faenza, dove trovò la morte il mutilato di guerra Antonio Reggi, intervenuto per rendere inoffensiva una bomba a mano ritrovata da un ragazzo. L’articolo del Nuovo Piccolo si concludeva, amaramente: “Contro l’incoscienza di chi dissemina così terribili ordigni di morte, vigili la prudenza dei genitori e dei cittadini ad evitare che ancor più si accrescano motivi di dolore e di lutto”.

Questo episodio, del tutto dimenticato, precede di oltre un anno le immani tragedie che colpiranno Castel Bolognese nell’inverno 1944-45. Benso Benati, nativo di Conselice e residente nel nostro paese, fu così la prima vittima civile di guerra di Castel Bolognese

sagoma

BENTIVOGLIO DOMENICA 24-05-1877 05-03-1945 SCHEGGIA DI GRANATA

sagoma

BERNARDI ROSA
vedova Babini
27-12-1874 24-01-1945 SCHEGGIA DI GRANATA

sagoma

BERTACCINI CLELIA
detta Mariuccia
04-05-1866 21-03-1945 FERITA DA SCHEGGIA
sagoma BETTI LUIGI
fu Francesco
09-09-1879 10-07-1945

SCOPPIO DI MINA

residente a Castel Bolognese (Biancanigo), morto a Faenza.

Abitava nella Ghinotta, casa natale del Duca Camerini. Morì a causa dello scoppio di una mina mentre falciava il fieno nell’attuale proprietà Reggiani sita in via Boccaccio.
Nonostante le precauzioni prese (segnalava le mine antiuomo presenti in zona con alcuni bastoncini), urtò molto probabilmente una potente mina anticarro, più nascosta di quelle antiuomo che erano in qualche modo visibili. La violenta esplosione lo fece sbalzare a 20-30 metri di distanza, scaraventandolo dentro ad una buca creata da uno scoppio di granata. Nicio Marabini e il fratello Battista, che avevano parlato con lui pochi minuti prima, accorsero prontamente, e, con non pochi rischi, dopo essersi muniti di una scala a pioli, si prepararono un percorso per raggiungere e soccorrere il Betti, il quale però non riuscì a sopravvivere alle gravi ferite riportate.

(da una testimonianza orale di Giuseppe “Nicio” Marabini)

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BIANCINI GIOVANNA 23-02-1939 16-11-1945

INVESTIMENTO DA AUTOMEZZO MILITARE

Il pomeriggio del 16 novembre 1945, alla fine delle lezioni, le cuginette Marisa e Giovanna Biancini, che frequentavano la prima elementare, uscirono da scuola (allora sita provvisoriamente nell’attuale casa Bagnaresi in viale Roma) e, forse perchè si erano nascoste, non furono viste da Ennio, fratello di Marisa, che era andato a prenderle e che le attendeva all’uscita. Avviatesi da sole verso casa, furono travolte e uccise da un veicolo militare polacco mentre attraversavano la via Emilia.
Una lapide, tuttora presente lungo la via Emilia, ricorda il tragico fatto che suscitò profonda commozione nella popolazione di Castel Bolognese.

(si ringraziano Ennio Biancini per la testimonianza e Fortunata Santandrea per la fotografia di Marisa Biancini)

biancini_marisa

BIANCINI MARISA 08-01-1939 16-11-1945

BIANCONCINI FRANCO 20-12-1926 19-04-1945 MINA

Rastrellatore di mine (civile militarizzato della B.C.M), era residente a Faenza in viale Marconi 11

(si ringrazia Ettore Sieni per la fotografia)

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BOLDRINI LUIGIA 12-02-1908 30-12-1945

ASFISSIA DA SCHIACCIAMENTO

Moglie di Dionisio Mazzara, poi impiccato a Felisio, il 2 settembre 1944 era stata pure essa prelevata dai fascisti. Fu liberata su richiesta di una donna (molto probabilmente la stessa che aveva segnalato il Mazzara ai fascisti), che poi fu processata a guerra finita e condannata per correità nella cattura e minacce contro i partigiani. La Boldrini fu testimone principale al processo.
Morì a fine 1945 travolta dal crollo della tabaccheria che si trovava in Piazza Bernardi.

bombardini_graziano

BOMBARDINI GRAZIANO 26-07-1928 16-12-1944

BOMBA AEREO

Morì presso il podere “Monti” del Borello assieme alla sorella Oriana e al giovane Pierino Tabanelli

(foto tratta da “Al di qua del fiume”, regia di Francesco Minarini)

bombardini_oriana

BOMBARDINI ORIANA 22-09-1926 16-12-1944

BOMBA AEREO

Morì presso il podere “Monti” del Borello assieme al fratello Graziano e al giovane Pierino Tabanelli

(foto tratta da “Al di qua del fiume”, regia di Francesco Minarini)

borghesi_giovanni

BORGHESI GIOVANNI
detto Sablì
18-05-1867 12-03-1945

Il 27 gennaio 1945 fu ferito al malleolo sinistro da schegge di granata. Ricoverato nel nostro ospedale, vi morì il 12 marzo 1945. La causa principale della morte, come attesta la sua cartella clinica conservata nell’Archivio dell’ECA (Ente Comunale Assistenza), fu “arteriosclerosi”, mentre le ferite erano in via di guarigione.
Di certo i mesi passati in cantina ed il ferimento contribuirono ad aggravare il suo grave stato di salute ed è sicuramente per questo motivo che il cappellano dell’Ospedale scrisse nel registro dei morti dell’Ospedale che il Borghesi era morto per ferite.
Pare giusto ricordare in questo elenco la fine tribolata del facchino Giovanni Borghesi, uno dei tanti anziani morti in quel periodo a causa delle estreme condizioni di vita a cui fu sottoposta la popolazione castellana.

(foto tratta dal volume Castelbolognese nelle immagini del passato)

BORZATTA LUIGIA 21-04-1933 27-12-1944

SCOPPIO DI GRANATA

E’ sepolta nel cimitero di Riolo Terme, città dove era residente.
Morì in via Casolana 9.
Le tragiche circostanze della sua morte furono raccontate ad Angelo Donati da don Gaspare Bianconcini, parroco della Serra, testimone oculare dei fatti.
La testimonianza, che non cita il nome della bimba uccisa, compare nel volume “Sul Senio il fronte si è fermato”:

“27 dicembre
Tre malfattori in divisa scacciarono dalla loro casa (il fondo Panigale, ndr) un’intera famiglia. Vi era anche un malato febbricitante, da qualche giorno, a letto. Durante il tragitto, una granata cadde vicino al gruppo. Una bimba venne ferita da una scheggia, morì poco dopo. I genitori si gettarono piangendo sulla piccola morta, ma i soldati li strapparono di lì e li obbligarono con le baionette a continuare il viaggio.
Il misero corpicino rimase abbandonato come fosse quello d’un cane randagio”.

BORZATTA MARIA 03-05-1876 06-05-1945

INVESTIMENTO DA AUTOMEZZO MILITARE

Maria Borzatta fu investita da un camion militare il 28 aprile 1945. Morì all’Ospedale il 6 maggio successivo per la frattura della base cranica riportata nell’incidente, durante il quale aveva subito anche una ferita lacero contusa alla fronte sopra la radice del naso.
Il medesimo giorno 28 aprile fu investito da un camion militare anche Isidoro Suzzi, che riportò “solamente” una ferita al polpaccio destro. E’ possibile che fosse rimasto coinvolto nel medesimo incidente che costò la vita a Maria Borzatta.
(cfr. cartelle cliniche di Maria Borzatta ed Isidoro Suzzi, Archivio della Casa residenza Camerini, Spedalità 1945-46)

brianzi_bice BRIANZI BICE
in Fenara
1901 24-01-1945

SCOPPIO DI GRANATA

Morì nella cantina della casa di Felice Borghi assieme ai figli Arturo, Ruggero e Paola Fenara, la congiunta Itala Cavalieri e i castellani Rosa Bernardi e Paolo Amadei.
Per maggiori particolari si rimanda alla scheda sui fratelli Fenara.

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BRUNI VIRGINIA 01-09-1941 06-05-1945

FERITA DA ARMA DA FUOCO

(si ringrazia Carlo Bruni per la fotografia e per la testimonianza, che si può leggere cliccando sul nome)

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BRUNI VITTORIO 01-09-1941 17-03-1945

FERITA DA ARMA DA FUOCO

(si ringrazia Carlo Bruni per la fotografia e per la testimonianza, che si può leggere cliccando sul nome)

sagoma BUFARDECI GIUSEPPE 01-01-1919 02-09-1944 RAPPRESAGLIA DI FELISIO

Della sua vicenda ci parla in modo approfondito un articolo di L.d.B. (alias Paolino Severi), tratto da “Il piccolo” del 15 ottobre 1983

UNO DEI NOVE: GIUSEPPE BUFARDECI

“La storia recente è ricca di episodi che ripugnano alla coscienza e che tutti vorremmo dimenticare: scordare sarebbe bello, se non fosse sempre attuale il pericolo di perdere le libertà conquistate”.
Così, anni addietro, scriveva un noto pubb1icista. Anche oggi non si può non concordare.
Solarolo è legato ad uno di questi episodi, che sanno di cattiveria e di amore, di orrore e di eroismo: l’eccidio di Felisio. Anche se molto è stato scritto, non tutta la verità “vera” su quella dolorosa pagina è venuta a galla e non del tutto chiari appaiono i motivi di un certo silenzio.
[…]
Da parte nostra, grazie alla testimonianza della signora Maria Rambelli di Faenza, che ci è stata larga di notizie sconosciute, ricordiamo una di queste vittime, dalla biografia poco nota: Giuseppe Bufardeci
“Il vero nome era Giuseppe, anche se la fidanzata Mary Piccolo lo chiamava Gino”. Si comprende, quindi, la disparità di nome che appare in relazioni o cronache ed anche sul cippo eretto dal CLN in via Felisio (Gino) e sul monumento innalzato nel trentennio dell’eccidio (Giuseppe). Il cognome, poi, è strapazzato: Buffarderci, Buffardenchi, Busaderci… “Era militare dell’Esercito Italiano, in servizio presso un reparto fra l’Italia Centrale e Settentrionale. Era fidanzato con la figlia del Dr. Piccolo [Gaetano, ndr] (già medico chirurgo all’ospedale della sua città, Palermo, e negli ultimi tempi (siamo nel ‘44) direttore d’un treno ospedale; fra i 50-60 anni d’età; ospitato con la famiglia (moglie e figli) presso la famiglia A.M. di Castelbolognese, via Cairoli). Il Dr. Piccolo era al corrente dell’attività partigiana e dei partiti clandestini, anche lui era un perseguitato politico. Giuseppe Bufardeci, invece, era figlio d‘un ufficiale dei Carabinieri; era palermitano; mi pare – è sempre la signora Rambelli a parlare – fosse di Agrigento, anche se originario di Palermo. In quei giorni era presso la fidanzata”. Si è fantasticato molto sul modo in cui venne preso: dal supposto “pedalare lungo un viottolo fra due file di pioppi e, forse perché soprappensiero confonde il rombo degli aerei con quello delle motociclette”, alla “occasionale visita alla fidanzata”.
La signora Rambelli conferma che ad effettuare il rastrellamento furono i fascisti, non i tedeschi. Forse sapevano della famiglia Piccolo. I tre maschi presenti in casa (il medico, suo figlio e il Nostro) “cercarono di fuggire in campi di frumentone, che dava sulla campagna”. La moglie e la figlia restarono in casa. I militari cominciarono a maltrattare le donne per sapere dove si nascondessero gli uomini; loro urlavano dalla paura, dallo sgomento… Il Bufardeci, allora, tornò indietro; si presentò ai militi: fu preso e portato via. Un incontrollato impulso d’amore dovuto, in gran parte, alla giovanile età lo perdette.
La signora Rambelli dice che, poi, la famiglia Piccolo venne ospitata nella casa di campagna di suo padre [a Tebano, ndr], con tante peripezie, fino all’arrivo delle truppe liberatrici. Poi il silenzio fino a quando l’Angelina Cornazzani le diede l’incarico della ricerca della salma e della esumazione. “Per far fronte alle spese aveva ricevuto del denaro. Siccome per diversi motivi l’Angelina non poteva muoversi da casa, mi diede l’incarico di andare a vedere a Felisio. Ci andai ed il Parroco mi mostrò le tombe delle vittime e trovò gli operai per l’esumazione. La salma del Bufardeci venne individuata grazie ai calzoni neri con delle righe grigie quasi invisibili: l’abito civile fornito dalla fidanzata Mary, la quale assicurava che “Gino alle dita portava l’anello di fidanzamento”; ma l’anello non si trovò… Occorrevano dei permessi e le autorità facevano delle storie: Perché lo volevo esumare, perché lo volevo portare a Solarolo e non a Castelbolognese? Io cercavo Un posto provvisorio dove metterlo, in attesa che la famiglia venisse a prenderlo… A S. Mauro c’era parroco un cugino di mia madre: don Castellari. Mi rivolsi a lui, che mise a disposizione la sua tomba in quel cimitero parrocchiale e così le tante difficoltà vennero superate. Dopo qualche mese, il fratello di Giuseppe venne a prendere la salma. Mi disse don Castellari che non aveva fatto altro che piangere!”.
Poi la signora Rambelli non seppe altro. […] Anche della famiglia Piccolo, purtroppo, s’è perduta ogni traccia.

bulzamini_domenica

BULZAMINI DOMENICA 01-02-1891 26-06-1948

SCOPPIO DI ORDIGNO ESPLOSIVO

Della sua morte riferisce il Giornale dell’Emilia del 28/6/1948

Un ordigno uccide la mamma e ferisce gravemente il figlio
Castel Bolognese, 27 giugno

Ieri sull’imbrunire, la colona Domenica Bulzamini fu Domenico di anni 57, abitante a Borello, in via Biasotta de Cane, assieme al figlio […] Alfredo Tranquilli di anni 12, si recava in un appezzamento di terreno attiguo alla casa colonica. Fu trovata poco dopo in fine di vita per ferite mortali in seguito allo scoppio di un ordigno esplosivo. La povera donna veniva portata in casa ove dopo atroci sofferenze, cessava di vivere.
Il piccolo Alfredo, veniva trasportato d’urgenza all’Ospedale di Imola ove veniva ricoverato con prognosi riservata”

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